Il testo integrale
Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 2 maggio 2013 n. 19051[1]
La Suprema corte ha annullato l’ordinanza di sequestro in quanto ritenuta sproporzionata rispetto alla truffa contestata sulla base del fatto che nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è necessaria da parte del giudice una valutazione relativa all’equivalenza tra il valore dei beni e l’entità del profitto, così come avviene in sede esecutiva della confisca, non essendovi ragioni per cui durante la fase cautelare possa giustificarsi un sequestro avente ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto o il prezzo del reato.
Caratteristica comune della confisca per equivalente, nelle varie ipotesi previste, è che ‘può’ essere adottata solo se, per una qualsivoglia ragione, i proventi dell’attività illecita, di cui pure sia certa l’esistenza, non siano rinvenuti nella sfera giuridico-patrimoniale dell’autore del reato, perché consumati, confusi o trasformati, in tali casi intervenendo l’ablazione su beni svincolati dal collegamento fisico con il reato stesso. E’ solo in questo senso che può essere intesa la facoltatività della confisca per equivalente, cioè con riferimento alla presenza dei presupposti che legittimano una diversa modalità di apprensione del prezzo e del profitto del reato oggetto di ablazione, prescindendo dal nesso di pertinenzialità con il reato stesso: ma una volta accertata la sussistenza dei presupposti – tra cui, come si è detto, anche l’equivalenza di valore tra beni confiscati e prezzo o profitto del reato – pure questa forma di confisca ha natura obbligatoria.
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