Corte di Cassazione, sezione Vi penale, sentenza 17 novembre 2016, n. 48703

L’abuso dei mezzi di correzione da parte di un insegnante e’ del resto sicuramente integrato non solo dall’uso di sanzioni corporali, vietato espressamente dal Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297, ma anche da qualunque condotta di coartazione fisica o morale che renda dolorose e mortificanti le relazioni tra l’insegnante e la classe o i singoli discenti attuata consapevolmente, foss’anche per finalita’ educative astrattamente accettabili.

Il termine correzione va infatti assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo e non puo’ ritenersi tale l’uso abituale della violenza a scopi educativi, sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignita’ delle persone, anche del minore, ormai soggetto titolare di specifici diritti e non piu’, come in passato, semplice oggetto di protezione, sia perche’ non puo’ perseguirsi quale meta educativa lo sviluppo armonico della personalita’ usando un mezzo violento che tale fine contraddice, conseguendo da cio’ che l’eccesso di mezzi di correzione violenti concretizza il reato di maltrattamenti di cui all’articolo 572 c.p., e non rientra nella fattispecie di cui all’articolo 571 c.p., neppure ove sostenuto da animus corrigendi, poiche’ l’intenzione soggettiva non e’ idonea a far rientrare nella fattispecie meno grave una condotta oggettiva di abituali maltrattamenti, consistenti, in rimproveri anche per futili motivi, offese e minacce, violenze fisiche.

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 17 novembre 2016, n. 48703

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. MOGINI Stefan – rel. Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini;

avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del Riesame di Bologna il 7.6.2016;

nei confronti di:

(OMISSIS), nata a (OMISSIS);

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Mogini;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ORSI Luigi, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;

udito in difesa di (OMISSIS) l’Avvocato (OMISSIS), che ha concluso per l’inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini ricorre avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale del Riesame di Bologna ha annullato l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Rimini che aveva applicato a (OMISSIS) la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di cui all’articolo 572 c.p., contestato alla (OMISSIS) per aver maltrattato gli alunni della sezione “cuccioli”, composta da bimbi di tre anni, a lei affidati in qualita’ di maestra della scuola dell’infanzia “(OMISSIS)”. Il Tribunale rilevava al riguardo la mancanza di gravita’ indiziaria derivante, quanto all’episodio del (OMISSIS), dalla mancata conferma da parte di altre testi oculari delle dichiarazioni al riguardo rese dall’operatrice scolastica (OMISSIS), la quale aveva riferito di aver visto nell’occasione la (OMISSIS) colpire ripetutamente con forti sculaccioni il bimbo (OMISSIS), e, quanto alle condotte contestate come commesse nel periodo dal (OMISSIS) al (OMISSIS), dal fatto che la durata complessiva dei sedici episodi in cui si sarebbero verificati i comportamenti contestati alla (OMISSIS) sarebbe pari a poco piu’ di un minuto, a fonte di videoriprese protrattesi per centinaia di ore, non evidenziandosi condotte violente o denotanti una particolare aggressivita’ da parte della stessa (OMISSIS), condotte tuttalpiu’ caratterizzate, talvolta, da un fare brusco, senza che fossero prodotti reliquati obiettivamente constatabili e venisse in luce una volonta’ persecutoria nei confronti dei minori. Il Tribunale osservava infine che, poiche’ il delitto di abuso dei mezzi di correzione di cui all’articolo 571 c.p., non consente l’adozione di alcuna misura cautelare, non risultava necessario in questa sede verificare se quanto contestato alla (OMISSIS) integrasse o meno detto reato.

2. Il p.m. ricorrente censura l’ordinanza impugnata lamentando:

a) Violazione dell’articolo 572 c.p., in relazione all’articolo 571 c.p., e vizi di motivazione, nonche’ errore di fatto in relazione all’episodio descritto al capo Al e alla ritenuta mancanza di conferma da parte delle insegnanti (OMISSIS) e (OMISSIS) delle dichiarazioni rese al riguardo dalla denunciante (OMISSIS), operatrice scolastica, la quale aveva riferito di aver visto nell’occasione contestata la (OMISSIS) colpire ripetutamente con forti sculaccioni il bimbo (OMISSIS). Il Tribunale avrebbe inoltre omesso di considerare le dichiarazioni rese a s.i.t. dai genitori dei bambini ed in particolare quelle della madre di (OMISSIS), alla quale il figlio aveva riferito a piu’ riprese, ed anche in momento antecedente all’esecuzione della misura cautelare de qua che la maestra (OMISSIS) lo colpiva con schiaffi dietro alla testa, con cio’ confermando le dichiarazioni della denunciante (OMISSIS).

b) Violazione dell’articolo 572 c.p., in relazione all’articolo 571 c.p., e vizi di motivazione, nonche’ errore di fatto in relazione alle condotte descritte al capo A2, invero risultanti da intercettazioni ambientali audio-video e consistenti in abituali comportamenti violenti e minacciosi della maestra (OMISSIS) nei confronti dei bambini affidati alle sue cure, come anche fatto palese dalle valutazioni espresse al riguardo dal consulente tecnico del p.m. dott.ssa (OMISSIS), secondo la quale “in taluni momenti l’abuso di comportamenti volti alla correzione educativa sfocia in pratiche connotate da un certo tipo di aggressivita’ violenta da parte dell’educatrice” che “possono creare nel bambino sentimenti di umiliazione che mal definiscono la costruzione di senso e il significato emotivo del bambino stesso”, particolarmente diseducativa e individuabile nella categoria dei maltrattamenti apparendo la pratica consistente nello strattonare i bambini e di alzarli da terra per dare perentorieta’ alle indicazioni educative.

3. In data 26.9.2016 e’ stata depositata nell’interesse di (OMISSIS) memoria difensiva con la quale si sostiene l’inammissibilita’ o comunque l’infondatezza del ricorso del pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato.

Va al riguardo premesso che in tema di rapporti tra il reato di abuso dei mezzi di correzione e quello di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, deve escludersi che l’intento educativo e correttivo dell’agente costituisca un elemento dirimente per far rientrare il sistematico ricorso ad atti di violenza commessi nei confronti di minori nella meno grave previsione di cui all’articolo 571 c.p.. Ne consegue che l’esercizio del potere di correzione al di fuori dei casi consentiti, o con mezzi di per se’ illeciti o contrari allo scopo, deve ritenersi escluso dalla predetta ipotesi di abuso e va inquadrato nell’ambito di diverse fattispecie incriminatrici. (Sez. 6, n. 45467 del 23/11/2010, Rv. 249216, in fattispecie nella quale e’ stata censurata la pronuncia di merito, ravvisando il delitto di maltrattamenti nei confronti dei bambini affidati ad un asilo).

L’abuso dei mezzi di correzione da parte di un insegnante e’ del resto sicuramente integrato non solo dall’uso di sanzioni corporali, vietato espressamente dal Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297, ma anche da qualunque condotta di coartazione fisica o morale che renda dolorose e mortificanti le relazioni tra l’insegnante e la classe o i singoli discenti attuata consapevolmente, foss’anche per finalita’ educative astrattamente accettabili (Sez. 6, n. 8314 del 25/06/1996, Rv. 206131).

Il termine correzione va infatti assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo e non puo’ ritenersi tale l’uso abituale della violenza a scopi educativi, sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignita’ delle persone, anche del minore, ormai soggetto titolare di specifici diritti e non piu’, come in passato, semplice oggetto di protezione, sia perche’ non puo’ perseguirsi quale meta educativa lo sviluppo armonico della personalita’ usando un mezzo violento che tale fine contraddice, conseguendo da cio’ che l’eccesso di mezzi di correzione violenti concretizza il reato di maltrattamenti di cui all’articolo 572 c.p., e non rientra nella fattispecie di cui all’articolo 571 c.p., neppure ove sostenuto da animus corrigendi (Sez. 6, 10.5.2012, Ciasca; Sez. 6, 2.5.2013, Banfi), poiche’ l’intenzione soggettiva non e’ idonea a far rientrare nella fattispecie meno grave una condotta oggettiva di abituali maltrattamenti, consistenti, in rimproveri anche per futili motivi, offese e minacce, violenze fisiche (Sez. 6, 14.6.2013, Giusa).

Va altresi’ ricordato che nel momento in cui e’ chiamato a verificare la persistenza del requisito della gravita’ degli indizi di colpevolezza, il Tribunale non puo’ procedere ad una valutazione parcellizzata dei vari dati probatori, ma secondo il consolidato insegnamento di questa Corte – deve verificare se l’insieme degli elementi sottoposti al proprio vaglio, coordinati ed apprezzati globalmente secondo logica comune, sia tale da assumere la valenza richiesta dall’articolo 273 c.p.p., (ex multis, Cass. Sez. 2, n. 9269 del 05/12/2012, Della Costa, Rv. 254871).

2. Di tali principi non ha fatto buon governo, nel caso di specie, il Tribunale del riesame di Bologna.

Ed invero, ed in primo luogo, erra il Tribunale nel ritenere mancante, quanto all’episodio descritto al capo A1, la conferma da parte delle insegnanti (OMISSIS) e (OMISSIS) delle dichiarazioni rese al riguardo dalla denunciante (OMISSIS), operatrice scolastica, che ha riferito di aver visto nell’occasione contestata la (OMISSIS) colpire ripetutamente con forti sculaccioni il bimbo (OMISSIS). Va infatti al proposito rilevato che le dichiarazioni di un teste oculare – cui non si applicano le regole dettate dall’articolo 192 c.p.p., comma 3, – possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di un fatto, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilita’ soggettiva del dichiarante e dell’attendibilita’ intrinseca del suo racconto.

Giova inoltre ricordare che in tema di valutazione di una pluralita’ di prove testimoniali concernenti un medesimo fatto, la valenza probatoria delle dichiarazioni non e’ compromessa dal fatto che una o piu’ circostanze siano riferite da alcuni testimoni e non da altri, se non a condizione che sia rigorosamente dimostrato che tutte le fonti orali, presenti in “loco criminis”, abbiano avuto la completa percezione del fatto nella interezza di tutti i segmenti dell’azione delittuosa (Sez. 1, n. 34473 del 27/05/2015, P.C. in proc. Bottigliero e altro, Rv. 264276).

Pertanto, in mancanza di una qualsivoglia valutazione critica della credibilita’ soggettiva della (OMISSIS) e dell’attendibilita’ intrinseca del suo dettagliato racconto tale non potendosi ritenere il semplice riferimento alle s.i.t. rese da dalle insegnanti (OMISSIS) e (OMISSIS), delle quali non si giustifica in alcun modo la completa percezione del fatto nella interezza di tutti i segmenti – non pare lecito dubitarsi della veridicita’ della ricostruzione di quel fatto offerta dalla stessa (OMISSIS), la quale ha fatto stato di aver visto nell’occasione contestata la (OMISSIS) colpire ripetutamente con forti sculaccioni il bimbo (OMISSIS). Tanto piu’ che anche le s.i.t. rese dalla (OMISSIS) riferiscono di un’ingiustificata reazione violenta della (OMISSIS) in danno del bambino, che per tale motivo piangeva, senza che la dichiarante conoscesse il motivo scatenante di quella reazione. Del resto utili alla valutazione della gravita’ del compendio indiziario relativo a quell’accaduto appaiono, alla stregua di quanto precede, le dichiarazioni rese a s.i.t. dai genitori dei bambini ed in particolare quelle della madre del piccolo (OMISSIS), alla quale il figlio aveva riferito a piu’ riprese, ed anche in momento antecedente all’esecuzione della misura cautelare de qua, che la maestra (OMISSIS) lo colpiva con schiaffi dietro alla testa.

3. Il Tribunale ha poi proceduto ad una valutazione illogica e parcellizzata dei vari dati probatori con riferimento alle condotte descritte al capo A2, risultanti da intercettazioni ambientali audio-video, e delle quali il giudice del riesame sottolinea in maniera del tutto incongrua il mero dato quantitativo della durata delle condotte incriminate, depurata dalle fasi precedenti, messo in relazione alla durata delle riprese, protrattasi per centinaia di ore.

L’inconsistenza di tale dato quantitativo rispetto alla corretta qualificazione giuridica dei fatti accertati si rivela evidente laddove il Tribunale, in maniera oggettivamente travisante (p. 11), derubrica a “critiche puntute e aspre riguardo le pratiche educative della prevenuta” che non giungono “all’individuazione di elementi da cui poter inferire che i minori hanno subito effettivamente dei maltrattamenti” le valutazioni espresse dal consulente tecnico del p.m. dott.ssa (OMISSIS), la quale, all’esito di un articolato esame dei comportamenti tenuti dalla maestra (OMISSIS) nei confronti dei bambini di tre anni affidati alle sue cure, conclude che “in taluni momenti l’abuso di comportamenti volti alla correzione educativa sfocia in pratiche connotate da un certo tipo di aggressivita’ violenta da parte dell’educatrice”, foriere di potenziale danno per lo sviluppo affettivo e la dignita’ del bambino, “particolarmente diseducativa e individuabile nella categoria dei maltrattamenti” apparendo la pratica consistente nello strattonare i bambini e di alzarli da terra per dare perentorieta’ alle indicazioni educative.

4. Gravemente viziato risulta dunque, dal punto di vista fattuale, logico e giuridico, il percorso argomentativo ad esito del quale il Tribunale del riesame e’ pervenuto a negare la gravita’ indiziaria del reato di maltrattamenti affermata nell’ordinanza genetica della misura cautelare originariamente applicata alla (OMISSIS) e ad ipotizzare l’eventuale sussistenza della diversa fattispecie di cui all’articolo 571 c.p., comma 1, pur a fronte di comportamenti non isolati, ma ripetuti nel tempo nei confronti di una pluralita’ di minori affidati alla propria cura, suscettibili di costituire risposte sproporzionate rispetto alle cause ed alle finalita’ perseguite, a causa dell’uso di metodi di natura fisica, psicologica e morale esorbitanti dai limiti del mero rinforzo della proibizione o del messaggio educativo, in ragione dell’arbitrarieta’ dei presupposti, dell’eccesso nella misura della risposta correttiva – anche tenuto conto della tenera eta’ delle persone offese -, nonche’ del non infrequente ricorso a condotte oggettivamente violente, quali gli strattonamenti, il fatto di alzare i bimbi in maniera brusca o gli schiaffi sulle mani.

Condotte queste che travalicano i limiti dell’uso dei mezzi di correzione, potendosi ritenere tali solo quelli per loro natura a cio’ deputati, che tendano cioe’ alla educazione della persona affidata alla propria cura e, quindi, allo sviluppo armonico della personalita’, sensibile ai valori della tolleranza e della pacifica convivenza, senza trasmodare nel ricorso sistematico a mezzi violenti che tali fini formativi contraddicono. Il Collegio non puo’ che ribadire che l’uso della violenza, quale ordinario trattamento del minore, anche li’ dove fosse sostenuto da “animus corrigendi”, non puo’ rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del piu’ grave delitto di maltrattamenti (Cass. Sez. 6, n. 36564 del 10/05/2012, C., Rv. 253463; Cass. Sez. 6, n. 4904 del 18/03/1996, C., Rv. 205033). Ed invero, affinche’ possa essere configurato il reato di abuso dei mezzi di correzione in luogo del reato di maltrattamenti, la risposta educativa dell’istituzione scolastica deve essere sempre proporzionata alla gravita’ del comportamento deviante dell’alunno e, in ogni caso, non puo’ mai consistere in trattamenti lesivi dell’incolumita’ fisica o afflittivi della personalita’ del minore (Cass. Sez. 6 del 14/06/2012, n. 34492, V.G., Rv. 253654). Ne’ l’intenzione dell’agente di agire esclusivamente per finalita’ educative e correttive costituisce un elemento dirimente per far rientrare il sistematico ricorso ad atti di violenza commessi nei confronti di minori nella meno grave previsione di cui all’articolo 571 c.p., anziche’ in quella dell’articolo 572 c.p. (Cass. Sez. 6, n. 45467 del 23/11/2010, P.G. in proc. C. e altri, Rv. 249216). Ed invero, l’intenzione soggettiva non e’ idonea a far entrare nell’ambito della fattispecie meno grave dell’articolo 571 c.p., cio’ che oggettivamente ne e’ escluso, in quanto il nesso tra mezzo e fine di correzione va valutato sul piano oggettivo, con riferimento al contesto culturale ed al complesso normativo fornito dall’ordinamento giuridico e non gia’ dalla intenzione dell’agente (Cass. Sez. 6, n. 4904 del 18/03/1996, C., Rv. 205034).

Alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario, in conclusione, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio degli atti al Tribunale di Bologna perche’, in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimita’, proceda a nuovo esame sui punti e profili critici segnalati, colmando – nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito – le indicate lacune e discrasie della motivazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bologna, in diversa composizione, per nuovo esame

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