Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 19 dicembre 2016, n. 53741

Ai fini dell’apprezzamento concreto del rischio che l’estradando possa essere sottoposto ad atti persecutori, discriminatori ed a trattamenti inumani e degradanti, la valutazione del giudice deve basarsi su elementi attendibili, oggettivi ed aggiornati, tenendo nella debita considerazione le allegazioni di parte ed ogni elemento utile in grado di fondare il pericolo di persecuzione che osta alla consegna

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 19 dicembre 2016, n. 53741

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 15/07/2016 della Corte di appello di Trento;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Anna Criscuolo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TAMPIERI Luca, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;

udito il difensore, avv. (OMISSIS) di (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trento ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’estradizione verso la Repubblica di Ucraina di (OMISSIS) per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, disposta in data 10 maggio 2016 dal Tribunale del Rione di Pecherskyi/Kiev.

Dopo aver premesso che il (OMISSIS) era stato arrestato il (OMISSIS) in quanto destinatario di mandato a fini estradizionali, emesso il 12 novembre 2015 dal Tribunale di Pecherskyi/Kiev per il reato di corruzione, commesso il (OMISSIS), e sottoposto a misura custodiale all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto, la Corte di appello ha dato atto che il (OMISSIS), contrario all’estradizione, aveva dichiarato che l’accusa era persecutoria in ragione della sua attivita’ di presidente del Comitato Anticorruzione Centrale, al punto da essere stato costretto a lasciare il paese, trasferendosi in Germania e poi in Italia, a causa delle minacce subite e dopo una breve detenzione, durante la quale aveva subito pressioni per estorcergli una confessione. La Corte di appello ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’estradizione in relazione al delitto di corruzione, punito con pena superiore ad un anno, non prescritto e da ritenersi reato comune, non di natura politica ne’ militare; ha ritenuto ricavabile dalla documentazione trasmessa la gravita’ indiziaria, non minata dagli elementi offerti dalla difesa, stante l’ammissione dello stesso (OMISSIS) di aver svolto un’attivita’ non marginale nella gestione di societa’ commerciali, tra cui la (OMISSIS), delle quali rappresentava gli interessi, e la circostanza che dette societa’ si occupavano della produzione e commercializzazione di abbigliamento militare ovvero dello stesso settore verso il quale si dirigeva il suo impegno nella lotta alla corruzione. La Corte territoriale ha ritenuto insussistenti motivi ostativi all’estradizione, escludendo che il (OMISSIS) possa ritenersi perseguitato in ragione dell’impegno anticorruzione, atteso che lo stesso aveva svolto attivita’ legale in favore di svariate societa’ commerciali e di rappresentante dei loro interessi con commistione di interessi privati e scopi societari. Sono stati anche esclusi il rischio di sottoposizione ad un procedimento che non assicuri il rispetto dei diritti fondamentali, risultando solo dedotte, ma non provate le irregolarita’ e le anomalie denunciate dal legale ucraino del (OMISSIS), e quello di sottoposizione a trattamenti disumani alla luce della specifica assicurazione, proveniente dalla Procura Generale dello Stato richiedente.

2. Avverso la sentenza ricorre il difensore del (OMISSIS), che, con motivi qui riassunti a norma dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, deduce:

– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 3 della convenzione europea di estradizione, articolo 3 Cost. e articolo 698 c.p.p. e articolo 705 c.p.p., lettera a) e c): la Corte di appello non ha valutato la necessita’ di tutelare i diritti del (OMISSIS), esposto a rischio di persecuzione per motivi politici e di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti, tenuto conto dell’attuale situazione carceraria in Ucraina, segnalata da organismi internazionali ed anche da numerose sentenze di condanna della Cedu; – violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 1 della convenzione europea di estradizione sullo stato di indagato e violazione del principio tempus regit actum delle misure cautelari: il provvedimento cautelare del 10 maggio 2016 e’ successivo all’arresto del (OMISSIS), che all’epoca non aveva lo stato di indagato per effetto delle decisioni di diversi Tribunali. Segnala che le autorita’ ucraine hanno informato l’AG italiana dell’arresto del (OMISSIS), ma non della decisione del Tribunale di Darnytskyi ne’ delle tre precedenti decisioni negative dello stesso Tribunale di Pecherskyi, con le quali erano stalerespinte la domanda cautelare e la richiesta della Procura militare di svolgere una inchiesta preliminare per mancanza di presupposti probatori, negando lo status di indagato, indispensabile per una valida procedura estradizionale;

– carenza di motivazione: la Corte di appello non ha esaminato l’eccezione di ne bis in idem derivante dal provvedimento del Tribunale di Darnytshkyi in data 16 maggio 2014 e dalle tre pronunce del Tribunale di Pecherskyi, con le quali era stata respinta la domanda cautelare e l’istanza di aprire un’indagine per insufficienza di prove a carico del (OMISSIS), come si legge nei provvedimenti prodotti. La Corte di appello avrebbe dovuto valutare in maniera piu’ rigorosa i precedenti giudiziari contrari sui medesimi fatti in base ai criteri stabiliti dall’articolo 9 della convenzione europea sull’estradizione e valutare il contenuto dei documenti provenienti da associazioni di tutela dei diritti civili e dalla Commissione civile per l’indagine e la prevenzione della violazione dei diritti umani in Ucraina;

– violazione del principio del giudice naturale e violazione degli articoli 5 e 6 Cedu: la Corte di appello non ha valutato le sentenze favorevoli prodotte dalla difesa, sebbene dalle stesse risulti la ricerca di un giudice di distretti territoriali differenti in luogo del giudice naturale, precostituito per legge, ne’ ha tenuto conto che il (OMISSIS) non e’ un militare e non puo’ essere perseguito da organi militari, determinati a punire un soggetto scomodo;

– violazione dell’articolo 649 c.p.p. e correlata mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione: nel caso in esame vi e’ violazione del divieto del bis in idem, in quanto il (OMISSIS) e’ stato gia’ giudicato in Ucraina sia in sede cautelare sia in sede preliminare con esclusione degli addebiti e della misura coercitiva ed il mancato riferimento a tali decisioni nella richiesta di estradizione rende evidente il fumus persecutionis;

– carenza di motivazione sulla richiesta di sospensione del procedimento e sul divieto di estradizione dei rifugiati e dei richiedenti protezione internazionale ai sensi dell’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951: la Corte di appello ha negato al (OMISSIS) la sospensione della procedura di estradizione in attesa dell’esito della domanda di protezione internazionale presentata, trascurando il rischio di ritorsioni, cui sarebbe esposto il (OMISSIS), anche in ragione delle gravi condizioni di detenzione, denunciate dalla Commissione per i diritti umani ucraini, acuite dal conflitto armato ancora in atto. Nella memoria depositata il 10 novembre 2016 il difensore richiama i motivi di ricorso, ribadendo la natura politica della richiesta di estradizione avanzata nei confronti del (OMISSIS), nemico politico da punire per la lotta civile svolta per contrastare la corruzione specie negli ambienti militari; ribadisce che i profili discriminatori e persecutori, che connotano la vicenda, espongono l’estradando a gravi rischi per l’incolumita’ fisica anche della sua famiglia, tenuto conto del clima di instabilita’ politica e civile e delle condizioni carcerarie ucraine, risultanti dai recenti documenti delle Nazioni Unite – Alto Commissariato dei diritti umani -all’esito della missione di monitoraggio in Ucraina e di Amnesty International, dai quali risulta il ricorso alla tortura, alle violenze fisiche e psichiche ed alla detenzione segreta, idonee a smentire le assicurazioni fornite. Segnala, infine, l’esistenza di un motivo ostativo alla consegna ai sensi della L. n. 69 del 2005, articolo 18, comma 1, lettera e) in quanto la legislazione ucraina non prevede termini massimi di custodia cautelare ne’ strumenti di controllo, che ne consentano la revoca, in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento e della convenzione europea dei diritti dell’uomo, come gia’ ritenuto nel caso Tymoshenko. All’udienza odierna il difensore ha prodotto ulteriore documentazione a sostegno del ricorso e ha insistito per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni di seguito illustrate. Il ricorrente rimarca le anomalie procedurali, che hanno connotato la vicenda processuale e la richiesta di estradizione del (OMISSIS), evidenziando innanzitutto la violazione del principio del ne bis idem, ma i motivi relativi alla violazione del principio del ne bis idem internazionale e dell’articolo 9 della Convenzione europea di estradizione sono infondati, non ricorrendone nella fattispecie i presupposti. Infatti, in tema di estradizione processuale per l’estero l’articolo 9 della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, nel riconoscere il divieto del “ne bis in idem”, prevede l’inestradabilita’ quando sussista una sentenza definitiva emessa nei confronti dell’estradando nello Stato richiesto per lo stesso fatto (Sez. 6, n. 3747 del 18/12/2013, dep. 2014, Dyrmyshi, Rv. 258250) ovvero, quando nei confronti dell’estradando, per lo stesso fatto, sia stata esercitata l’azione penale ovvero e’ stata emessa un’ordinanza applicativa della custodia cautelare (Sez. 6, n. 26290 del 28/05/2013, Paredes Morales, Rv. 256565). All’evidenza nel caso di specie tali condizioni ostative non sussistono, in quanto il ricorrente e’ stato oggetto di procedimenti per lo stesso fatto nello stato richiedente, il cui esito negativo risulta superato dal provvedimento cautelare, emesso il 12 novembre 2015 dal Tribunale di Pecherskyi/Kiev per il reato di corruzione, commesso nel 2014. Rilevato, inoltre, che tale provvedimento cautelare costituiva il titolo in base al quale si e’ proceduto al suo arresto in Italia, come risulta dall’informativa della Questura di Trento del (OMISSIS), e che prima della scadenza semestrale di efficacia e’ stato emesso il nuovo titolo cautelare, risulta infondata l’eccezione difensiva sul punto.

2. Sono, invece, fondati i motivi, che costituiscono il nucleo centrale del ricorso e segnalano la presenza di condizioni ostative all’estradizione ai sensi dell’articolo 3, comma 2, della convenzione europea sull’estradizione e dell’articolo 705 c.p.p., comma 2, lettera c). Pur essendosi la Corte di appello attenuta al quadro dei principi delineato da questa Corte, secondo il quale, nell’ambito del regime di consegna disciplinato dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l’autorita’ giudiziaria italiana e’ tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l’esistenza di elementi di prova a carico dell’estradando, essendole in ogni caso preclusa la diretta valutazione degli indizi di colpevolezza esposti nella documentazione (Sez. 6, n. 9758 del 30/01/2014, dep. 27/02/2014, Rv. 258810), nel caso di specie, senza entrare nel merito dell’accusa e senza vagliare gli elementi probatori di segno contrario indicati nella memoria difensiva del 9 luglio 2016, l’iter processuale documentato dalla difesa del ricorrente, non menzionato nella richiesta di estradizione e non adeguatamente valutato dalla Corte di appello, induce il collegio a ritenere ravvisabile il fumus persecutionis nei confronti del (OMISSIS) in ragione del suo attivismo e del suo impegno nella lotta anticorruzione, specialmente negli ambienti militari. Impegno attestato, nella documentazione prodotta, da organi istituzionali, associazioni di tutela dei diritti civili e rappresentanti politici, tra i quali la Commissione civile per l’indagine e la prevenzione della violazione dei diritti umani in Ucraina, il Movimento popolare “Controllo dei cittadini”, il Comitato Anticorruzione, il Consiglio dell’ordine degli avvocati della Regione di Kiev, deputati del consiglio comunale di Kiev e capo del consiglio comunale di Dnepropetrovsk, che concordemente segnalano il rischio che l’estradando, avvocato noto per la lotta all’illegalita’ ed alla corruzione ed autore di denunce per corruzione contro funzionari e rappresentanti del precedente regime politico, sia vittima di persecuzione politica e corra seri pericoli di sottoposizione ad un processo non imparziale ed a trattamenti inumani o degradanti. L’esame del complesso e non lineare iter procedurale della vicenda penale in cui e’ coinvolto il (OMISSIS) consente di rilevare che nell’immediatezza del fatto egli fu tratto in arresto, ma all’esito dell’udienza, tenutasi il 16 maggio 2014 per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, avanzata dal capo inquirente della Procura distrettuale Darnytskaya sulla sorveglianza delle leggi nell’ambiente militare, il giudice inquirente del Tribunale distrettuale Darnitskyi della citta’ di Kiev respinse la domanda cautelare per mancanza di prove valide allegate all’istanza sul crimine contestato al (OMISSIS) e per insussistenza dei presupposti per l’applicazione della custodia in carcere. Risulta inoltre, che con tre successive decisioni il giudice istruttore del Tribunale distrettuale di Pecherskyi della citta’ di Kiev respinse la domanda dell’inquirente della procura militare della Regione Centrale dell’Ucraina di eseguire indagini preliminari speciali a carico del (OMISSIS), sospettato di corruzione e destinatario di mandato di ricerca per essersi allontanato dallo Stato, per “mancanza di elementi e di circostanze che danno adito a sospettare la persona del crimine commesso”. La circostanza che tali decisioni negative siano state assunte da diverse autorita’ giudiziarie sia nell’immediatezza del fatto ed anche dopo (il 2 dicembre 2015 e il 29 febbraio 2016) l’emissione del mandato di arresto e di applicazione della custodia in carcere del 12 novembre 2015, con una cosi’ radicale divergenza di valutazioni delle richieste della Procura militare della Regione Centrale dell’Ucraina quanto al compendio probatorio posto a fondamento delle accuse, impone di ravvisare validi motivi per ritenere che la domanda di estradizione, avente ad oggetto un reato comune, ma per il quale procede la Procura militare, miri a perseguire il (OMISSIS) per ragioni politiche e che tali ragioni rischino di aggravarne la posizione, come concordemente sostenuto negli appelli e nelle note prodotte dalla difesa ancora all’udienza odierna. Anche il rischio concreto che l’estradando possa essere sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a trattamenti crudeli, disumani o degradanti risulta sottovalutato dalla Corte di appello a fronte della documentazione prodotta dalla difesa.

Rischio ravvisabile non solo in ragione della posizione dell’estradando di attivista anticorruzione, ma delle condizioni di detenzione nello stato richiedente, che risulta fondato sulla documentazione, allegata al ricorso, proveniente da associazioni e da organismi internazionali, nonche’ dalle numerose sentenze di condanna della Cedu nei confronti dell’Ucraina per violazione degli articoli 2, 3, 5 e 6 CEDU: fonti qualificate, della cui affidabilita’ la giurisprudenza di questa Corte non ha mai dubitato, anche in casi di estradizione verso l’Ucraina (Sez. 6, n. 28822 del 28/06/2016, Diuligher), essendo noto il clima di instabilita’ e conflittualita’ politica e conclamate le critiche condizioni del sistema penitenziario. Come richiesto da questa Corte ai fini dell’apprezzamento della concretezza di tale rischio, la valutazione deve fondarsi su elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente e comprovanti la presenza di carenze sia sistemiche, o comunque generalizzate, sia limitate ad alcuni gruppi di persone o a determinati centri di detenzione (Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu). A tal fine devono costituire oggetto di motivato apprezzamento tutte le risultanze offerte da fonti conoscitive qualificate, come le decisioni giudiziarie internazionali, e in particolare quelle della Corte EDU, le decisioni giudiziarie dello Stato richiedente, nonche’ le decisioni, le relazioni e gli altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d’Europa, ovvero da quelli appartenenti al sistema delle Nazioni Unite. Nel caso in esame il ricorrente ha assolto l’onere di allegazione degli elementi e delle circostanze idonei a fondare il timore che l’estradizione preluda alla sua sottoposizione nello Stato richiedente ad un trattamento incompatibile con il rispetto dei diritti fondamentali della persona, avendo prodotto i piu’ recenti documenti provenienti da associazioni non governative, quali Amnesty International, The UN Refugee Agency e organismi internazionali e convenzionali come il Commissariato per i diritti umani del Consiglio di Europa, che confermano la costante e sistematica violazione dei diritti umani in Ucraina – casi di illegittima ed arbitraria detenzione, di detenzione in luoghi segreti e di torture e trattamenti inumani-, specie nelle strutture di detenzione per i detenuti in fase cautelare, anche in ragione del conflitto armato non ancora pacificato. In particolare, dal report del Commissario per i diritti umani del Consiglio di Europa, relativo alla situazione in Ucraina dal 16 novembre 2015 al 15 febbraio 2016, risultano ancora riscontrate condizioni di detenzioni illegali negli istituti penitenziari nei territori controllati dai gruppi armati, condizioni sanitarie assolutamente inadeguate e frequenti abusi anche psichici come misure disciplinari; analoghe violazioni dei diritti umani risultano dal report di Amnesty International del 2015 e dal report del settembre 2015 dell’UNHCR (Ufficio dei Rifugiati delle Nazioni unite). Ritenuto che anche la richiesta di protezione internazionale sussidiaria, presentata dall’estradando in data 11 luglio 2016, si inserisce nella stessa linea e sottopone anche alla autorita’ amministrativa competente la valutazione del rischio di persecuzione, sulla scorta di tutti gli elementi illustrati si reputa fondato e concreto il rischio che l’estradando possa essere sottoposto a trattamenti disumani e degradanti in caso di rientro nello Stato richiedente. Ritenuti sussistenti motivi ostativi all’estradizione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio e per l’effetto va ordinata la liberazione dell’estradando, se non detenuto per altra causa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, non sussistendo le condizioni per far luogo all’estradizione.

Ordina la liberazione dell’estradando se non detenuto per altra causa. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito e per la comunicazione al Ministro della Giustizia

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