SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI
ORDINANZA 23 marzo 2015, n. 5811
Fatto e diritto
Ritenuto che la controversia riguarda l’eredita di T.A. , deceduto in (omissis) ;
che T.I. ritiene che le disposizioni contenute nel testamento olografo del padre hanno leso la di lei quota di legittima a vantaggio dei fratelli B. e C. e ha chiesto conseguenti statuizioni nei confronti di questi ultimi al Tribunale di Roma che, accogliendo l’eccezione sollevata dai convenuti, ha dichiarato la propria incompetenza per territorio in favore del Tribunale di Vibo Valentia, sul rilievo che non vi era prova certa che il de cuius, al momento della morte, avesse il proprio domicilio in Roma, anziché a Tropea dove aveva la residenza anagrafica;
che T.I. chiede regolarsi la competenza;
che replicano T.B. e C. ;
che nelle conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., il pubblico ministero ha concluso per l’accoglimento del ricorso per regolamento di competenza e per la declaratoria di competenza dell’adito Tribunale di Roma;
che la ricorrente ha depositato memoria illustrativa aderendo alle conclusioni del pubblico ministero.
Considerato che il pubblico ministero ha argomentato le proprie conclusioni osservando in particolare: “Per ius receptum, la determinazione della competenza per territorio nelle cause ereditarie va stabilita (art. 22 cod. proc. civ.) con riferimento al luogo in cui il de cuius aveva al momento della morte l’ultimo domicilio, intendendosi con tale locuzione il luogo ove la persona, alla cui volontà occorre avere principalmente riguardo, concentra la generalità dei suoi interessi sia materiali ed economici, sia morali, sociali e familiari. Ai fini della competenza per territorio nelle cause ereditarie è pertanto necessario accertare quale sia il domicilio del defunto al momento del decesso.
Si legge nell’impugnata ordinanza che poiché dalla ‘copiosa e contrastante documentazione depositata in atti dalle parti’ non si ricava con certezza che Roma fosse anche il luogo in cui il T. aveva trasferito il domicilio, questo, alla stregua dell’art. 44 c.c., deve ritenersi presuntivamente coincidente con il luogo di residenza del de cuius, ovverosia Tropea, dove quindi si e aperta la successione.
(…) [V]a rilevato (…) come l’ordinanza non accenni minimamente al contenuto della ‘copiosa documentazione depositata in atti dalle parti’ e men che meno spiega perché e in che modo essa fosse da ritenere ‘contrastante’. L’ambito della cognizione di questa Corte, nell’esercizio della funzione regolatrice della competenza, non è limitato alla legittimità, come di regola, ma si estende al merito, investendo anche l’apprezzamento delle risultanze istruttorie compiuto dal giudice a quo. Nella specie è pressoché omessa qualsivoglia valutazione delle risultanze di causa, cui, in pratica, per prima, deve procedere la Corte.
Dalla lettura degli atti emerge il carattere assolutamente decisivo delle seguenti circostanze: il de cuius viveva a Roma con la moglie per lo meno dalla fine degli anni ’60 in via (omissis) , pur avendo fissato nel 1992 la sua residenza in Tropea (vedi iscrizione a circoli di scacchi e di caccia, dichiarazione del Ministero delle finanze e dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da parte della domestica dei T. ); a Roma vivevano e vivono due dei suoi tre figli e i suoi due fratelli; a Roma il T. si ammalò e venne curato, fino alla fine dei suoi giorni, fruendo del Servizio Sanitario Nazionale, in quanto iscritto negli elenchi degli assistiti dell’ASL di Roma A, distretto X (iscrizione notoriamente implicante, tranne casi particolari, la dimora abituale nel territorio dell’ente strumentale predetto); a Roma dettò le sue ultime volontà, con testamento olografo del (omissis) pubblicato il 15 aprile 2008 per atto ai rogiti del notaio Guido Gilardoni, registrato il successivo giorno 18. Detti elementi di fatto dimostrano con piena evidenza che il de cuius aveva stabilito a Roma la sede principale dei suoi affari e interessi. A fronte di ciò, ha carattere chiaramente secondario il mantenimento in Tropea della residenza anagrafica e risulta palesemente ininfluente l’elemento posto in preminente rilievo dai convenuti eccipienti, e cioè che gran parte dei beni del cospicuo patrimonio immobiliare del de cuius sono ubicati in Calabria, ciò anzi valendo a giustificare, proprio con l’esigenza di curare la gestione del patrimonio in questione, i frequenti ritorni nella natia Tropea. Peraltro, tali elementi sono controbilanciati da altri contrari, come il fatto che proprio a Roma il T. aveva intessuto le frequentazioni e le relazioni affettive che contraddistinguono un’esistenza normale (vedi iscrizioni in circoli e ordini cavaliereschi con indicazione di domicilio in via (OMISSIS) ); e la circostanza, documentata, per cui egli, con la moglie, intratteneva presso istituti di credito in Roma rapporti di conto corrente e deposito titoli per rilevanti importi e con frequenti movimentazioni.
La conclusione è che, al momento della morte, il T. aveva stabilmente fissato a Roma il proprio domicilio, per tale dovendo intendersi il luogo dove la persona, alla cui volontà occorre avere principalmente riguardo, concentra la generalità dei suoi interessi, sia materiali ed economici, sia morali, sociali e familiari”;
che il Collegio condivide le conclusioni scritte del pubblico ministero e le argomentazioni che le sorreggono;
che, pertanto, in accoglimento del ricorso, va dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Roma, con conseguente cassazione dell’ordinanza impugnata;
che le spese del regolamento vanno rimesse al Tribunale dichiarato competente, dinanzi al quale le parti riassumeranno la causa nel termine di legge.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e, cassata l’ordinanza impugnata, dichiara la competenza per territorio del Tribunale di Roma, dinanzi al quale rimette le parti, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase, previa riassunzione nel termine di legge
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