divorzio

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza   27 maggio 2014, n. 11797

Fatto e diritto

Rilevato che in data 21 novembre 2013 è stata depositata relazione ex art. 380 bis che qui si riporta senza sostanziali modifiche:
1. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 9 luglio 2010, ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio di M.G. e C.M. e ha posto a carico del M. un assegno divorzile di 1.100 Euro mensili e un contributo di 100 Euro mensili in favore della figlia Giulia (nata il 1 luglio 1980), sino al compimento degli studi di specializzazione, e di 500 Euro mensili in favore del figlio R. (nato il (omissis) ) oltre il 100% delle spese mediche e sportive e il 50 % di quelle universitarie.
2. Ha proposto appello il M. chiedendo la revoca o la riduzione dell’ammontare dell’assegno divorzile, la fissazione di un termine finale per la corresponsione dell’assegno in favore della figlia e l’esclusione del contributo per le spese ricreative e sportive del figlio. La C. ha chiesto il rigetto dell’appello e la condanna del M. ex art. 96 c.p.c..
3. La Corte di appello di Milano ha stabilito che le spese sportive di M.R. debbano continuare a fare carico al padre e debbano essere direttamente concordate fra padre e figlio e ha respinto ogni altra ulteriore istanza dell’appellante che ha condannato al pagamento delle spese del giudizio.
4. Ricorre per cassazione M.G. affidandosi a quattro motivi di impugnazione.
5. Con il primo motivo deduce la nullità della sentenza per la mancanza della concisa esposizione delle ragioni in fatto e diritto della decisione.
6. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 5, sesto comma, della legge n. 898/1970. Il ricorrente rileva che i giudici dell’appello nulla hanno valutato degli elementi indicati dalla norma citata e in particolare nessuna motivazione hanno speso circa il tenore di vita condotto dai coniugi in costanza di matrimonio, l’adeguatezza dei mezzi propri dell’appellata a farle mantenere un analogo tenore di vita anche dopo la cessazione degli effetti civili, il raffronto fra i redditi e i cespiti patrimoniali degli ex coniugi, gli ulteriori parametri di valutazione fissati dall’art. 5.
7. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la stessa violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al richiamo della motivazione della sentenza di primo grado la quale secondo il ricorrente si caratterizza per lo stesso tipo di lacune valutative e per l’appiattimento sulle condizioni pattuite in sede di separazione.
8. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame di fatti decisivi quali la donazione effettuata il 3 luglio 2006 dalla madre della C. ai figli della nuda proprietà di immobili siti in (…) e (omissis) , l’acquisizione della piena proprietà pro quota di tali immobili alla morte della madre, la successiva vendita di alcuni di essi con incasso della somma di 960.000 Euro da parte della C. .
9. Si difende con controricorso la C. .
Ritenuto che:
10. Il primo motivo è palesemente infondato dato che la Corte d’appello ha motivato concisamente ma esaustivamente le ragioni per le quali ha ritenuto infondato l’appello.
11. I successivi motivi di ricorso appaiono invece fondati perché la motivazione della Corte di appello è incentrata esclusivamente sulla constatazione della cessazione dell’attività lavorativa, svolta dalla C. all’inizio del matrimonio, sulla base della laurea in medicina e chirurgia, cessazione decisa per potersi dedicare esclusivamente alle cure domestiche e all’accudimento ed educazione dei figli. Nessuna considerazione viene dedicata invece dalla Corte distrettuale al reddito dei due coniugi in costanza di matrimonio, né al raffronto della consistenza economica del M. e della situazione patrimoniale della C. preesistente
alla successione ereditaria dalla madre. Da tale omessa considerazione deriva uno scostamento dai criteri di valutazione prescritti dall’art. 5 della legge n. 898/1970 per l’accertamento del diritto all’assegno divorzile e la sua quantificazione; una considerazione che le dichiarazioni rese dalla C. nel corso del giudizio e la produzione documentale rendevano necessaria.
12. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e, se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio, per il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento dei successivi con conseguente cassazione della sentenza della Corte di appello di Milano e rinvio alla stessa Corte, in diversa composizione, per una valutazione complessiva degli elementi acquisiti agli atti alla luce dei criteri indicati dall’art. 5 della legge sul divorzio al fine di accertare o meno l’esistenza del diritto all’assegno divorzile e di quantificarne eventualmente l’importo.
La Corte, lette le memorie difensive depositate dalle parti, condivide la sopra riportata relazione e pertanto ritiene che il ricorso vada accolto e la causa rinviata alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, rivaluterà le risultanze istruttorie alla stregua della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto. A tal fine, il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali e nella determinazione dell’assegno divorzile, i beni acquisiti per successione ereditaria dopo la separazione, ancorché non incidenti sulla valutazione del tenore di vita matrimoniale, perché intervenuta dopo la cessazione della convivenza, possono tuttavia essere presi in considerazione ai fini della valutazione della capacità economica del coniuge onerato (cfr. Cass. civ. n. 11686 del 15 maggio 2013 e n. 23508 del 18 novembre 2010).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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