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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 3 luglio 2014, n. 15222

In un procedimento di divorzio tra i coniugi G.V. e P.A., la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza in data 22/6/2011, in riforma della sentenza del locale Tribunale, determinava in €. 1.500,00 l’assegno in favore della moglie.
Ricorre per cassazione il marito.
Resiste con controricorso la moglie.
Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva.
Il ricorso appare ammissibile: sono specificati i fatti di causa e le censure rivolte alla sentenza impugnata.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l’assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi (Cass. N. 2156 del 2010).
La corte di merito esamina, accanto al tenore di vita goduto dalla famiglia in costanza di matrimonio, l’attuale posizione economica delle parti. Ammette che essa si sia deteriorata, quanto al marito, ma riconosce, anche sulla base di presunzioni, che l’attività di questo è ancora assai articolata e remunerativa, pur prescindendosi dal suo reddito da pensione e dal suo vitalizio parlamentare; la moglie invece ha il reddito di insegnante od ex insegnante.
Evidenzia altresì la sentenza impugnata il notevole patrimonio immobiliare facente capo ad entrambi i coniugi, affermando peraltro che, quanto alla moglie, la redditività di esso è limitata dalle condizioni degli immobili e, in particolare da un comodato a favore del figlio e dal contenuto dei diritti dominicali della moglie stessa.
Diversamente da quanto osservato dal relatore, il Collegio ritiene che la motivazione della sentenza impugnata sia , sotto tutti i profili, adeguata e non generica, con una valutazione comparativa della situazione reddituale e patrimoniale delle parti tra le condizioni attuali e quelle durante la convivenza matrimoniale.
Va pertanto rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in €. 4.000,00 per compensi, €. 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell’art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.

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