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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 30 ottobre 2013, n. 24502

Premesso in fatto

È stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1.- Con la decisione impugnata la Corte d’Appello di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da D.S. avverso la sentenza del Tribunale di Venezia che aveva dichiarato la simulazione assoluta del contratto di locazione stipulato tra C.R. e S..D. , ad istanza della Banca Santo Stefano Credito Cooperativo di Martellago ed aveva condannato le convenute al risarcimento dei danni ed al pagamento delle spese di lite in favore dell’istituto di credito. La Corte d’Appello ha ritenuto tardivo il gravame perché proposto oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza effettuata presso il procuratore domiciliatario della D. , a mani del Dott. Ca.Ma. , qualificatosi addetto allo studio. Ha ritenuto assorbito l’appello incidentale condizionato.
2.- Il ricorso è affidato ad un unico articolato motivo col quale si denuncia violazione, falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2697 cod. civ. e 434 cod. proc. civ.), nonché omessa motivazione in punto di sussistenza di un rapporto professionale tra il destinatario della notifica ed il soggetto che l’ha materialmente ricevuta. Resiste con controricorso l’istituto di credito intimato.
La ricorrente deduce che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto di due documenti prodotti in giudizio (certificato di residenza del Dott. Ca. e scheda personale tratta dal sito internet del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Perugia), da cui sarebbe emerso che l’unico studio del Dott. Ca. fosse in Perugia: ciò sarebbe in contraddizione con quanto affermato dalla sentenza circa la collaborazione del Dott. Ca. con l’avv. P. in XXXXXXX e la motivazione sul punto sarebbe stata omessa.
Svolge quindi ulteriori argomenti volti a dimostrare l’illogicità della motivazione nella parte in cui si è avvalsa dell’annuncio pubblicitario da cui risultava che Ma..Ca. svolgesse la sua attività presso lo studio legale dell’avv. P.A. , per essere il documento riferito ad un periodo di tempo successivo a quello in cui si ebbe la notificazione in contestazione. Sostiene quindi che l’onere della prova sarebbe stato ribaltato a carico dell’appellante, laddove si sarebbe dovuto porre a carico dell’appellata e, comunque, che l’appellante medesima avrebbe contestato l’esistenza del rapporto di collaborazione tra il Dott. Ca. e l’avv. P. .
2.1.- Il motivo è infondato per la parte in cui denuncia il vizio di violazione di legge ed inammissibile per la parte in cui denuncia vizi della motivazione. Quanto al primo, risultando dalla relazione di notificazione un rapporto di collaborazione del Dott. Ca. , ricevente l’atto notificando, quale persona addetta allo studio/ufficio/sede incaricata a ricevere gli atti di notificazione, e l’avv. P. , destinatario, secondo l’attestazione dell’ufficiale giudiziario, gravava sull’appellante la prova volta a smentire tale attestazione e la relativa dichiarazione.
Infatti, va ribadito che, in tema di notificazione ai sensi dell’art. 139 cod. proc. civ., grava sul destinatario della notificazione, che contesti la veridicità delle dichiarazioni circa la qualità di addetto all’ufficio o incaricato o abilitato a ritirare l’atto rese all’ufficiale giudiziario e da questi attestate nella relazione di notificazione, l’onere di provare l’inesistenza della qualità dichiarata da colui che ha preso in consegna l’atto da notificare (cfr. Cass. n. 16164/03, n. 7827/05, n. 23028/06).
2.2.- Quanto al vizio di motivazione, va tenuto presente il principio per il quale, ai fini della configurabilità del vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario che il mancato esame di elementi probatori contrastanti con quelli posti a fondamento della pronuncia sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle risultanze sulle quali il convincimento del giudice è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base, ovvero che si tratti di un documento idoneo a fornire la prova di un fatto costitutivo, modificativo o estintivo del rapporto giuridico in contestazione, e perciò tale che, se tenuto presente dal giudice, avrebbe potuto determinare una decisione diversa da quella adottata (cfr. così Cass. n. 14304/2005, ma nello stesso senso, tra molte, anche Cass. n. 10156/2004, n. 5473/2006, n. 21249/2006, n. 9245/2007).
In sintesi, è necessario che il ricorrente dimostri che il documento, del quale denuncia l’omesso esame, offra la prova di circostanze di portata tale da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito (cfr., di recente, Cass. n. 5377/11).
Orbene, anche a voler prescindere dai profili di inammissibilità rilevati nel controricorso (non essere stati i documenti trascritti in ricorso, né essere stato indicato quando sarebbero stati prodotti e dove sarebbero rinvenibili), nessuno dei due documenti richiamati dalla ricorrente fornisce la prova di una o più circostanze che, se espressamente considerate, avrebbero condotto con certezza ad una diversa soluzione della controversia (essendo la residenza di un professionista in un dato luogo e la collocazione di un suo studio professionale in tale luogo non incompatibili, di per sé, con la collaborazione con altro studio professionale, come ritenuto dalla Corte).
Quanto alla motivazione fornita dalla Corte, essa è congrua e logica, non avendo carattere decisivo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’incongruenza temporale su cui si insiste in ricorso e risultando quest’ultimo come volto a sollecitare una nuova valutazione di questa Corte sui documenti già apprezzati dal giudice di merito. Sotto entrambi i profili il motivo è inammissibile.
In conclusione, in coerenza con i principi espressi dai precedenti richiamati nel controricorso (cfr. Cass. n. 11889/90, n. 11644/92 e n. 239/07), va affermato che, poiché, ai fini della validità della notificazione effettuata ai sensi dell’art. 139 cod. proc. civ. presso l’ufficio del destinatario, occorre che la copia dell’atto da notificare sia consegnata dall’ufficiale giudiziario a persona addetta all’ufficio o che comunque dichiari di essere addetta all’ufficio o abilitata o incaricata a ritirare l’atto, non è nulla la notificazione della sentenza al procuratore domiciliatario mediante consegna di copia ad un praticante avvocato, abilitato al patrocinio, nella qualità di persona addetta allo studio/ufficio/sede incaricata a ricevere gli atti di notificazione, anche se iscritto al Registro dei Praticanti avvocati di ordine diverso da quello di appartenenza del procuratore domiciliatario. Spetta al destinatario della notificazione dimostrare l’inesistenza di qualsivoglia relazione di collaborazione professionale e la casualità della presenza del consegnatario presso lo studio del procuratore destinatario della notificazione (cfr. Cass. ord. n. 332/96, e, da ultimo, Cass. n. 28895/11).
Dato quanto sopra, si propone il rigetto del ricorso”.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori.
Non sono state presentate conclusioni scritte.

Ritenuto in diritto

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio, condividendo i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione, ha inteso ribadire il principio di diritto in questa enunciato.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nell’importo di Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

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