Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 3 marzo 2017, n. 10549

Ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere – il criterio di valutazione per il gup non è l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori o insufficienti

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 3 marzo 2017, n. 10549

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. PETRUZZELLIS Anna – rel. Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere

Dott. SCALIA Laura – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.m. presso il Tribunale di Roma;

avverso la sentenza del 05/05/2016 del Gup del Tribunale di Roma emessa nel procedimento a carico di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

visti gli atti, il provvedimento denunziato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Anna Petruzzellis;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Viola Alfredo Pompeo, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

uditi l’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), l’avv. (OMISSIS) in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che hanno concluso per l’inammissibilita’ o in subordine il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Gup del Tribunale di Roma, con sentenza del 05/05/2016, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine ai reati di cui agli articoli 323 e 479 c.p. loro ascritti, perche’ il fatto non costituisce reato.

I predetti risultano, in tempi diversi, responsabili della AGEA (agenzia per le erogazioni in agricoltura), nonche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) anche amministratori in tempi successivi della societa’ (OMISSIS) spa, a capitale misto pubblico privato. Tali organismi avevano l’incarico di verificare la restituzione dei contributi erogati dalla comunita’ europea in favore degli agricoltori, e fornirne un resoconto all’ente erogatore, al fine di consentire l’attribuzione delle eventuali sofferenze allo Stato nazionale, ove ascrivibili a cattiva amministrazione di quest’ultimo, in luogo che farli ricadere sulla comunita’ europea.

In tal senso i responsabili dell’AGEA erano tenuti a redigere un prospetto trimestrale attinente ai rapporti debitori; risulta che nel tempo, e segnatamente fino al 2007, probabilmente in conseguenza di scarsa chiarezza delle disposizioni applicative, era stato redatto un elenco autonomo di sofferenze non accertate in via amministrativa o giudiziaria, condizione quest’ultima specificamente richiesta al fine dell’inserimento del registro debitori nella disciplina dettata in argomento, e derivanti invece da errori tecnici, o relativi a contributi erogati in base a disposizioni non piu’ in vigore, situazioni che non venivano portate a conoscenza dell’organismo europeo; per l’effetto si e’ prodotto un consolidamento della situazione debitoria, che non ha consentito il recupero delle somme dovute.

La registrazione anomala indicata, applicata fino al 2007, aveva perpetuato i suoi effetti negativi poiche’ anche in epoca successiva tali dati non erano emersi e le non corrette risultanze pregresse sono state avvalorate dalla certificazione che doveva accompagnare l’invio del registro debitori, rilasciata dai singoli responsabili dell’AGEA periodicamente, che attestava la regolarita’ delle registrazioni, attivita’ in relazione alla quale era stato contestato il delitto di falso.

Il Gup nel provvedimento impugnato, dopo aver analizzato la situazione di fatto, attribuendola per il pregresso ad erronea interpretazione delle norme dettate in tema di formazione del registro debitori, situazione mutata solo nel 2008, ha concluso nel senso liberatorio indicato, ascrivendo le condotte, pur verificate, ad erronea valutazione del corretto criterio di gestione, e quindi a colpa, elemento psicologico estraneo alla fattispecie delittuosa di cui all’articolo 323 c.p., in considerazione: dell’uniformita’ dei comportamenti tenuti, pur nella successione del potere di rendicontazione presso i diversi responsabili dell’AGEA alternatisi nel tempo; del mancato accertamento di un interesse specifico di favore o vantaggio nei confronti di particolari categorie di debitori, verifica gia’ effettuata dagli inquirenti; della natura documentale dell’approfondimento, che escludeva un ulteriore sviluppo dell’accertamento sul punto in sede dibattimentale,

Ad analoghe conclusioni il giudicante e’ pervenuto anche in relazione al delitto di falso, nel presupposto che l’attestazione dovesse essere espressa dal responsabile pro tempore dell’AGEA, al quale non risultavano essere mai stati consegnati i dati corretti, in possesso della (OMISSIS) spa, societa’ tenuta alla contabilizzazione; tale condizione imponeva di escludere la consapevole falsita’ della certificazione oggetto dell’imputazione, attribuita ai responsabili dell’ente certificatore.

2. Il P.m. presso il Tribunale di Roma ha proposto ricorso con il quale rileva:

2.1. violazione di legge, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), per avere il giudicante operato una valutazione di merito, che esula dall’ambito della cognizione rimessagli nella fase, che deve essere circoscritta alla valutazione di possibile sviluppo dell’ipotesi di accusa nel corso del dibattimento, mentre il giudicante si e’ spinto a verificare la sussistenza di elementi indicatori del dolo nel reato, con analisi rimessa invece al giudice del merito, ricercando una prova logica incompatibile con l’ambito dell’accertamento processuale a lui attribuito.

In particolare, e’ risultata cosi’ preclusa l’acquisizione in dibattimento delle dichiarazioni di (OMISSIS) – responsabile dell’ufficio contenziosi comunitari dal 2012 -, in parte riportate nella sentenza, sulla base delle quali era possibile datare la l’emersione dell’esigenza di un nuovo approfondimento in ordine alla modalita’ di registrazione del pregresso gia’ nell’ottobre 2012, per effetto di una riunione organizzata sul punto. La circostanza conduce ad escludere che la condotta tenuta fino all’anno successivo fosse riconducibile a mancata percezione della effettiva natura dell’obbligo incombente sui responsabili dell’agenzia. Tale lettura si pone in contrasto con la ricostruzione fornita dagli indagati, riguardante una interpretazione univoca offerta dall’ufficio sulle disposizioni sul punto, di cui sarebbe stata presa coscienza solo nell’anno successivo.

2.2. Si deduce contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione nella parte in cui, pur dando conto di quanto appena espresso in ordine alla consapevolezza sulla presenza nella banca dati di indicazioni non classificabili come errori amministrativi, colloca poi tale coscienza solo nel maggio 2013, senza superare l’opposta risultanza richiamata.

Risulta priva di giustificazione la valutazione sulla ritenuta universalita’ dell’erronea interpretazione della circolare del 2008, in ordine alla non corretta classificazione degli errori amministrativi, che ha escluso dalla rendicontazione una serie di debiti non qualificabili in tale ambito.

3. Con memoria depositata nei termini la difesa di (OMISSIS) ha contestato l’ammissibilita’ del ricorso proposto, rilevando che, al di fuori dall’ambito in cui l’impugnazione e’ formulabile ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., il ricorrente sollecita una difforme valutazione di merito, estranea all’ambito valutativo rimesso alla Corte di legittimita’, e risulta aspecifica nella parte in cui, lamentando il mancato vaglio dibattimentale, non individua quali prove sarebbero in grado di superare l’incertezza sugli elementi costitutivi dei reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile in quanto proposto per motivi non consentiti e manifestamente infondato.

2. Bisogna ricordare che ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non e’ l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilita’ del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti (principio pacifico; da ultimo sul punto Sez. 4, n. 32574 del 12/07/2016, P.C. in proc. Trimarchi e altri, Rv. 267457); nello svolgimento di tale giudizio questi e’ tenuto solo a verificare se gli elementi acquisiti a carico dell’imputato risultino irrimediabilmente insufficienti o contraddittori, in ragione delle indagini effettuate nel corso delle indagini, e dei loro ipotizzabili sviluppi.

Che tale analisi non si fermi ad una valutazione di tipo squisitamente processuale e’ chiaramente previsto dalla disposizione di cui all’articolo 425 c.p.p., comma 1 nella parte in cui preliminarmente prevede che il Gup operi una verifica di sussistenza delle cause di proscioglimento, anche quelle direttamente involgenti l’elemento psicologico del reato; tale analisi si sviluppa secondo una doppia valutazione basata su quanto gia’ acquisito e risultante dalle indagini, e sulla previsione dei possibili arricchimenti, secondo la prospettazione delle parti, per consentire l’acquisizione di prove sugli elementi costitutivi delle fattispecie contestate, dovendo escludersi, in caso contrario, la funzione del rinvio a giudizio che va commisurata alla prospettabile funzione chiarificatrice del dibattimento (in argomento tra le altre, Sez. 6, Sentenza n. 17951 del 13/10/2015, dep. 29/04/2016, imp. P.M., P.C. in proc. Barone e altri, Rv. 267310)

Il dato normativo esclude la fondatezza dell’interpretazione posta a base del proposto ricorso, in ragione della quale sarebbe preclusa al giudicante qualsiasi valutazione di tipo logico sull’esistenza degli elementi costitutivi del reato, poiche’ quel che e’ precluso effettivamente e’ un giudizio su fattispecie i cui contorni siano suscettibili di difforme definizione sulla base degli elementi di prova acquisibili ed indicati dal P.m., non la valutazione delle indagini gia’ svolte, ove le stesse si presentino, per loro natura, insuscettibili di ulteriore sviluppo sui punti essenziali al fine di definire la fattispecie contestata. Cio’ in quanto ogni indagine sull’elemento psicologico del reato, come gia’ detto espressamente richiamata dal testo dell’articolo 425 c.p.p., presuppone per il suo corretto svolgimento anche valutazioni di tipo logico, mentre quel che rileva al fine della piena validita’ di tale giudizio e’ che emerga l’impossibilita’ di superare tali valutazioni sulla base di prove da acquisire. Del resto la preclusione posta a fondamento dell’impugnazione, e ricavata dal ricorrente dal principio di diritto fissato da un precedente della Corte di legittimita’ (Sez. 2, n. 15942 del 07/04/2016, P.G. in proc. I e altro, Rv. 266443), risulta non univocamente emergente da tale statuizione, posto che anche tale pronuncia fa leva sulla necessita’ che il giudizio si fondi su di una impossibilita’ di sviluppo in dibattimento, che costituisce l’elemento differenziale sulla base del quale operare l’accertamento di conformita’ al modello legale della decisione assunta.

E’ quello che risulta avvenuto nel caso di specie ove giova richiamare la valutazione preliminare che ha costituito la base di partenza della ricostruzione giustificatrice del provvedimento impugnato, all’atto in cui il Gup ha sottolineato la completezza delle indagini svolte dalla guardia di finanza, la loro natura strettamente documentale, che aveva consentito di cristallizzare l’accertamento della discrasia tra quanto emergeva dalla banca dati gestita dalla (OMISSIS) spa e quanto riportato dall’AGEA nel registro debitori, che aveva seguito una procedura, valutata erronea nel 2008, che aveva interessato il periodo comprendente tutto il 2007, per poi procedere ad una diversa classificazione dall’anno successivo, lasciando impregiudicato il pregresso.

A fronte di tale ricostruzione dell’evoluzione degli eventi con riguardo all’imputazione di abuso di ufficio, il Gup e’ andato alla ricerca di elementi rivelatori non solo della violazione di legge realizzata dai responsabili pro tempore dell’AGEA e della collegata (OMISSIS) spa nella compilazione dei rapporti debitori loro rimessa, ma anche dell’ulteriore violazione, funzionale a creare un vantaggio, a se’ stessi o a terzi, o un danno a categorie definite di soggetti passivi, elementi che devono caratterizzare il dolo intenzionale, tipico del la fattispecie.

L’impugnante in argomento, senza smentire gli elementi di valutazione utilizzati in proposito dal Gup per pervenire alla decisione di proscioglimento, deduce la mancata considerazione della prova acquisibile sul punto in dibattimento, individuandola nell’audizione del dr. (OMISSIS), dirigente dell’ufficio contenzioso comunitario, che risulta gia’ escusso in sede di indagine, senza indicare quale ulteriore campo di approfondimento, non ancora praticato e sicuramente dirimente sui punti controversi, possa consentire di esplorare tale testimonianza, poiche’ solo tale prospettiva renderebbe l’acquisizione idonea a superare le deduzioni logiche del giudicante con riferimento agli indicatori opposti della mancanza degli elementi costitutivi dell’accusa. Si deve poi rilevare per completezza che, rispetto alla necessaria verifica degli elementi costitutivi del delitto di cui all’articolo 323 c.p., essi riguardano necessariamente l’estremo della doppia ingiustizia, che agisce quale dato costitutivo caratterizzante la fattispecie.

In ogni caso, a fronte delle osservazioni del ricorrente al riguardo si deve rimarcare che l’analisi svolta dal Gup sull’elemento psicologico non esula dal campo di indagine rimessogli, all’atto in cui questa si svolga sulla base della prognosi di sviluppo ed accertamento sul punto dell’approfondimento dibattimentale, poiche’ la funzione del giudizio rimesso a tale autorita’ e’ quella di agire quale filtro, teso ad evitare il passaggio alla fase dibattimentale in assenza di elementi fondanti l’accusa, insuscettibili di essere arricchiti in quella sede e di impedire alla fonte l’aumento dei giudizi dibattimentali, destinati a concludersi, con ragionevole certezza, con pronunce assolutorie, in quanto prive di sbocchi di approfondimento.

3. Ad analoghe conclusioni di inammissibilita’, si deve pervenire anche per quel che attiene alla decisione di proscioglimento dal reato di falso, in relazione alla quale si denuncia una contraddizione interna del provvedimento.

Premesso che i tre indagati risultano raggiunti dall’accusa nella loro qualita’ di responsabili dell’AGEA e ciascuno in relazione alle annualita’ in cui si e’ sviluppata tale gestione, l’impugnante segnala l’incongruenza della ricostruzione posta a base della sentenza, che si assume la mancanza di consapevolezza della falsa attestazione, nel presupposto che i dati falsi fossero in possesso della (OMISSIS) spa, e non fossero stati trasmessi all’AGEA, cosicche’ i certificatori sottoscrivevano l’attestazione di conformita’ in totale buona fede.

In proposito il P.m. impugnante segnala che (OMISSIS) e (OMISSIS), nel periodo successivo alla loro carica di legale rappresentate AGEA, hanno rivestito analoga funzione presso la (OMISSIS) spa, ma l’obiezione risulta ignorare lo sviluppo diacronico di tale incarico rispetto ai tempi a cui si riferisce l’imputazione, posto che a ciascuno di essi viene attribuita esclusivamente l’attivita’ di falsificazione eseguita in proprio e quindi, secondo l’impostazione dell’impugnazione, in epoca antecedente alla condizione di consapevolezza, non quella di istigatore della falsita’ altrui.

Quanto alla falsita’ attribuita alla (OMISSIS), l’unica che avrebbe rivestito la funzione di responsabile AGEA nell’ultimo periodo, successivo all’emersione della irregolarita’, il P.m. contesta la mancanza di consapevolezza, nel presupposto che, almeno dalla data dell’ottobre 2012 risulti raggiunta dalla donna, sulla base di quanto esposto nella sentenza, la consapevolezza della non attendibilita’ dei dati forniti dalla (OMISSIS) spa successivamente certificati dai responsabili AGEA, circostanza che ritiene essere in contraddizione con l’assunto della carenza dell’elemento psicologico.

Si deve a tale ultimo proposito considerare che la sentenza, attraverso una ricostruzione in fatto la cui aderenza ai dati presenti in atti non risulta contestata dal ricorrente, accerta che questa, all’esito di quanto conosciuto nel corso del 2012 si attivo’ perche’ la (OMISSIS) spa le fornisse tutti i dati delle inadempienze antecedenti al 2008, non confluite nel registro debitori, e da’ conto che gli organi preposti trasmisero tali dati con mail solo nel maggio 2013, epoca successiva alle eseguite perquisizioni, cosicche’ pur volendo ritenere tali dati immediatamente fruibili al fine di una corretta retrospettiva ricostruzione contabile, questi avrebbero dovuto confluire nella certificazione formata entro fine l’agosto 2013 (i due mesi successivi al trimestre di riferimento, secondo la prescrizione amministrativa al riguardo), contestazione che, se pur formalmente rientrante nel capo di imputazione, che data al 2014 la fine del periodo di riferimento, risulta estranea all’accertamento svolto dalla guardia di finanza nel marzo 2013, ed in relazione alla cui effettiva sussistenza lo stesso impugnante non fonda i suoi rilievi, che si fermano, per quel che riguarda la (OMISSIS), all’inattivita’ intercorrente tra l’ottobre 2012 ed il marzo 2013.

Tale delimitazione temporale impone di considerare giustificata dalla pronuncia impugnata l’insussistenza della falsita’ per effetto della mancanza dei dati in possesso del funzionaria su cui formulare la difforme certificazione, pervenuti solo successivamente.

La circostanza evidenzia, anche sotto questo profilo, la manifesta infondatezza del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso

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