Cassazione 14

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza 13 gennaio 2016, n. 1096

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROTUNDO Vincenzo – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierluig – rel. Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 578/2015 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA, del 13/07/2015;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO;

sentite le conclusioni del PG Dott. MARIO PINELLI che ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alle esigenze cautelari;

sentite le conclusioni degli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria con ordinanza del 13 luglio 2015 ha confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata nei confronti di (OMISSIS) con ordinanza del giudice per le indagini preliminari Reggio Calabria del 23 giugno 2015 in relazione a varie condotte di peculato commesse dal ricorrente nella sua veste di consigliere regionale e capogruppo del gruppo consiliare presso la regione Calabria denominata (OMISSIS).

I fatti contestati, accertati sulla scorta di indagini della Guardia di Finanza, possono cosi’ sinteticamente riferirsi, tenuto conto che non vi e’ contestazione sulla sussistenza di gravi indizi:

innanzitutto una serie di condotte in proprio favore: il (OMISSIS), anche tramite il collaboratore (OMISSIS), si impossessava, prelevandole dalle disponibilita’ che aveva in ragione del proprio ufficio, di somme che attribuiva al rimborso di spese che erano, invece, personali e/o comunque non erano ammesse a rimborso.

Gli importi erano di euro 94.000 circa per il 2010, euro 144.000 circa per il 2011 ed euro 110.000 per il 2012.

In relazione a tali fatti gli era contestato anche il reato di falso nella formazione dei rendiconti relativi all’impiego dei fondi erogati dalla Regione al gruppo.

altre contestazioni di peculato con consegna di somme non ammissibili a rimborso, Poi una serie di condotte di peculato mediante assegnazione di somme per finalita’ private, e comunque non documentate, a consiglieri regionali del gruppo:

– (OMISSIS) riceveva euro 27.000 nel 2010; euro 38.000 nel 2011, euro 30.000 nel 2012.

– (OMISSIS) riceveva euro 10000 nel 2010 ed euro 4000 nel 2011, di cui parte per finalita’ di campagna elettorale.

– (OMISSIS) riceveva euro 6600 per il 2010.

In tema di esigenze cautelari, il Tribunale riteneva sussistere il pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione delle condotte.

Quanto al pericolo di inquinamento probatorio il Tribunale rileva significativo:

– “Il comportamento processuale tenuto dal (OMISSIS), che in sede di interrogatorio ha reso innumerevoli dichiarazioni mendaci, nel goffo tentativo di giustificare le proprie condotte illecite”.

– L’aver disposto subito dopo l’interrogatorio che il suo collaboratore (OMISSIS) riportasse nella sede del consiglio regionale un televisore che aveva dichiarato in sede di interrogatorio essere stato adibito al servizio del gruppo consiliare.

Questi elementi avrebbero dimostrato “una propensione ed attitudine ad ostacolare ulteriore attivita’ di indagine” costituendo quindi “concreto” pericolo di inquinamento probatorio in considerazione della esistenza di “fonti probatorie” da esplorare (soggetti beneficiari dei pagamenti e verifica della documentazione contabile).

Quanto al rischio di reiterazione della condotta il tribunale osservava come le condotte di appropriazione fossero sintomatiche “di una assoluta indifferenza del ricorrente rispetto alle regole…” relative alla gestione del denaro pubblico, secondo il Tribunale si deve tener conto che la Corte dei conti sezione regionale di controllo per la Calabria aveva accertato anche per il 2013 ingenti spese irregolari dei gruppi “mentre era ormai noto che questo Ufficio aveva in corso attivita’ di indagine a carico proprio dei predetti gruppi consiliari”. Valorizzava, infine, il fatto che il ricorrente fosse diventato senatore della Repubblica, condizione che lo metteva nella posizione ideale per continuare a commettere reati della stessa specie, attesa l’ampia disponibilita’ di ingenti fondi pubblici nel nuovo ruolo istituzionale.

Riteneva giustificata la scelta degli arresti domiciliari per la necessita’ di limitare la capacita’ di movimento e contatti con l’esterno onde evitare il riallaccio di una rete di rapporti personali utili a favorire l’interferenza sulle attivita’ di indagine e la reiterazione di analoghe condotte criminose anche per interposta persona.

(OMISSIS) propone ricorso a mezzo del difensore deducendo vari motivi di violazione legge e vizio di motivazione riferiti alle sole esigenze cautelari.

Osserva innanzitutto che non vi e’ stata alcuna valutazione della memoria difensiva ritualmente depositata.

Rileva, poi, quanto agli elementi indicati quali significativi del pericolo di inquinamento probatorio del pericolo di commissione di nuovi reati:

la valorizzazione delle dichiarazioni difensive quale ragione di inquinamento probatorio e’ espressamente preclusa dalla legge ne’ e’ previsto che tale condotta possa essere argomento di prova come per il processo civile.

– La vicenda del trasporto del televisore (OMISSIS) dal luogo privato alla sede consiliare e’ una mera congettura non essendovi alcuna ragione per ritenere che fosse in disponibilita’ del ricorrente ed in luogo estraneo agli uffici del gruppo consiliare che aveva piu’ sedi cosi’ come e’ privo di ogni prova il fatto che il (OMISSIS) avesse agito su richiesta del ricorrente.

Quanto al pericolo di reiterazione, osserva innanzitutto non vi e’ alcuna indicazione specifica in tema di attualita’ del pericolo anche per essere da tempo subentrata una maggioranza politica di segno opposto a quella di cui faceva parte ricorrente.

La sua attivita’ nel Consiglio Regionale e’ comunque cessata da circa un biennio.

L’attivita’ della Corte dei Conti non ha in alcun modo riguardato il ricorrente anche perche’ fa riferimento ad un periodo in cui non era piu’ consigliere regionale.

Rileva, infine, la irragionevolezza del trarre dal solo dato del ruolo di parlamentare il pericolo di reiterazione per la possibilita’ di presentare richieste truffaldine avendo il ricorrente dimostrato di non avere alcun ruolo che gli consenta l’accesso diretto alla gestione di fondi della Regione Calabria o del Comune di Reggio Calabria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato non risultando motivazione effettiva in ordine alle esigenze cautelari. Gli elementi indicati in motivazione, difatti, non descrivono alcuna delle situazioni rilevanti ai fini dell’articolo 274 c.p.p. se non in termini generici.

Quanto al ritenuto pericolo di inquinamento probatorio, si rammenta che secondo l’articolo 274 c.p.p., lettera A):

– vi devono essere situazioni di pericolo “concreto e attuale” che venga ostacolata l’acquisizione della prova o questa venga inquinata; deve trattarsi di prove che appaiano necessarie alle indagini.

– Tali condizioni devono essere chiaramente motivate indicando le circostanze di fatto che lo dimostrino, non essendo consentito che possano desumersi in termini meramente logici.

– Tali “…. situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato di rendere dichiarazioni ne’ nella mancata ammissione degli addebiti”.

Tali regole non risultano rispettate nel caso di specie:

– innanzitutto, come si e’ scritto sopra, si e’ addirittura testualmente valorizzata la mancata ammissione degli addebiti.

– Si e’ considerato una singola condotta consistente nel portare presso la sede del gruppo il televisore acquistato per conto proprio ma tale condotta di disfarsi del corpo del reato, in se’ comune nella casistica giudiziaria, non puo’ ritenersi da sola significativa di un generale (programma di) attivita’ tesa ad inquinare le prove. In ogni caso, non vi e’ motivazione in ordine al perche’, dal tentativo di occultare la prova consistente nella detenzione di uno dei beni oggetto di appropriazione, debba desumersi, in termini di elevata probabilita’, il pericolo della diversa condotta di pressione sui beneficiari dei pagamenti degli acquisti per ottenere dichiarazioni false. Che si tratti di affermazione del tutto ipotetica lo dimostra la affermazione che potrebbe trattarsi di fare scomparire “tracce documentali” o di crearne di nuove: non si discute, quindi, di circostanze di fatto significative, ma vi e’ una generica deduzione logica.

Inoltre, pur se ai fini della esigenza cautelare in questione non e’ necessario individuare le singole prove da acquisirsi, nel caso di specie non vi e’ stata la individuazione quantomeno di un ambito concreto di prove da acquisire, condizione necessaria perche’ il pericolo di inquinamento possa apparire “concreto”.

E’ quindi necessario su tale punto un nuovo esame che individui se reali circostanze di fatto, non riferite alla mancata confessione o soltanto ad un episodico “disfarsi” di un oggetto di peculato (a prescindere dalla effettiva carenza di motivazione sull’essere stata attivita’ ascrivibile alla ricorrente), dimostrino l’effettivo rischio di intervento del ricorrente per inquinare le prove.

Quanto al pericolo di recidiva, a parte la motivazione dell’ordinanza che e’ riferita a valutazioni sulla gravita’ della condotta in se’ senza individuazione della specifica ripercussione di tale gravita’ sul rischio concreto di recidiva, l’ordinanza impugnata valuta esclusivamente l’incarico di Senatore, che il gip riteneva ragione di rischio di recidiva perche’ comportante la disponibilita’ di “ingenti fondi pubblici a diverso titolo”.

Il provvedimento impugnato, pur prendendo atto che il ricorrente ha dimostrato di non avere alcuna specifica disponibilita’ di fondi da gestire, ha ritenuto che il ricorrente avrebbe pur sempre la “possibilita’ di accedere ad erogazioni pubbliche attraverso richieste truffaldine” (possibilita’ che, cosi’ genericamente affermata e’ del resto condizione comune ad un qualsiasi residente in Italia) e che nella sua posizione privilegiata potrebbe sfruttare i rapporti con i soggetti inseriti nelle istituzioni locali e per tale via aver ingerenza nella gestione del denaro pubblico.

Il livello di “astrattezza” del pericolo fa risultare una tale motivazione, piuttosto che la motivazione sull’accertamento della pericolosita’, un argomento a sostegno della introduzione di una presunzione di pericolosita’.

Anche in questo caso, in assenza di indicazione di un qualsiasi elemento concreto e’ve essere valutato il profilo del rischio di recidiva rammentandosi come lo stesso debba essere riferito alla probabilita’ di commissione di nuovi reati con carattere di concretezza” (nel senso di cui in Sez. 6, n. 38763 del 08/03/2012 – dep. 04/10/2012 Miccoli, Rv. 253372) nonche’ “attualita’” (nel senso di cui in Sez. 6, n. 52404 del 26/11/2014 – dep. 17/12/2014, Alessi, Rv. 261670, con regola di valutazione del rischio di recidiva oggi espressamente ribadita dalla Legge n. 47 del 2015 che l’ha inserita nel testo dell’articolo 274 c.p.p.) in termini effettivi e non congetturali.

Si impone quindi il rinvio per nuova valutazione sulle esigenze cautelari e, in caso di affermazione della loro sussistenza, sulla scelta della misura.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Reggio Calabria.

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