SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI
ordinanza 9 ottobre 2015, n. 20313
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
sul ricorso 17665/2014 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUTEZIA 8, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ROSI, rappresentata e difesa dall’avvocato DI BATTISTA Alessandro giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
D.C.M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSENZA 8, presso lo studio dell’avvocato A. STRATA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELOZZI Alessandro giusta procura in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 243/2014 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO, depositata il 17/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
1. E’ stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis c.p.c.:
“1. M.G. querelò D.C.M.P., la quale però venne assolta dal reato contestatole.
D.C.M.P., dopo l’assoluzione, convenne in giudizio la querelante M.G., chiedendone la condanna al risarcimento del danno procuratole per effetto della querela e del conseguente processo penale.
Tra i danni di cui chiese il risarcimento indicò anche le spese sostenute per la difesa dinanzi al giudice penale.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, confermando la sentenza del Giudice di Pace della stessa città, accolse la domanda.
2. ha sentenza è ora impugnata per cassazione da M. G., la quale lamenta che competente a condannare il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputato assolto è solo il giudice penale.
3. Il ricorso è manifestamente fondato, alla luce del principio già affermato da questa Corte, secondo cui “la condanna del querelante alla rifusione delle spese sostenute dal querelato deve essere richiesta davanti al giudice del procedimento penale ed e obbligatorio provvedervi solo quando ne sia fatta domanda” (Sez. 3, Sentenza n. 1748 del 08/02/2012, Rv. 621685; nello stesso senso, sia pure con riferimento al previgente art. 382 c.p.p. del 1930, si veda anche Sez. 3, Sentenza n. 2070 del 23/05/1975, Rv. 375798, nonchè, sia pure in diversa fattispecie, Sez. 3, Sentenza n. 21267 del 10/10/2007, Rv. 599699).
4. Si propone pertanto l’accoglimento del ricorso, e la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata.
2. Ambedue le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
3. Il Collegio condivide la relazione appena trascritta, con le precisazioni che seguono.
4. Il Tribunale di Ascoli Piceno non ha negato, in linea di principio, che competente a provvedere sulla domanda di rifusione delle spese giudiziali sostenute in sede penale dal querelato assolto fosse il giudice penale. Ha, tuttavia, ritenuto che nel caso di specie D.C.M.P. avesse formulato non una domanda di rifusione delle spese giudiziali penali, ma una domanda di risarcimento del danno derivato dalla infondata querela proposta da M.G.: domanda per la quale la legge non prevede alcuna competenza funzionale del giudice penale.
La stessa sentenza, nondimeno, da conto che il danno del quale l’attrice aveva chiesto il risarcimento si componeva – nella prospettazione attorea – di due pregiudizi:
– uno patrimoniale, rappresentato dall’esborso sostenuto per la difesa dinanzi al giudice penale;
– l’altro non patrimoniale, rappresentato dalla sofferenza morale.
Il Tribunale ha ritenuto non sussistente il secondo pregiudizio, e condannato M.G. al risarcimento del secondo.
5. Così decidendo, il Tribunale è effettivamente incorso nel vizio denunciato nel ricorso. Tale errore è consistito nel qualificare come “danno”, ai sensi dell’art. 2043 c.c., l’onere economico sostenuto dalla persona querelata per affrontare il giudizio penale.
Tale spesa, infatti, costituisce un “danno” in senso economico, non in senso giuridico. Le spese processuali, tra tutte le conseguenze pregiudizievoli di un fatto illecito o d’un inadempimento, sono le uniche cui la legge riserva una disciplina particolare, negli artt. 91 e 92 c.p.c.. Pertanto assoggettare alla medesima disciplina il diritto al risarcimento del danno e quello alla rifusione delle spese giudiziali significherebbe di fatto abrogare le norme che regolano la competenza a provvedere sulle spese, ed i criteri della loro liquidazione o compensazione. Del resto, a dimostrare l’insostenibilità della statuizione del Tribunale basta la considerazione che, se fosse corretta, sinanche le spese del processo civile potrebbero essere dalla parte vittoriosa qualificate come “danno”, e domandate in un giudizio separato rispetto a quello nel quale furono affrontate.
6. Stabilito dunque che le spese processuali, anche se sostenute per affrontare un giudizio provocato da un fatto illecito, restano soggette alla disciplina loro propria, va affermato il principio secondo cui le spese sostenute dal querelato per difendersi in sede penale è devoluta alla competenza funzionale del giudice penale, per le ragioni già indicate nella relazione stessa.
7. Non convincenti, invece, appaiono le deduzioni svolte al riguardo dalla ricorrente nella propria memoria, nella quale si sostiene che:
(a) il querelato, quando non domandi nel giudizio penale la condanna del querelante alla rifusione delle spese, non perde la facoltà di domandarne la rifusione in un nuovo e separato giudizio civile, e tanto si desumerebbe dall’art. 427 c.p.p., comma 2;
(b) in ogni caso D.C.M.P. nel presente giudizio ha formulato una domanda di risarcimento del danno aquiliano ex art. 2043 c.c., domanda la quale – così parrebbe doversi intendere la sintetica formulazione di cui a p. 2 della memoria – sfugge alle previsioni di cui all’art 427 c.p.p..
7.1. In merito alla deduzioni sub (a), va ribadito che titolare del potere di provvedere alla regolazione delle spese del processo è, per competenza funzionale, il giudice dinanzi al quale quel processo si è celebrato.
Questo principio è pacifico e consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ed è stato applicato sia in tema di spese processuali in senso stretto, sia in tema di risarcimento del danno per responsabilità aggravata ex art 96 c.p.c. (ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 8239 del 24/05/2003, Rv. 563527; Sez. 3, Sentenza n. 1525 del 05/03/1984, Rv. 433612).
Emblematica, in tal senso, è la fattispecie concreta decisa da Cass. 1748/12, già ricordata al par.1: anche in quel caso una persona querelata per diffamazione ed assolta, aveva chiesto al giudice civile la rifusione delle spese sostenute per la difesa in sede penale ed il risarcimento del danno.
Il giudice di merito dichiarò tuttavia “inammissibile” quella domanda; e questa Corte, con la sentenza appena ricordata, confermò tale decisione, osservando che la condanna del querelante va chiesta al giudice penale, il quale è funzionalmente competente a provvedere su essa. Se non venga richiesta a quel giudice, non potrà essere richiesta al giudice civile in un separato giudizio.
7.2. In merito, invece, alla deduzione sub (b) vale quanto già detto al par.5: ovvero che non basta qualificare una domanda di rifusione delle spese giudiziali come “risarcimento del danno”, per sottrarla alla disciplina sua propria, ed alla competenza funzionale del giudice del processo nel quale quelle spese furono sostenute.
8. La ritenuta erroneità della sentenza impugnata non impone, tuttavia, una cassazione di essa con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno. Infatti è possibile decidere questo giudizio nel merito senza la necessità di ulteriori accertamenti di fatto: ovvero rigettare la domanda di rifusione delle spese processuali penali, formulata da D.C.M.P. nei confronti di M. G., per essere stata rivolta ad un giudice incompetente.
9. L’esito alterno della lite; l’oggettiva esiguità dell’oggetto del contendere; la circostanza che M.G., dopo avere proposto una querela rivelatasi infondata, sia riuscita ad evitare il pagamento delle spese processuali penali solo a causa di una evidente dimenticanza del difensore della persona querelata, costituiscono tutte insieme gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per compensare interamente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
LA CORTE DI CASSAZIONE visto l’art. 380 c.p.c.:
-) accoglie il ricorso;
-) cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di rifusione delle spese processuali penali proposta da D. C.M.P. nei confronti di M.G.;
-) compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, il 9 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2015.
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