Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 18 luglio 2013, n. 30826
Fatto e diritto
P.S. ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Torino, indicata in epigrafe, che, in parziale riforma della sentenza in data 22/9/2010, con la quale il Tribunale di Aosta, riuniti i due procedimenti penali a suo carico, relativi ai reati di maltrattamenti e lesioni personali aggravate in danno della moglie K.J. , commessi nel periodo dal (OMISSIS) all'(OMISSIS) , lo riteneva colpevole dei reati ascritti, avvinti dalla continuazione e lo condannava alla pena di giustizia.
In motivazione la corte di merito condivideva la ricostruzione della vicenda operata in prime cure e faceva propri i rilievi e le argomentazioni del giudice di primo grado a sostegno della conferma del giudizio di colpevolezza, valorizzando le dichiarazioni accusatorie della parte offesa e le conferme rivenienti dalle deposizioni dei testi informati sui fatti, ed in particolare della teste oculare A..D. , dalle ammissioni dell’imputato e dai certificati sanitari acquisiti agli atti, rigettando la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ritenuta completa ed esaustiva.
A sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione il ricorrente articola vari motivi.
Con il primo motivo denuncia la nullità per violazione dell’art. 486 cpp. e vizio di motivazione in riferimento al rigetto della richiesta di differimento dell’udienza del 13/12/2011 davanti alla corte di appello per legittimo impedimento dell’imputato, affetto da lombalgia acuta.
Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione in riferimento alla violazione del principio di sussidiarietà o consunzione stabilito dall’art. 15 cp., sostenendo che i fatti addebitati come maltrattamenti e lesioni personali dovevano essere assorbiti nell’unica fattispecie criminosa ex art. 572 cp.. Con il terzo motivo eccepisce la violazione dell’art. 603 cpp., e il vizio di motivazione in riferimento al diniego della mancata rinnovazione del dibattimento al fine di acquisire documenti e assumere il teste L.S. e la minore P.M. , prove tutte ritenute decisive e conducenti ad una diversa conclusione del giudizio.
Con il quarto motivo lamenta la violazione dell’art. 192 in riferimento al mancato esame delle circostanze prospettate dalla difesa in ordine alla tempestività della denuncia della parte offesa, alla infamante e infondata accusa di pedofilo, rivolta dalla donna all’imputato, alla mancata conferma delle accuse da parte della figlia M. , alla inattendibilità della teste D. , alla valutazione dei certificati medici allegati agli atti, alla pesante conflittualità coniugale esistente tra imputato e parte offesa alla valutazione dell’elemento psicologico del reato.
Infine con il quinto motivo denuncia difetto di motivazione in riferimento alle statuizioni civili, che andavano dimezzate, essendosi la parte offesa, costituitasi parte civile solo in uno dei due procedimenti riuniti, quello, nel quale era contestata la condotta criminosa riferita al periodo (OMISSIS) .
Destituita di fondamento è la censura di cui al primo motivo.
In tema di ordinanza dichiarativa di contumacia l’art. 420 ter cpp., non ha eliminato la discrezionalità del giudice nello apprezzamento della prova dell’impedimento a comparire da parte dell’imputato (Cass. Sez. UN. 27/9 – 11/10/2005 n. 36635 Rv. 231810), e nel caso in esame la motivazione sulla inidoneità della “lombalgia” s costituire legittimo impedimento a comparire, si ravvisa adeguata, logica e corretta, come tale non censurabile in questa sede.
Il secondo motivo pone in discussione senza apprezzabili motivi in diritto il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità a mente del quale, il delitto di lesioni personali volontarie non può ritenersi assorbito in quello di maltrattamenti in famiglia, trattandosi di illeciti, che concorrono tra loro per la diversa obiettività giuridica (ex plurimis Cass. Sez. VI 7/5-19/11/1986 n. 12936 Rv. 174326).
Paramenti infondata è anche la censura di cui al terzo motivo. Nel giudizio di appello la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ex art. 603/1 cpp., è subordinata alla verifica della incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza la rinnovazione istruttoria. Nel caso in esame la valutazione compiuta sul punto dal giudice del gravame è corretta, logica e completa e come tale incensurabile in questa sede.
La censura di cui al quarto motivo esula dal catalogo dei casi di ricorso, disciplinati dall’art.606/1 cpp., profilandosi come doglianza non consentita ai sensi del co. 3 cit. art., volta, come essa appare, a introdurre come “thema decidendum” una rivalutazione del “meritum causae”, preclusa in questa sede, a fronte di un apparato logico-argomentativo della sentenza impugnata, cui in precedenza si è fatto cenno, che da conto delle ragioni della conferma del giudizio di colpevolezza, indicando gli elementi e le circostanze di fatto convergenti e rilevanti a tal fine.
Fondata è la censura di cui al quinto motivo.
Ed invero nel rispondere alla doglianza difensiva circa l’eccessività dello importo, liquidato alla parte civile, il giudice del gravame motiva sulla congruità della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno, rapportandola all’arco temporale di oltre due anni, nel quale si erano consumate le condotte criminose, non tenendo tuttavia conto che la parte offesa era costituita parte civile nel solo procedimento penale, nel quale le condotte criminose si erano protratte dal XXXXX all'(OMISSIS) .
Sul punto pertanto la sentenza va annullata con rinvio per la decisione al giudice civile competente in grado di appello ai sensi dell’art. 622 cpp..
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione del danno e rinvia al giudice civile, competente per valore in grado di appello. Rigetta nel resto il ricorso.
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