Quando il pubblico ufficiale pone in essere una condotta oggettivamente illegittima, in assenza dei necessari presupposti legittimanti, e sulla base di una decisione da lui assunta autonomamente o comunque al di fuori dell’obbligo di eseguire altrui decisioni, non è punibile, a norma dell’art. 393-bis cod. pen., una reazione strettamente proporzionata all’esigenza di esercitare un proprio diritto di rango primario indebitamente conculcato, e negli stretti limiti in cui ciò sia necessario a tal fine. (Fattispecie in cui l’imputato viene accusato di resistenza a pubblico ufficiale per avere colpito un carabiniere, che si era interposto per impedirgli di allontanarsi dall’ospedale dove era trattenuto in osservazione dopo un incidente stradale)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
SENTENZA 17 ottobre 2016, n.43894
Ritenuto in fatto
Con sentenza emessa il 10 novembre 2015, la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Oristano all’esito di giudizio abbreviato, per quanto di interesse in questa sede, ha confermato la condanna alla pena ritenuta di giustizia di V.G. per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e guida in stato di ebbrezza alcolica, con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, aggravato quest’ultimo dall’aver provocato un incidente stradale, fatti entrambi commessi il (omissis).
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è stato ritenuto dai giudici di merito per avere il V. colpito con la mano il brigadiere dei carabinieri C.R. , provocando allo stesso, che si era interposto per impedirgli di allontanarsi dall’ospedale dove era trattenuto in osservazione dopo un incidente stradale, lesioni al labbro guaribili in un giorno.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l’avvocato Lorenzo Soro, quale difensore di fiducia del V. , articolando due motivi.
2.1. Nel primo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento all’art. 337 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., con riguardo all’affermata sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Si deduce che, nel momento in cui il V. tentò di allontanarsi dall’ospedale, non solo era stato già effettuato il prelievo ematico nei suoi confronti, ma i relativi campioni erano già nel laboratorio della struttura sanitaria. Di conseguenza, la condotta del ricorrente era semplicemente l’estrinsecazione del diritto di sottrarsi a cure mediche, e l’atto del brigadiere C. è da qualificarsi come arbitrario ed illegittimo.
2.2. Nel secondo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento agli artt. 191 cod. proc. pen. e 186, comma 2, cod. strada, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., con riguardo all’affermata sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica.
Si deduce che il prelievo ematico è stato effettuato senza il consenso preventivo del V. , ed in assenza di necessità sanitarie: il consenso che risulta prestato dal V. nel verbale delle ore 8,06, attiene ad un ‘prelievo richiesto’, e quindi futuro, non, invece, al ‘prelievo già effettuato’ alle ore 5,00, quando l’odierno ricorrente versava in stato comatoso.
Cconsiderato in diritto
Il ricorso è fondato con riferimento al primo motivo, mentre è manifestamente infondato in relazione al secondo motivo.
Il primo motivo deduce che l’atto del brigadiere dei Carabinieri C. è arbitrario ed illegittimo, perché diretto ad impedire il diritto dell’imputato di sottrarsi alla prestazione di cure mediche, e quindi giustifica la lieve violenza fisica esercitata da quest’ultimo per superare un ostacolo illegittimamente frapposto alla sua decisione.
2.1. La sentenza impugnata, richiamando il verbale di arresto, rappresenta che il V. , contro la volontà degli operatori sanitari, aveva tentato di allontanarsi dal pronto soccorso ‘in quanto non voleva sottoporsi ad ulteriori accertamenti’, e che il brigadiere C. , intervenuto su richiesta dei secondi, si era posizionato davanti all’imputato sulla porta all’interno della sala della struttura sanitaria ‘per impedirne l’uscita’. Aggiunge, poi, che a questo punto, ‘il V. cercò di spostare con contatto fisico dalla porta il militare al fine di guadagnarne l’uscita. Considerata l’inamovibilità del Brigadiere, il V. lo colpiva con il dorso della mano al volto, instaurando resistenza attiva con la conseguenza di una breve ma fattiva colluttazione’. I giudici della Corte distrettuale, quindi, osservano che la condotta dell’imputato era finalizzata a sfuggire ai controlli perché l’avvenuta effettuazione del prelievo ematico ‘non esclude che i sanitari lo avessero informato anche dei richiesti controlli per la ricerca di alcol e sostanze stupefacenti nell’organismo (…)’. Rilevano, inoltre, che la condotta del militare non può ritenersi arbitraria, perché, a tal fine, non è sufficiente la mera illegittimità dell’atto, ma occorre un’attività ingiustamente persecutoria.
2.2. Questa essendo la struttura argomentativa della decisione della Corte d’appello, coglie nel segno la censura che contesta la manifesta illogicità o comunque la carenza della motivazione nella parte in cui afferma che il V. intendeva sottrarsi ai controlli: da un lato, infatti, i prelievi erano stati già effettuati; dall’altro, nessun elemento addotto è chiaramente indicativo della volontà di sottrarsi ad ulteriori controlli finalizzati alle indagini penali.
In ogni caso, peraltro, la sottoposizione ai controlli finalizzati all’approfondimento delle indagini penali per i reati di guida sotto l’influenza dell’alcol e di guida in stato di alterazione per uso di sostanze stupefacenti non può essere imposta coattivamente, ma solo indirettamente, come confermano gli artt. 186, comma 7, e 187, comma 8, Codice della strada, posto che entrambi rispettivamente l’uno per la prima e l’altro per la seconda fattispecie di reato prevedono una sanzione penale in caso di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti.
Deve rilevarsi, allora, che il V. poteva essere trattenuto in ospedale solo se avesse violato specifiche prescrizioni procedurali o formali da osservare prima di allontanarsi dalla struttura sanitaria; manca però qualunque accertamento in proposito.
2.3. Qualora si concluda per la illegittimità del trattenimento dell’imputato presso il pronto soccorso, appare configurabile la reazione legittima del privato ex art. art. 393-bis cod. pen..
Da un lato, infatti, la condotta posta in essere dal V. sembra, per quanto indicato in sentenza, e salvo ulteriori approfondimenti, limitata allo stretto necessario per superare l’ostacolo ad allontanarsi. Dall’altro, l’illegittimità oggettiva della condotta del brigadiere, se accertata, è idonea ad integrare il presupposto richiesto dall’esimente. Invero, l’aver dato causa al fatto di cui all’art. 337 cod. pen. eccedendo con atti arbitrari i limiti delle proprie attribuzioni è situazione che ricorre, secondo un orientamento giurisprudenziale, ogni qual volta la condotta dello stesso pubblico ufficiale, per lo sviamento dell’esercizio di autorità rispetto allo scopo per cui la stessa è conferita o per le modalità di attuazione, risulta oggettivamente illegittima, non essendo di contro necessario che il soggetto abbia consapevolezza dell’illiceità della propria condotta diretta a commettere un arbitrio in danno del privato (così Sez. 6, n. 7928 del 13/01/2012, Variale, Rv. 252175, nonché Sez. 6, n. 10773 del 09/02/2004, Maroni, Rv. 227991). Tale indirizzo interpretativo è condiviso dal Collegio, almeno allorché la condotta illegittimamente posta in essere impedisce l’esercizio di diritti soggettivi di rango primario, come quello, desumibile dall’art. 32, secondo comma, Cost., di non essere sottoposto a trattamenti sanitari, salvo i casi espressamente previsti dalla legge (ad esempio, ex art. 224-bis e 359-bis cod. proc. pen.).
Né tale soluzione risulta in radicale contrasto con l’orientamento secondo il quale presupposto necessario per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 393-bis cod. pen. è un’attività ingiustamente persecutoria del pubblico ufficiale, il cui comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie modalità di esplicazione dell’azione di controllo e prevenzione demandatagli nei confronti del privato destinatario (così, per citare le più recenti massimate: Sez. 6, n. 16101 del 18/03/2016, Bonomi, Rv. 266535; Sez. 5, n. 35686 del 30/05/2014, Olivieri, Rv. 260309; Sez. 6, n. 23255 del 15/05/2012, Negro, Rv. 253043). Trattasi, invero, per quanto emerge dell’analisi delle specifiche decisioni, di affermazione di principio enunciata relativamente a fattispecie in cui la condotta del pubblico ufficiale o è stata posta in essere in presenza dei presupposti di legge e contestata solo nelle modalità esecutive (è il caso esaminato da Sez. 6, n. 23255 del 15/05/2012, Negro, cit.), o si è verificata sulla base di presupposti legittimi e con modalità del tutto corrette (è il caso esaminato da Sez. 5, n. 35686 del 30/05/2014, Olivieri, cit.), o comunque è stata realizzata in esecuzione di un provvedimento amministrativo adottato da altra Autorità competente, e la Corte ha comunque avvertito la necessità di evidenziare che a tale atto le Forze dell’Ordine non potevano negare attuazione sindacandone preliminarmente la legittimità (è il caso esaminato da Sez. 6, n. 16101 del 18/03/2016, Bonomi, cit.).
Deve perciò concludersi che quando il pubblico ufficiale pone in essere una condotta oggettivamente illegittima, in assenza dei necessari presupposti legittimanti, e sulla base di una decisione da lui assunta autonomamente o comunque al di fuori dell’obbligo di eseguire altrui decisioni, non è punibile, a norma dell’art. 393-bis cod. pen., una reazione strettamente proporzionata all’esigenza di esercitare un proprio diritto di rango primario indebitamente conculcato, e negli stretti limiti in cui ciò sia necessario a tal fine.
2.4. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui ha affermato la responsabilità penale del V. in ordine al reato di resistenza a pubblico ufficiale per il solo fatto che lo stesso abbia esercitato un minimo di violenza fisica nei confronti del brigadiere dei Carabinieri che voleva impedirgli di allontanarsi dall’ospedale. In applicazione del principio di diritto indicato, in vero, nel caso di specie, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 337 cod. pen., occorre escludere che l’imputato avesse la facoltà di allontanarsi legittimamente dall’ospedale in quel momento e senza l’onere di adempiere a precise formalità, ovvero, se invece risulta che avesse tale facoltà, occorre escludere che la reazione del medesimo sia stata strettamente proporzionata all’esigenza di esercitare il proprio diritto. È pertanto necessario disporre il rinvio degli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Cagliari per un nuovo giudizio nel quale siano compiuti i necessari accertamenti in proposito.
Il secondo motivo deduce l’illegittimità del prelievo ematico dal quale è stato desunto il tasso alcolemico presente nel sangue, e, quindi, la prova della sussistenza della fattispecie contravvenzionale, perché compiuto senza il consenso dell’imputato.
3.1. La sentenza impugnata osserva – sulla base di accertamenti in relazione ai quali non si pone alcun dubbio di travisamento della prova – che il prelievo ematico è stato effettuato secondo quanto suggerito dai protocolli sanitari in considerazione delle condizioni di incoscienza del paziente, ricoverato in stato comatoso, ed al fine di prestargli le prime cure.
Costituisce orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato, e condiviso dal Collegio, quello secondo cui in tema di guida in stato di ebbrezza, il prelievo ematico compiuto autonomamente dai sanitari in esecuzione di ordinari protocolli di pronto soccorso, in assenza di indizi di reità a carico di un soggetto coinvolto in un incidente stradale e poi ricoverato, non rientra tra gli atti di polizia giudiziaria urgenti ed indifferibili ex art. 356 cod. proc. pen., di talché non sussiste alcun obbligo di avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. (cfr., in particolare, Sez. 4, n. 38458 del 04/06/2013, Grazioli, Rv. 257573, nonchè, in precedenza, Sez. 4, n. 10605 del 15/11/2012, dep. 2013, Bazzotti, Rv. 254933, e Sez. 4, n. 26108 del 16/05/2012, Pesaresi, Rv. 253596).
Il profilo di diritto indicato rende superfluo l’ulteriore accertamento, comunque compiuto nella sentenza, in ordine alla circostanza della avvenuta prestazione del consenso (postumo) al prelievo da parte del V. .
3.2. La manifesta infondatezza delle ragioni addotte nel motivo in esame, determina l’inammissibilità dello stesso. Inoltre, l’avvenuta determinazione in via autonoma della pena con riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza esclude la necessità di qualunque annullamento con rinvio sul punto e determina il passaggio in giudicato della decisione impugnata in ordine a tale capo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui al capo B) e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
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