Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 4 febbraio 2014, n. 2364
Fatto e diritto
Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex artt. 377 e 380 bis cod. proc. civ., in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 22916 del 2012.
“La Corte d’Appello dell’Aquila respingeva il reclamo proposto ex art. 720 bis cpc da L.D.F. e (+Altri) contro il provvedimento del Tribunale di Sulmona, in funzione di giudice tutelare, con il quale era stata disposta l’amministrazione di sostegno in favore di R.A. (coniuge di L.D. e padre o nonno degli altri ricorrenti) e affidato l’incarico di amministrazione di sostegno all’avv. C.G. . Il giudice di secondo grado, valutato il materiale probatorio assunto nel precedente grado di giudizio, rilevava che R.A. , affetto da ipoacusia, da difficoltà nell’articolazione della parola e da sindrome parkinsoniana, era privo di qualsiasi autonomia, dipendendo per tutti gli incombenti quotidiani (acquisti, alimentazione, igiene personale) e amministrativi (ritiro della pensione, contatti con le banche e con gli uffici pubblici) dai propri familiari. Si precisava che tali patologie incidevano gravemente sulla capacità dello stesso soggetto di orientarsi nel tempo e nello spazio e di relazionarsi con persone estranee ai suoi parenti, con i quali la comunicazione era possibile solo grazie alla grande pazienza da loro mostrata. Si riteneva pertanto che non potesse essere condivisa la richiesta dei reclamanti di revocare la misura protettiva dell’amministrazione di sostegno e che non potesse trovare accoglimento neanche quella di nominare amministratore di sostegno il figlio E. , a causa della violenta contrapposizione esistente tra i membri della famiglia, perdurata per tutto il tempo del giudizio e culminata in denunce penali.
Avverso tale pronuncia L.D.F. e (+Altri) hanno proposto ricorso per cassazione affidandosi ad un unico motivo, nel quale è stata denunciata la violazione degli artt. 404 ss. cod. civ. e 116 cod. proc. civ., nonché il vizio di motivazione, dal momento che la corte territoriale, pur facendone richiamo nel provvedimento impugnato, non avrebbe esaminato la documentazione sanitaria offerta dai reclamanti e ne avrebbe travisato il contenuto. Hanno sostenuto i ricorrenti che dalle relazioni e dai certificati dei medici specialisti, acquisiti agli atti del procedimento sin dal giudizio di primo grado, emergerebbe che, nonostante i problemi di salute, R.A. sarebbe pienamente capace di intendere e di volere, potendo assumere in piena libertà le decisioni inerenti la gestione del suo patrimonio. La Corte territoriale avrebbe posto a fondamento dell’adozione della misura dell’amministrazione di sostegno la semplice presenza di malattie fisiche nel beneficiario, trascurando il fatto che le sue facoltà intellettive non erano state compromesse e che tutti i parenti (ad eccezione del figlio D. , che aveva promosso diverse azioni giudiziarie contro il padre) avevano contestato il provvedimento assunto in primis dal Tribunale e poi confermato dalla Corte d’Appello. I ricorrenti hanno inoltre contestato la nomina quale amministratore di una persona estranea alla famiglia, anziché del figlio E. , essendo state disattese le risultanze istruttorie ed in particolare la relazione sociale del 19 settembre 2011 dell’assistente M.M. , nella quale era stata esclusa l’esistenza di situazioni di emergenza socio assistenziale, risultando il soggetto interessato adeguatamente assistito nelle sue esigenze.
Ha resistito con controricorso R.D. , chiedendo il rigetto delle pretese avversarie.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, poiché si cerca di indurre questa Corte ad un sostanziale riesame del materiale probatorio raccolto nei precedenti giudizi, non consentito al giudice di legittimità, il quale ha la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito (ex multis Cass. nn. 23726 del 2009; 15693 del 2004; 2357 del 2004; 12467 del 2003; 16063 del 2003). L’art. 404 cod. civ., introdotto dalla legge n. 6 del 2004, prevede che “la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio“. Tale misura protettiva si compone di un duplice accertamento rimesso al giudice del merito (Cass. 2006/13584; Cass. 2009/9628; Cass. 2010/4866; Cass. 2011/22332), il primo concernente la sussistenza di una infermità o di una menomazione fisica o psichica (requisito soggettivo) e il secondo riguardante l’incidenza di tali condizioni sulla capacità del soggetto di provvedere ai propri interessi (requisito oggettivo). La Corte d’Appello, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, ha preso in considerazione la documentazione medico-sanitaria menzionata nel presente ricorso per cassazione, richiamandola espressamente nel provvedimento impugnato. Il giudice del reclamo ha infatti precisato che le gravi difficoltà di R. a relazionarsi con gli altri risultavano anche dai certificati prodotti dai reclamanti per sostenere la piena capacità di intendere e di volere del soggetto beneficiario. La decisione quindi non è stata assunta sulla sola base dell’accertata infermità fisica, ma sulla incidenza di questa ultima sull’idoneità del soggetto a gestire i propri interessi, tenuto conto della complessiva condizione psico-fisica del soggetto da assistere e di tutte le circostanze caratterizzanti la fattispecie.
In conclusione, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile”.
Il Collegio condivide la relazione osservando in ordine alla memoria depositata dalla parte ricorrente che anche la censura relativa alla nomina come amministratore di sostegno di una persona diversa da uno dei familiari si traduce in una contestazione delle ragioni di merito della scelta e nella prospettazione di una valutazione alternativa a quella incensurabilmente eseguita con ampia ed esauriente motivazione dal giudice nel provvedimento impugnato, nel quale è sottolineato il clima di contrasto endofamiliare dal quale è scaturita l’opzione per un terzo estraneo; Il ricorso, in conclusione deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente procedimento in favore della parte contro ricorrente liquidate in Euro 1000 per compensi; e 100 per esborsi oltre accessori di legge.
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