Suprema Corte di Cassazione 

sezione VI

ordinanza del 2 agosto 2012, 13894

Fatto e diritto

Ritenuto che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il relatore nominato per l’esame del ricorso ha depositato la seguente relazione:

Osserva in fatto

Il (…) gli agenti della Polizia Provinciale di Ravenna procedevano alla immediata contestazione di contravvenzione al codice della strada (art. 142 cds), rilevata con telelaser nei confronti di B.C. al quale era contestato di avere transitato alla velocità di 94 Km/h alle ore 23,20 nel centro abitato di (…) superando il limite di velocità fissato in 50 Km/h.
Il verbale di contravvenzione era impugnato davanti al Giudice di Pace che con sentenza n. 3107/2006 rigettava l’opposizione.
La sentenza era appellata e il Tribunale di Ravenna con sentenza del 27/8/2010 accoglieva l’appello e annullava il verbale; il Tribunale rilevava:
– che il primo motivo di appello, relativo alla mancanza di revisione o di manutenzione periodica della strumento di rilevazione, era infondato non risultando, in concreto accertati difetti di funzionalità;
– che tuttavia l’appello doveva essere accolto in relazione alla censura di mancanza dello scontrino sul quale siano stampate la velocità e la distanza della rilevazione perché le risultanze della rilevazione mediante telelaser devono consistere in una materializzazione del dato rilevato dall’apparecchiatura e non in una mera visualizzazione sul display, mancando, in questo caso, traccia documentale.
La Provincia di Ravenna propone ricorso per cassazione affidato a due motivi; resiste con controricorso B.C.

Osserva in diritto

1. Con il primo motivo di ricorso, la Provincia ricorrente Ministero (la parola Ministero compare nella relazione per un refuso) denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 142 CdS comma 6 dell’art. 345 D.P.R. n. 495 del 1992, 2697 e 2700 c.c., art. 13 L. 689/1981 in quanto nelle menzionate disposizioni non è previsto che l’apparecchiatura destinata al rilevamento della velocità debba anche riprodurre documentalmente il dato rilevato.
2. Con il secondo motivo deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla mancata esplicitazione delle ragioni della ravvisata necessità della materializzazione del dato apparso sul display del telelaser in uno scontrino emesso dalla stessa apparecchiatura.
3. I due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto riassumibili nella censura della sentenza nella parte in cui ritiene necessario che la velocità rilevata dal telelaser sia documentata in uno scontrino emesso dalla macchina non reputandosi sufficiente la trascrizione del dato nel verbale da parte degli agenti accertatori.
I motivi sono manifestamente fondati e la motivazione censurata si pone in contrasto con la costante giurisprudenza di questa Corte.
L’art. 142 C.d.S., comma 6 stabilisce che per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultante di apparecchiature debitamente omologate, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento; l’art. 345 reg. esec. C.d.S., sotto la rubrica Apparecchiature e mezzi di accertamento della osservanza dei limiti di velocità, a sua volta, dispone, al primo comma, che Le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accettabile, tutelando la riservatezza dell’utente, al comma 2, che le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici e al comma 4, che per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S., e devono essere nella disponibilità degli stessi.
Queste disposizioni, quindi, prevedono che le apparecchiature elettroniche di controllo della velocità siano omologate, consentano di fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro e accettabile e siano utilizzate esclusivamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S..
Non è invece richiesto che esse siano anche munite di dispositivi in grado di assicurare una documentazione cartacea del dato rilevato e ciò non è richiesto non già per una lacuna normativa da integrare per via giurisprudenziale, ma per l’evidente e del tutto logica ragione che, essendo richiesta la presenza degli organi della polizia stradale, è a questi devoluto il compito di trascrivere materialmente il dato apparso sul display e immediatamente contestato al contravventore, nel verbale di accertamento. Occorre aggiungere, a conferma di quanto sopra, che la fonte primaria prescrive solo che le apparecchiature elettroniche possano costituire fonte di prova se debitamente omologate.
È la norma regolamentare, alla quale rinvia l’art. 142 C.d.S., comma 6, a stabilire quali siano i requisiti ai quali e subordinata l’omologazione delle apparecchiature elettroniche, e tra questi vi è quello che esse consentano di rilevare la velocità del veicolo in modo chiaro e accettabile; questo requisito presuppone unicamente la determinazione inequivoca della velocità e all’agente di polizia stradale è demandato il compito di individuare il veicolo sul quale effettuare il rilevamento della velocità.
Tale sistema non è stato abrogato dal D.L. n. 121 del 2002, art. 4, convertito nella L. n. 168 del 2002, che prescrive la documentazione della violazione mediante sistemi fotografici, di ripresa video ed analoghi, atti ad accertare, anche i tempi successivi, le modalità di realizzazione dell’infrazione, in quanto questa ultima normativa è diretta a regolare la diversa ed ulteriore ipotesi dell’accertamento dell’illecito in un momento successivo a quello della commissione dell’infrazione ed in assenza dell’agente, sulla base della documentazione fotografica e video (v. Cass., n. 1889 del 2008; Cass., n. 17754 del 2007; Cass., n. 3420 del 2009).
In applicazione di questi principi, questa stessa sezione ha già affermato il principio per il quale Non è richiesto da alcuna delle norme richiamate che dette apparecchiature siano anche munite di dispositivi in grado d’assicurare una documentazione, con modalità automatiche quali la ripresa dell’immagine visualizzata sul display (fotografia) o la riproduzione meccanica dei dati visualizzati (scontrino) dell’accertamento dell’infrazione, in quanto la fonte primaria prevede solo che le apparecchiature elettroniche possano costituire fonte di prova, se debitamente omologate (Cass. 8/1/2010 n. 171).
La violazione alle norme sulla velocità deve dunque ritenersi provata sulla base della verbalizzazione dei rilievi tratti dalle apparecchiature previste dal detto art. 142 C.d.S., e delle contestuali constatazioni personali degli agenti – constatazioni che, attenendo a dati obiettivi quali la lettura del display dello strumento e la rilevazione del numero della targa, non costituiscono percezioni sensoriali implicanti margini d’apprezzamento individuali – facendo infatti prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi e constatazioni.
D’altra parte, dall’esame della sentenza impugnata non risulta che l’opponente avesse dedotto e provato, o chiesto invano di provare, specifici clementi dai quali desumere un cattivo funzionamento dell’apparecchio utilizzato nella circostanza, o l’inesatto puntamento (circostanza formulata come mera ipotesi) donde doveva essere tratta la conclusione che le risultanze dell’accertamento compiuto con l’apparecchiatura elettronica non erano state vinte da prova contraria (cfr. Cass., n. 3240 del 2009 cit. ; Cass., n. 16458 del 2006; Cass., n. 10212 del 2005).
In difetto di tale allegazione e dimostrazione, si deve concludere che l’accertamento dell’infrazione è valido e legittimo, in quanto, da un lato, l’apparecchiatura utilizzata, telelaser, consente la visualizzazione sul display della velocità rilevata, dall’altro, la riferibilità di detta velocità ad un veicolo determinato discende dall’operazione di puntamento e, quindi, d’identificazione del veicolo stesso effettuata dall’agente di polizia stradale che ha in uso l’apparecchiatura in questione e al quale è affidata l’attestazione mediante verbalizzazione, assistita da fede privilegiata fino a querela di falso, della riferibilità della velocità al veicolo individuato mediante l’apparecchio (cfr. Cass. 28/1/2008 n. 1889).
La tesi del contro ricorrente per la quale la dizione dell’art. 345 reg. escc. C.d.S., nel suo riferimento al rilevamento in modo chiaro e accettabile implicherebbe la necessità che l’apparecchiatura elettronica fornisca anche prova documentale, automatica (scontrino) della velocità rilevata è priva di qualsiasi fondamento: premesso che, come detto, nessuna norma prevede tale modalità operativa, il ritenere comunque necessario il documento emesso dall’apparecchiatura sarebbe pure contrario alla regola per la quale si accorda fede privilegiata a quanto, nel verbale il pubblico ufficiale attesta essere avvenuto in sua presenza (art. 2700 c.c.); in questo caso il pubblico ufficiale attesta in verbale di avere letto il dato relativo alla velocità e la fede privilegiata assiste tutte le circostanze inerenti la violazione accertata (cfr. ex multis e da ultimo Cass. 12/1/2012 n. 339 Ord); è infatti ius receptum che in tema di opposizione a provvedimento irrogativo della sanzione amministrativa e di opposizione diretta, in sede giurisdizionale, avverso il verbale di accertamento per violazioni al codice della strada e con riferimento all’ammissibilità della contestazione e della prova nei relativi giudizi, non può essere dato rilievo alla negazione di circostanze di fatto della violazione attestate nel verbale come percepite direttamente ed immediatamente dal pubblico ufficiale ed alla possibilità o probabilità di un errore nella loro percezione (che devono essere necessariamente confutate, ove contestate, con l’apposito rimedio della querela di falso), ma esclusivamente a circostanze che esulano dall’accertamento (cfr. ex multis Cass. 2/2/2011 n. 2434).
3. In conclusione, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c. per essere accolto in considerazione della manifesta fondatezza con annullamento dell’impugnata sentenza senza rinvio non risultando proposti o comunque coltivati nelle fasi di merito ulteriori specifici motivi di contestazione”.
Considerato che il ricorso è stato fissato per l’esame in camera di consiglio, che sono state effettuate le comunicazioni alle parti costituite e la comunicazione al P.G..
Considerato che il collegio ha condiviso e fatto proprie le argomentazioni e la proposta del relatore e pertanto il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendosi nel merito, deve essere rigettato l’appello e confermata la sentenza che ha rigettato l’opposizione alla sanzione amministrativa; che le spese del giudizio di appello e di questo giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza di B.C. .

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello e condanna l’opponente a pagare alla Provincia di Ravenna le spese che liquida in Euro 600,00 per il giudizio di appello e in Euro 600,00 oltre 200,00 per esborsi per questo giudizio di cassazione, oltre spese generali e accessori di legge.

Depositata in Cancelleria il 02.08.2012

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