Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 1 luglio 2014, n. 28212
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovanni – Presidente
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. LEO Guglielm – rel. Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 13/02/2013 della Corte d’appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dai consigliere Dr. Guglielmo Leo;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dott. Scardaccione Eduardo Vittorio, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il Difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE ROBERTO Giovanni – Presidente
Dott. PAOLONI Giacomo – Consigliere
Dott. LEO Guglielm – rel. Consigliere
Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 13/02/2013 della Corte d’appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dai consigliere Dr. Guglielmo Leo;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dott. Scardaccione Eduardo Vittorio, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il Difensore del ricorrente, avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. E’ impugnata la sentenza del 13/02/2013 della Corte d’appello di Venezia, di parziale riforma (in punto di quantificazione della pena) della sentenza con la quale, in data 09/11/2011, il Tribunale di Verona ha dichiarato (OMISSIS) colpevole del delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2, per avere egli fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore (OMISSIS).
La condotta contestata attiene ad un assegno mensile di 150 euro (ed al pagamento della meta’ delle spese mediche e di istruzione) che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto versare a (OMISSIS), madre naturale del citato (OMISSIS), a far tempo dal (OMISSIS) (data di interruzione della identica condotta per effetto di una prima pronuncia di condanna) e fino al (OMISSIS).
Richiamando la decisione di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto che (OMISSIS) disponesse di un reddito pur saltuario, e che comunque la patologia dallo stesso allegata (diabete mellito) non gli impedisse di svolgere una qualche attivita’ retribuita, mettendo anche in rilievo la modestia del contributo che lui stesso aveva a suo tempo concordato.
La riduzione della pena e’ stata motivata sul rilievo che conterebbe la durata della condotta considerata, e non il fatto che la stessa abbia fatto seguito ad analoga condotta precedente, criterio invece seguito dal Tribunale per l’applicazione della pena massima prevista dalla legge.
2. Ricorre il Difensore del (OMISSIS), denunciando diversi vizi di motivazione e violazioni di legge.
2.1. La Corte territoriale avrebbe trascurato l’impossibilita’ ad adempiere dell’odierno ricorrente, che sarebbe documentata dalla modestia dei redditi percepiti e dalle stesse condizioni di vita dell’interessato (che vive con poche altre persone in una frazione dell’isola di (OMISSIS)). Le stesse circostanze influirebbero sulla prova del dolo punibile.
2.2. La Corte territoriale, pur diminuendo la pena irrogata dal primo Giudice, non avrebbe realmente motivato la propria decisione in punto di quantificazione della prova, in rapporto ai fattori in tal senso rilevanti a norma dell’articolo 133 c.p..
Quanto alla sospensione condizionale della pena inflitta, nonostante la prova fornita circa l’avvio del pagamento di quanto dovuto da parte del (OMISSIS), la Corte ha completamente omesso qualunque motivazione dell’implicita negazione del beneficio, che pure era stato oggetto di uno specifico motivo di appello.
La condotta contestata attiene ad un assegno mensile di 150 euro (ed al pagamento della meta’ delle spese mediche e di istruzione) che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto versare a (OMISSIS), madre naturale del citato (OMISSIS), a far tempo dal (OMISSIS) (data di interruzione della identica condotta per effetto di una prima pronuncia di condanna) e fino al (OMISSIS).
Richiamando la decisione di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto che (OMISSIS) disponesse di un reddito pur saltuario, e che comunque la patologia dallo stesso allegata (diabete mellito) non gli impedisse di svolgere una qualche attivita’ retribuita, mettendo anche in rilievo la modestia del contributo che lui stesso aveva a suo tempo concordato.
La riduzione della pena e’ stata motivata sul rilievo che conterebbe la durata della condotta considerata, e non il fatto che la stessa abbia fatto seguito ad analoga condotta precedente, criterio invece seguito dal Tribunale per l’applicazione della pena massima prevista dalla legge.
2. Ricorre il Difensore del (OMISSIS), denunciando diversi vizi di motivazione e violazioni di legge.
2.1. La Corte territoriale avrebbe trascurato l’impossibilita’ ad adempiere dell’odierno ricorrente, che sarebbe documentata dalla modestia dei redditi percepiti e dalle stesse condizioni di vita dell’interessato (che vive con poche altre persone in una frazione dell’isola di (OMISSIS)). Le stesse circostanze influirebbero sulla prova del dolo punibile.
2.2. La Corte territoriale, pur diminuendo la pena irrogata dal primo Giudice, non avrebbe realmente motivato la propria decisione in punto di quantificazione della prova, in rapporto ai fattori in tal senso rilevanti a norma dell’articolo 133 c.p..
Quanto alla sospensione condizionale della pena inflitta, nonostante la prova fornita circa l’avvio del pagamento di quanto dovuto da parte del (OMISSIS), la Corte ha completamente omesso qualunque motivazione dell’implicita negazione del beneficio, che pure era stato oggetto di uno specifico motivo di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso difensivo e’ solo parzialmente fondato, nei termini e nei limiti che appresso saranno indicati.
1.1. Non possono accogliersi, in effetti, le censure prospettate dal Difensore in punto di rilevanza penale della condotta omissiva ascritta al (OMISSIS).
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che il principio ad impossibilia nemo tenetur e’ valido anche per gli obblighi di prestazione economica sanzionati dall’articolo 570 c.p., comma 2, e che tuttavia la condizione di impossidenza dell’interessato dev’essere assoluta, come tale documentata, o almeno seriamente allegata, da parte dello stesso interessato (da ultimo, Sez. 6, Sentenza n. 7372 del 29/01/2013, rv. 254515).
Nel caso di specie, e lungo tutto il corso del processo, l’impossibilita’ per (OMISSIS) di pagare per il mantenimento del figlio un contributo mensile, oltretutto ridottissimo, e’ stata semplicemente enunciata, e fondata su argomenti di forza logica non certo irresistibile. Il fatto che taluno abiti in un piccolo centro di una piccola isola – per altro caratterizzata da forte vocazione turistica – non dimostra certo che l’interessato non acquisisca, e non possa neppure acquisire, redditi che superino il livello necessario a garantire la sua stessa sopravvivenza. La patologia diabetica, d’altra parte, non e’ certo invalidante al punto di impedire qualunque occupazione. E’ appena necessario ricordare che la responsabilita’ dei genitori verso i figli in stato di bisogno implica un dovere di diligente attivazione per il recupero di redditi, quando pure non se ne disponga, e che la mera attestazione della mancanza di un lavoro e’ priva di rilievo (da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 5751 del 14/12/2010, rv. 249339, sia in quanto la stessa non esclude che vi siano redditi o possidenze d’altro genere, sia in quanto l’effettiva impossibilita’ di adempiere non puo’ dirsi dimostrata se non quando la mancanza di un’occupazione possa definirsi del tutto involontaria.
I Giudici di merito si sono dunque conformati a consolidati principi di diritto, nell’affermare la responsabilita’ del (OMISSIS), anche sotto il profilo soggettivo, ed a questo riguardo va rimarcato il carattere assoluto e poliennale dell’atteggiamento omissivo tenuto dal ricorrente, di assoluto disinteresse per la condizione del figlio e per le difficolta’ della madre di questi.
1.2. Neppure meritano accoglimento i rilievi sulla quantificazione della pena inflitta all’imputato. La Corte territoriale – sulla base oltretutto di un argomento non incontrovertibile, e cioe’ che non rileverebbe l’intervenuta condanna per fatti analoghi in danno della medesima persona offesa – ha ritenuto di ridurre, nella misura di un quarto, la sanzione originariamente inflitta dal Tribunale. Ha comunque fatto riferimento alla valutazione di gravita’ del fatto, secondo l’esperienza offerta dalla casistica giudiziaria, e quindi, in via di sintesi, ai criteri dettati dall’articolo 133 c.p..
Per quanto sintetica, appunto, la motivazione offerta dalla Corte a sostegno del proprio deliberato esclude che sussista il vizio di omissione denunciato in rapporto all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Per il resto, si tratta di valutazioni circa il merito della regiudicanda, che spettano ai Giudici territoriali e non sono suscettibili di sindacato nella sede di legittimita’.
1.3. E’ invece fondata la censura che concerne l’eventuale sospensione condizionale della pena inflitta al (OMISSIS).
In base alle informazioni disponibili la situazione non e’ chiara, poiche’ nei motivi di appello la Difesa aveva fatto riferimento ad una condizione di incensuratezza dell’imputato, cui invece la Corte riferisce una precedente condanna, della quale gia’ sopra si e’ detto. In ogni caso non risulta che i precedenti fossero ostativi all’eventuale applicazione del beneficio.
Ebbene, la Corte territoriale, nonostante l’espressa doglianza formulata con l’atto di appello a proposito del mancato provvedimento di sospensione, non ha preso in considerazione alcuna, neppure in via indiretta, il relativo punto della decisione censurata. Sussiste dunque il denunciato vizio di motivazione, che impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, avuto specifico riguardo al tema della applicazione o non di un provvedimento di sospensione condizionale della pena inflitta.
1.1. Non possono accogliersi, in effetti, le censure prospettate dal Difensore in punto di rilevanza penale della condotta omissiva ascritta al (OMISSIS).
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che il principio ad impossibilia nemo tenetur e’ valido anche per gli obblighi di prestazione economica sanzionati dall’articolo 570 c.p., comma 2, e che tuttavia la condizione di impossidenza dell’interessato dev’essere assoluta, come tale documentata, o almeno seriamente allegata, da parte dello stesso interessato (da ultimo, Sez. 6, Sentenza n. 7372 del 29/01/2013, rv. 254515).
Nel caso di specie, e lungo tutto il corso del processo, l’impossibilita’ per (OMISSIS) di pagare per il mantenimento del figlio un contributo mensile, oltretutto ridottissimo, e’ stata semplicemente enunciata, e fondata su argomenti di forza logica non certo irresistibile. Il fatto che taluno abiti in un piccolo centro di una piccola isola – per altro caratterizzata da forte vocazione turistica – non dimostra certo che l’interessato non acquisisca, e non possa neppure acquisire, redditi che superino il livello necessario a garantire la sua stessa sopravvivenza. La patologia diabetica, d’altra parte, non e’ certo invalidante al punto di impedire qualunque occupazione. E’ appena necessario ricordare che la responsabilita’ dei genitori verso i figli in stato di bisogno implica un dovere di diligente attivazione per il recupero di redditi, quando pure non se ne disponga, e che la mera attestazione della mancanza di un lavoro e’ priva di rilievo (da ultimo Sez. 6, Sentenza n. 5751 del 14/12/2010, rv. 249339, sia in quanto la stessa non esclude che vi siano redditi o possidenze d’altro genere, sia in quanto l’effettiva impossibilita’ di adempiere non puo’ dirsi dimostrata se non quando la mancanza di un’occupazione possa definirsi del tutto involontaria.
I Giudici di merito si sono dunque conformati a consolidati principi di diritto, nell’affermare la responsabilita’ del (OMISSIS), anche sotto il profilo soggettivo, ed a questo riguardo va rimarcato il carattere assoluto e poliennale dell’atteggiamento omissivo tenuto dal ricorrente, di assoluto disinteresse per la condizione del figlio e per le difficolta’ della madre di questi.
1.2. Neppure meritano accoglimento i rilievi sulla quantificazione della pena inflitta all’imputato. La Corte territoriale – sulla base oltretutto di un argomento non incontrovertibile, e cioe’ che non rileverebbe l’intervenuta condanna per fatti analoghi in danno della medesima persona offesa – ha ritenuto di ridurre, nella misura di un quarto, la sanzione originariamente inflitta dal Tribunale. Ha comunque fatto riferimento alla valutazione di gravita’ del fatto, secondo l’esperienza offerta dalla casistica giudiziaria, e quindi, in via di sintesi, ai criteri dettati dall’articolo 133 c.p..
Per quanto sintetica, appunto, la motivazione offerta dalla Corte a sostegno del proprio deliberato esclude che sussista il vizio di omissione denunciato in rapporto all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e). Per il resto, si tratta di valutazioni circa il merito della regiudicanda, che spettano ai Giudici territoriali e non sono suscettibili di sindacato nella sede di legittimita’.
1.3. E’ invece fondata la censura che concerne l’eventuale sospensione condizionale della pena inflitta al (OMISSIS).
In base alle informazioni disponibili la situazione non e’ chiara, poiche’ nei motivi di appello la Difesa aveva fatto riferimento ad una condizione di incensuratezza dell’imputato, cui invece la Corte riferisce una precedente condanna, della quale gia’ sopra si e’ detto. In ogni caso non risulta che i precedenti fossero ostativi all’eventuale applicazione del beneficio.
Ebbene, la Corte territoriale, nonostante l’espressa doglianza formulata con l’atto di appello a proposito del mancato provvedimento di sospensione, non ha preso in considerazione alcuna, neppure in via indiretta, il relativo punto della decisione censurata. Sussiste dunque il denunciato vizio di motivazione, che impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, avuto specifico riguardo al tema della applicazione o non di un provvedimento di sospensione condizionale della pena inflitta.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla sospensione condizionale della pena, e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.
Rigetta nel resto il ricorso.
Rigetta nel resto il ricorso.
Leave a Reply