Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  9 marzo 2015, n. 4663

Svolgimento del processo

È stata depositata la seguente relazione:
«1. A.B. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Cagliari, il Comune di quella città, chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti ad una caduta verificatasi in ora notturna e dovuta alla presenza di una buca priva di segnalazione sul manto stradale. Si costituì il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda, condannando l’attrice al pagamento delle spese di lite.
2. Proposto appello dalla soccombente, la Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 19 giugno 2013, ha respinto il gravame, confermando la pronuncia di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza d’appello ricorre A.B. con atto affidato ad un solo motivo.
Resiste il Comune di Cagliari con controricorso.
4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. L’unico motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., è privo di fondamento. La sentenza impugnata, infatti, ha accuratamente ricostruito le modalità di quanto accaduto, ponendo in evidenza che la B. conosceva molto bene il luogo della caduta, che la mancanza di pavimentazione era ben visibile nonostante l’ora notturna e che la stessa, in considerazione della sua età (40 anni), avrebbe potuto facilmente spostarsi aggirando il pericolo.
La Corte d’appello, quindi, pur avendo fatto applicazione dell’art. 2051 cod. civ., ha attribuito la responsabilità del fatto dannoso ad esclusiva colpa della B. riconducibile alla sua disattenzione nella circostanza della caduta, tale da integrare gli estremi del caso fortuito. E poiché la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto che, ai fini di cui all’art. 2051 cod. civ., il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, la sentenza impugnata va esente dalla prospettata censura, che si risolve nel tentativo di ottenere da questa Corte un nuovo e non consentito esame del merito. 6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato».

Motivi della decisione

  1. Non sono state presentate memorie alla precedente relazione.
    A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
    A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in conformità al d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
    Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso

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