Il testo integrale[1]

Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 2 gennaio 2012, n. 9

Così deciso dalla Corte di cassazione la quale  conferma parzialmente le pronunce dei giudici di merito di condannare il ricorrente al risarcimento dei danni patrimoniali, disattendendo la scelta Corte d’appello di condannarlo a pagare anche i danni morali.

Gli ermellini pur affermando che la rottura della promessa di matrimonio, in assenza di un giustificato motivo, è un illecito non privo di conseguenze giuridiche, esclude che il “recesso dall’altare” possa essere soggetto ai principi generali sulla responsabilità contrattuale o extracontrattuale.

 Il venire meno alla parola data ed all’affidamento creato nel promissario quindi la violazione delle regole di correttezza e di auto responsabilità non si possono considerare lecite o giuridicamente irrilevanti.  Il recesso senza giustificato motivo non è assoggettato ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extracontrattuale, né alla piena responsabilità risarcitoria che da tali principi consegue, poiché un tale regime potrebbe tradursi in una forma di  indiretta pressione sul promittente nel senso dell’accettazione di un legame non voluto, ma – continua la Corte, neppure si vuole che il danno subito dal promissario incolpevole rimanga del tutto irrisarcito.

Il componimento fra le due opposte esigenze  comporta la previsione di un’obbligazione ex lege che determina il rimborso dei  soli danni materiali come le spesse affrontate e le obbligazioni contratte in vista del matrimonio.

Non sono, infine, risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da queste e men che mai da eventuali danni non patrimoniali.

Sorrento,  2 gennaio 2012.

Avv. Renato D’Isa


[1]Scaricabile e consultabile sul sito del Sole 24ore –  Guida al Diritto

 

 

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