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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  6 ottobre 2014, n. 21010

Fatto e diritto

In un procedimento di divorzio tra L.L. e B.M. o M.A., la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 06/06/2011, in parziale riforma della sentenza dei Tribunale di Brescia del 24/11/2010, riduceva l’assegno a carico del marito in favore della moglie, originariamente di €. 3.500,00 mensili, di €. 1.000,00, fino a che la moglie non lasciasse la casa coniugale.
Propone due ricorsi per cassazione il marito.
Resiste con due controricorsi la moglie, in uno dei quali propone ricorso incidentale.
Vanno riuniti tutti i ricorsi avverso la medesima sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., che per un evidente disguido di cancelleria, è stata registrata con due nn. diversi (662 e 669/11).
Non si ravvisano violazioni di legge.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. n. 2156 del 2010).
In sostanza i ricorrenti, nelle loro difese, propongono profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.
Quanto ai ricorsi del L., il giudice a quo precisa che la moglie ha dedicato molti anni alla cura dei cinque figli e ha collaborato con il marito alla gestione dell’opificio di cui questi è titolare; cessata la convivenza, ha ripreso l’attività di insegnante elementare, con un reddito annuo di euro 19.000,00 lordi e, a causa dei pochi anni di attività, non potrà godere di pensione adeguata. E’ proprietaria di un appartamento, e dovrà trovarsi una nuova abitazione, lasciando la casa coniugale, di proprietà del marito, in quanto i figli sono ormai maggiorenni ed autosufficienti economicamente. Secondo il giudice a quo, il marito ha un imponente patrimonio immobiliare da cui ricava notevoli redditi di locazione, è titolare di proventi di pensione e della torrefazione C. H. a M. del G., impresa con vari dipendenti e collaboratori esterni e con notevole patrimonio e reddito potenziale.
Evidenziata la notevole disparità di trattamento, la sentenza impugnata richiama comunque il concreto tenore di vita della famiglia, durante la convivenza matrimoniale ( la moglie disponeva per le spese ordinarie di circa 600 – 700 mila lire settimanali ) e la famiglia disponeva di un ampio parco macchine.
Va dato atto che il giudice a quo, nella determinazione dell’assegno, tiene pure conto del carico di un altro figlio minore.
Il ricorrente contesta le argomentazioni puntuali e circostanziate della sentenza in modo talora generico, e introducendo, come si diceva, elementi di fatto, con riferimento alle prove testimoniali e all’espletata consulenza tecnica, insuscettibili di controllo in questa sede.
Quanto alla decorrenza dell’assegno, oggetto del ricorso incidentale della moglie, come è noto, esso di regola va disposto dalla sentenza, ma il giudice, con potere discrezionale, sorretto da adeguata motivazione, può anticipare la decorrenza fino alla domanda. Nella specie, la Corte di merito, con motivazione congrua e non illogica, giustifica la decorrenza dalla sentenza, con l’accrescimento delle disponibilità economiche del marito nel corso degli anni e con il godimento da parte della moglie della casa coniugale di proprietà esclusiva del marito. Non si ravvisa contraddizione con il fatto che la stessa Corte precisi che, già durante la convivenza matrimoniale, il marito aveva un reddito elevato.
Vanno rigettati tutti i ricorsi.
Il tenore della decisione richiede la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese del presente giudizio tra le parti.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

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