assegno divorzile

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 9 gennaio 2014, n. 304

Fatto e diritto

In un procedimento di divorzio tra P.G. e S.S. , la Corte d’Appello di Ancona, con sentenza in data 13 maggio 2011 i confermava la sentenza del Tribunale di Macerata, che determinava in Euro. 270,00 l’assegno in favore della moglie.
Ricorre per cassazione il marito.
Non ha svolto attività difensiva la moglie.
Non si ravvisano violazioni di legge.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. N. 2156 del 2010).
In sostanza il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.
Il giudice a quo esamina la posizione economica dei coniugi durante la convivenza matrimoniale e nella attualità, ravvisando una notevole disparità a favore del marito (professore universitario ancora in servizio) rispetto alla moglie (funzionario presso la biblioteca universitaria, poi pensionata). Da atto la sentenza impugnata che la casa coniugale e un piccolo appartamento attiguo sono abitati dall’odierna intimata, usufruttuaria, e dai figli maggiorenni, ma non autosufficienti economicamente, nudi proprietari. Va precisato che, semmai, tale circostanza potrebbe incidere sul quantum ma non sull’an dell’assegno; di essa tiene conto il giudice a quo, insieme peraltro ad altri profili: la notevole durata del matrimonio, la cura della famiglia e dei figli da parte della moglie e l’attuale contributo al loro mantenimento. Ancora, viene evidenziato il contributo della moglie allo sviluppo dell’attività professionale del marito e al miglioramento della situazione economico-finanziaria della famiglia.
Tenuti quindi presenti i diversi profili suindicati, la sentenza impugnata determina l’assegno in un importo, come essa precisa, “assolutamente contenuto”. In tal senso si giustifica la reiezione dell’istanza di CTU per accertare il valore dell’usufrutto della moglie, così come l’acquisizione di specifiche informazioni sul suo TFR (precisa, a tal riguardo, il giudice a quo che tale trattamento non sarebbe comunque idoneo a colmare la notevole divergenza tra i redditi dei coniugi o a rendere la moglie in grado di mantenere un tenore di vita analogo a quello in costanza di matrimonio). Dal contesto motivazionale emerge, seppur per implicito, che la notevole disparità di posizioni economiche dei coniugi e il limitato importo dell’assegno, escludevano la rilevanza di ulteriori riduzioni di reddito del marito, del resto temporanee (in particolare ratei di mutuo contratto dal marito stesso).
Va pertanto rigettato il ricorso.
Nulla sulle spese non essendosi costituita la controparte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 settembre 2013 – 9 gennaio 2014, n. 305
Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti

Fatto e diritto

In un procedimento di divorzio tra A.G. e AL.Ti. , la Corte d’Appello di Venezia con sentenza in data 13/12/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Venezia, che determinava in Euro. 100,00 l’assegno in favore della moglie.
Ricorre per cassazione il marito.
Resiste con controricorso la moglie.
Il ricorrente ha depositato memoria per l’udienza.
Non si ravvisano violazioni di legge.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. N. 2156 del 2010).
In sostanza il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.
Va precisato che il regime di separazione non vincola quello di divorzio, trattandosi di rapporti distinti ed autonomi (Cass. N. 18433 del 2010).
Evidenzia il giudice a quo la disparità di trattamento economico tra le parti, a favore del marito, avendo la moglie ottenuto soltanto incarichi di insegnamento a tempo determinato. La capacità lavorativa va considerata, con riferimento alle concrete possibilità del soggetto, in relazione ad alcuni specifici parametri, quali l’età, il titolo di studio, l’esperienza lavorativa, e la situazione economica generale, in oggi particolarmente negativa. Lo stesso importo dell’assegno determinato (Euro. 100,00 mensili) fa comprendere che comunque il giudice a quo ha tenuto conto dell’attività, seppur precaria, svolta dalla moglie e della non lunga durata del matrimonio. Si tratta, all’evidenza, di un parzialissimo contributo/che potrebbe venir meno, attraverso una procedura di modifica delle condizioni di divorzio, ove la moglie ottenesse una stabile attività lavorativa.
Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 1.200,00 per compensi Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *