CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  3 marzo 2014, n. 4892

Svolgimento del processo

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Liguria n. 64/06/10, depositata il 14 giugno 2010, con la quale essa, in sede di giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione, rigettava l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, sicché l’opposizione di G.M., relativa all’avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro per la successione di M.P. M., veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che i tre fabbricati erano da considerare di carattere rurale, e quindi la valutazione automatica dei terreni sui quali essi insistevano, costituendone pertinenze, veniva applicata correttamente. M. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

2. Con entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione, la ricorrente deduce violazione di norme di legge, e vizio di omessa motivazione, in quanto la CTR non esplicitava compiutamente le ragioni, per le quali riteneva che i fabbricati avessero il carattere pertinenziale, e quindi rurale, col solo richiamare la sentenza del giudice di prime cure, non considerando in particolare che per la pertinenzialità occorre anche il requisito che i proventi della coltivazione, per chi coltiva il fondo e abita nel fabbricato, devono superare la metà del suo reddito complessivo.
I motivi sono fondati. Invero, com’è noto, il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunciabile in cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., ricorre, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 23296 del 18/11/2010, n. 27162 del 2009). Si rileva inoltre che in tema di imposta sulle successioni, il vincolo di pertinenzialità che qualifica la “ruralità” dei fabbricati a fini fiscali e, segnatamente, a quelli della tassazione di registro e sulle successioni secondo il più favorevole criterio del “valore automatico” di cui all’art. 8 legge n. 880 del 1986, va ricondotto alla nozione di pertinenza fornita, in via generale, dall’art. 817 cod. civ. secondo cui “sono pertinenze le cose destinate in modo durevole al servizio o ad ornamento di un’altra cosa”. Ne deriva, dunque, che l’effettiva e concreta destinazione della cosa al servizio ed ornamento dell’altra debba essere considerata una relazione implicante oltre che aspetti oggettivi anche aspetti soggettivi, riferibili alla volontà dell’avente diritto, e non può essere di per sé esclusa dalla sola ricorrenza di circostanze di rilievo eminentemente formale, quali la distinta iscrizione in catasto della pertinenza o l’autonoma indicazione dei fabbricati nella denunzia di successione (V. pure Cass. Sentenze n. 24545 del 26/11/2007, n. 24152 del 2004). Del resto ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica di cui all’art. 52, comma quarto, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il carattere rurale delle costruzioni o porzioni di costruzioni, nonché delle relative pertinenze, dal quale deriva la mancata attribuzione di una rendita catastale autonoma rispetto a quella del terreno cui i fabbricati accedono, dipende, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dell’art. 9 d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito nella legge 26 febbraio 1994, n. 133, dalla sussistenza di due condizioni, l’una di tipo soggettivo, afferente alla persona dell’utilizzatore del fabbricato, che deve essere addetto alla coltivazione della terra o alle altre attività specificate dalla norma, e l’altra di tipo oggettivo, riguardante l’immobile, che deve essere strumentale all’esercizio di quelle attività e, dunque, presentare le caratteristiche coerenti con quelle esigenze (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 21363 del 30/11/2012, n. 28685 del 2005).
Quindi su tali punti la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto ed adeguato.
3. Ne deriva che il ricorso va accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice “a quo”, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.
4. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Liguria, altra sezione, per nuovo esame.

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