guida in stato di ebrezza

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  24 febbraio 2014, n. 4405

Fatto e diritto

1) Con sentenza n. 438/11 dell’11 aprile 2011, notificata il 1 giugno seguente, il tribunale di Ancona ha respinto l’appello proposto da R.F. avverso la sentenza 1059/08 del locale giudice di pace, che aveva rigettato l’opposizione proposta avverso i verbali di contestazione n. (omissis) , redatti dai Carabinieri della compagnia di Ancona il 28 marzo 2008.
L’opponente ha proposto ricorso per cassazione, notificandolo il 29 giugno 2011 all’avvocatura distrettuale di Ancona.
L’amministrazione non ha svolto attività difensiva.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio.
1.1) Oggetto dell’opposizione è il provvedimento prefettizio prot. 206037/08 di sospensione della patente per sei mesi ai sensi dell’art. 186 CdS (guida sotto l’influenza dell’alcool) e di ulteriori sei mesi ai sensi dell’art. 187 CdS (guida alterata da uso di sostanze stupefacenti).
Il tribunale ha precisato che i due verbali relativi alle violazioni erano stati autonomamente impugnati (giudizio 2603/08 RG tribunale) e che la cognizione sulla loro legittimità esulava dalla materia del contendere.
Ha ritenuto comunque di affermare che il rifiuto dell’opponente di sottoporsi a prelievo ematico era ingiustificato, non essendo obbligatorio l’uso dell’etilometro.
Ha aggiunto che era ininfluente il mancato avviso all’interessata di farsi assistere da difensore di fiducia.
Quanto alla ordinanza di sospensione, ha respinto i due motivi di appello.
Il primo riguardante la mancata applicazione della continuazione tra le sanzioni, negata per l’applicazione del cumulo tra due fattispecie aventi “ciascuna un proprio campo di applicazione”.
Il secondo riguardante “l’asserita omessa quantificazione del periodo di sanzione accessoria”.
2) Il ricorso consta di tre motivi.
Essi vanno esaminati in relazione alla materia del contendere, che
è in questa causa limitata alla sospensione della patente disposta
con il provvedimento impugnato.
La tesi esposta con il primo motivo (v. pag. 10 in fine) è che un soggetto, ancorché coinvolto in un sinistro stradale (come nella specie avvenuto), che non mostri segni di alterazione fisica legata all’uso di alcool o stupefacenti non potrebbe essere “costretto – pena l’irrogazione delle sanzioni di cui agli artt. 186 e 187 Cds – a sottoporsi a un prelievo ematico”.
La censura è infondata.
Consta infatti che il codice della strada, nel testo all’epoca vigente, prevede una serie differenziata di interventi per l’accertamento della guida sotto l’influenza i queste sostanze:
a) accertamenti con strumenti portatili (186 c. 3); b) in caso di primo esito positivo, accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento; e) per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti a cure mediche (è questo il caso) la richiesta rivolta dalle forze di polizia alle strutture sanitarie di procedere all’accertamento.
Il conducente può rifiutare di sottoporsi all’esame, ma ciò lo sottopone alle conseguenze sanzionatorie previste dalla norma. L’art. 186, settimo comma, del codice della strada, oltre a sanzionare la guida in stato di ebbrezza, configura infatti come autonomo illecito anche il rifiuto del guidatore di sottoporsi ad accertamento del tasso alcolemico, in quanto oggetto di obbligo penalmente sanzionato e non mera facoltà’ (Cass. 6A civ., 22231/13).
Invano la ricorrente sostiene che non è ivi espressamente previsto il prelievo ematico.
La disposizione, proprio per il suo incedere progressivo del meccanismo di verifica, correlato alla gravità della situazione (primo esame – esito positivo di esso – necessità di ricovero per cure a causa degli effetti del sinistro) consente di ricorrere all’esame ematico, proprio delle strutture sanitarie e ad esse confacente per la accuratezza dei risultati e la affidabilità della sede scientifica.
Né rilevano i precedenti citati (pag. 13) in tema di opponibilità del rifiuto.
Non vi è dubbio infatti che la parte può sottrarsi al prelievo, ma ciò fa scattare l’accertamento sanzionatorio conseguente a tale comportamento di rifiuto.
3) Appare invece fondato il secondo motivo, che denuncia violazione dell’art. 354 e.p.p. e vizi di motivazione in relazione al fatto che il conducente non sia stato informato preventivamente della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia.
Sul punto il tribunale ha escluso la fondatezza della doglianza, adducendo che il giudizio verteva “sulla contestazione di illeciti amministrativi”.
In tal modo ha confuso il piano dell’accertamento dei reati di cui agli artt. 186 e 187 CdS, cui era rivolta la verifica clinica che si dice esser stata richiesta alla R. , con il piano della opposizione alla sanzione amministrativa conseguente al di lei rifiuto.
La conseguenza sanzionatoria amministrativa ulteriore della sospensione della patente non vale infatti a togliere rilievo penale all’ambito in cui, secondo la tesi dell’opponente, veniva operato l’accertamento clinico.
Va ricordato che secondo la giurisprudenza (Sez. 4, Sentenza n. 34145 del 21/12/2011 (dep. 06/09/2012 ) Rv. 253746):
In tema di guida in stato di ebbrezza, il prelievo ematico compiuto nell’ambito della esecuzione di ordinari protocolli di pronto soccorso al di fuori della emersione di figure di reato e di attività propedeutiche al loro accertamento non rientra nel novero degli atti di cui all’art. 356 cod. proc. pen., sicché non sussiste alcun obbligo di avviso, ex art. 114 disp. att. cod. proc. pen., all’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia“.
E più di recente è stato ribadito che: “I risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso successive ad incidente stradale e non preordinato a fini di prova della responsabilità’ penale sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, senza che rilevi la mancanza di consenso dell’interessato. (In applicazione di tale principio la S.C. ha affermato che, per il suo carattere invasivo, il conducente può opporre un rifiuto al prelievo ematico richiesto dalla polizia giudiziaria e finalizzato esclusivamente all’accertamento della presenza di alcol nel sangue, rilevando in tal caso il suo dissenso espresso)” (Cass. pen. 6755/13, sez IV, ud 6.11.2012 rie. G.).
Il giudice di merito avrebbe dovuto pertanto accertare se il prelievo ematico rifiutato fosse stato disposto dai medici a fini di diagnosi e cura o, come allega parte ricorrente – affetta a suo dire da trauma cervicale e lombare (pag. 2), – fosse stato esclusivamente chiesto dagli agenti a fini di indagine penale.
In tale secondo caso avrebbe dovuto verificare se le fosse già stato ogni avviso relativo alle facoltà difensive (in tema v. ancora approfonditamente Cass. pen. 6755/13). Sarà questo il compito del giudice di rinvio.
4) Fondato appare anche il terzo motivo, relativo alla mancata applicazione della disciplina della continuazione (art. 8 l. 689/81). È infatti evidente che con unico rifiuto di sottoporsi a prelievi ematochimici, cioè con unica azione, la R. violò (secondo il provvedimento) “diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative”, che erano quelle previste dagli artt. 186 e 187, cosi qualificate dal giudice di merito e contestate nelle sedi di impugnazione senza porre questione circa la provenienza del provvedimento e i nessi con eventuale procedimento penale.
Ricorrevano quindi i presupposti per applicare il disposto dell’art. 8.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso quanto al primo motivo e l’accoglimento degli altri.
La sentenza va cassata e la cognizione rimessa ad altro giudice del tribunale di Ancona, il quale si atterrà ai seguenti principi: 1): “Qualora ai sanitari presso i quali sia stato soccorso il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale sia richiesto il prelievo ematico preordinato all’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, al trasgressore, previa informazione al medesimo della finalità per cui è effettuato il prelievo ematico, deve essere dato l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia”.
2) “l’art. 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689 il quale prevede che la sanzione più grave aumentata fino al triplo può1 essere irrogata nei soli casi di concorso formale, è applicabile nell’ipotesi in cui con unica azione, il rifiuto del prelievo ematico, il trasgressore si sottragga agli accertamenti di cui agli artt. 186 e 187 CdS.”.
Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso nei limiti sopra precisati.
La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame al giudice di merito, che si atterrà agli enunciati principi e liquiderà anche le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altro giudice del tribunale di Ancona, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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