Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 19 febbraio 2014, n. 3904
Ritenuto in fatto
Il Ministero dell’interno proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di pace di Pachino con la quale era stata accolta l’opposizione proposta da C.A. avverso l’ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto di Siracusa in data 14 agosto 2008, avente ad oggetto l’ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria per violazione dell’art. 180, commi 1 e 7, del codice della strada.
Il Giudice di pace aveva accolto l’opposizione per la omessa specifica indicazione dell’autorità giudiziaria competente per l’opposizione.
L’adito Tribunale di Catania, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per tardività, rigettava il gravame, ritenendo sussistente il vizio dedotto come motivo di opposizione, consistente nella giuridica inesistenza del provvedimento opposto per la omessa sottoscrizione del Prefetto; motivo non esaminato dal Giudice di pace perché ritenuto assorbito dall’accoglimento dell’altro motivo di opposizione.
Il Tribunale riteneva che l’art. 204, comma 1, del codice della strada, nel prevedere che il Prefetto adotta ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento della sanzione, individua una competenza non derogabile mediante il riferimento alle disposizioni relative all’ordinamento delle prefetture, come reso evidente da recenti interventi normativi che, modificando disposizioni del codice della strada, hanno ribadito la competenza del prefetto e la sua legittimazione esclusiva nei giudizi di opposizione a ordinanza ingiunzione.
Il Ministero dell’interno giustizia ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza affidato ad un unico motivo.
L’intimato non ha svolto difese.
Motivi della decisione
1. Il Collegio rileva preliminarmente che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza, alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della Procura generale presso questa Corte.
Invero, l’art. 70, comma secondo, cod. proc. civ., quale risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 75 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che il pubblico ministero “deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge”. A sua volta l’art. 76 del r.d. 10 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dall’art. 81 del citato decreto-legge n 69, al primo comma dispone che “Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all’articolo 376, primo comma, primo periodo, del codice di procedura civile”. L’art. 376, primo comma, cod. proc. civ. stabilisce che “Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall’articolo 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio”.
Infine, l’art. 75 del già citato decreto-legge n. 69 del 2013, quale risultante dalla legge di conversione n. 98 del 2013, dopo aver disposto, al primo comma, la sostituzione dell’art. 70, secondo comma, del codice di rito, e la modificazione degli artt. 380-bis, secondo comma, e 390, primo comma, del medesimo codice, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si tengono dinnanzi alla sezione di cui all’art. 376, primo comma, al secondo comma ha stabilito che “Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, e cioè a far data dal 22 agosto 2013.
Orbene, il Collegio rileva che l’esplicito riferimento contenuto sia nell’art. 76, comma primo, lett. b), del r.d. n. 12 del 1941 (come modificato dall’art. 81 del decreto-legge n. 69 del 2013), sia nell’art. 75, comma 2, citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all’art. 376, primo comma, cod. proc. civ.), consenta di ritenere non solo che la detta sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell’ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ., e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.
Nel caso di specie, il decreto di fissazione dell’udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre 2013, sicché deve concludersi che l’udienza pubblica ben può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai sensi dell’art. 70, terzo comma, cod. proc. civ.
2. Nel merito, con l’unico motivo di ricorso, il Ministero ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 204, comma 1, del codice della strada e dell’art. 1 del d.lgs. n. 139 del 2000, rilevando come, ai sensi di questa ultima disposizione, l’adozione delle ordinanze-ingiunzioni non è tassativamente riservata al prefetto, sussistendo la legittimazione del dirigente della corrispondente area funzionale.
Il ricorso è fondato.
Invero, l’art. 1 del d.lgs. n. 139 del 2000 dispone che: “1. La carriera prefettizia è unitaria in ragione della natura delle specifiche funzioni dirigenziali attribuite ai funzionari che ne fanno parte. Al fine di garantire un adeguato svolgimento dei compiti di rappresentanza generale del Governo sul territorio, di amministrazione generale e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica affidati alla carriera, il suo ordinamento è regolato dal presente decreto e, in quanto compatibili, dalle disposizioni contenute nel decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni. 2. Il personale della carriera prefettizia esercita, secondo i livelli di responsabilità e gli ambiti di competenza correlati alla qualifica ricoperta, i compiti e le funzioni di cui alla allegata tabella A che costituisce parte integrante del presente decreto. Detta tabella può essere modificata, in relazione a sopravvenute esigenze connesse all’attuazione dei decreti legislativi 30 luglio 1999, n. 300 e n. 303, con regolamento da adottare ai sensi dell’art. 11, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e dell’art. 17, comma 4-bls, della legge 23 agosto 1988, n. 400”.
Per quanto rileva nel caso di specie, la tabella allegato A, di cui al comma 2 dell’art. 1, nell’individuare le funzioni e i compiti esercitati dal personale della carriera prefettizia, include tra questi: “(…) e) esercizio dei compiti connessi alla responsabilità del prefetto a garanzia della legalità amministrativa ovvero finalizzati alla mediazione dei conflitti sociali e alla salvaguardia dei servizi essenziali; esercizio delle attribuzioni in materia di sanzioni amministrative”.
Legittimamente, dunque, l’ordinanza-ingiunzione oggetto di opposizione in questo giudizio è stata firmata dal dirigente delegato, anziché dal Prefetto, dovendosi altresì escludere che le modificazioni apportate dalla legge n. 120 del 2010, ribadendo la previsione che l’ordinanza è adottata dal Prefetto e che questi ha la legittimazione passiva nei giudizi di opposizione, possa avere innovato nell’ambito dell’ordinamento della carriera prefettizia e reso non operanti le disposizioni che individuano i compiti del personale della carriera prefettizia.
Il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Catania, in diversa composizione, il quale si atterrà al seguente principio di diritto: “È legittima l’ordinanza – ingiunzione con la quale si ingiunge il pagamento di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni di norme del codice della strada emessa dal vice prefetto aggiunto, in quanto la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, vice prefetto vicario e vice prefetto aggiunto), ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato”.
Al giudice di rinvio è demandato altresì il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; casa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Catania, in persona di altro magistrato.
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