Suprema Corte di Cassazione

sezione VI
Ordinanza 21 novembre 2013, n. 26189



IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – Presidente

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5108-2012 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo STUDIO LEGALE (OMISSIS) presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO delle FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 379/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 20/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’articolo 380 bis cod. proc. civ., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione: Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati:

OSSERVA

La CTR di Napoli ha respinto l’appello di (OMISSIS) – appello proposto contro la sentenza n.2/02/2011 della CTP di Benevento che aveva gia’ respinto il ricorso del medesimo contribuente – ed ha cosi’ confermato le cartelle di pagamento per IVA-IRPEF relative agli anni d’imposta dal 2003 al 2004 per le somme iscritte a ruolo a seguito di avvisi di accertamento che la parte contribuente, impugnando le cartelle medesime davanti al giudice di primo grado, aveva eccepito di non avere mai ricevuto.

La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che “e’ notorio che gli Uffici finanziari procedono legittimamente alla intestazione degli atti ed alla conseguente notifica secondo quanto risulta agli atti stessi dell’anagrafe tributaria….si ha pertanto ragionevole motivo di presumere che la notifica sia stata fatta nella residenza della madre del contribuente non per una errata scelta dell’Ufficio ma come conseguenza di indicazione proveniente da comunicazione de facto proveniente da volonta’ dello stesso contribuente”. Secondo il giudice del merito va poi valorizzata quella giurisprudenza che ritiene validamente effettuata la notifica a familiare ancorche’ non convivente e residente in luogo diverso, nella presunzione che l’atto venga portato poi a conoscenza dell’effettivo destinatario in tempi ragionevoli, sebbene l’organo accertatore non puo’ dar prova del tempestivo ed effettivo recapito. La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo. L’Agenzia si e’ difesa con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – puo’ essere definito ai sensi dell’articolo 375 c.p.c..

Infatti, con il motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’articolo 139 c.p.c. e Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1073, articolo 60) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello abbia ritenuto che le notifiche degli atti prodromici a quello qui impugnato – pacificamente effettuate a mani della madre del contribuente ed in luogo diverso da quello della sua residenza – dovessero considerarsi valide ed efficaci, per quanto non sanate a mezzo dell’impugnazione dei provvedimenti, che infatti erano divenuti definitivi soltanto per il fatto dell’omessa impugnazione giudiziale.

Il motivo e’ fondato su argomenti che appaiono condivisibili.

Ed invero e’ costante l’insegnamento della Corte Suprema secondo cui: “In tema di notifica effettuata a mani di un familiare del destinatario, la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nel caso in cui questa sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto, con conseguente nullita’ della notifica stessa non sanata dalla conoscenza “aliunde” della notificazione dell’atto di citazione non accompagnata dalla costituzione del convenuto. (Principio affermato ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1). (Sez. 6-2, Ordinanza n. 7750 del 05/04/2011). In termini analoghi Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6817 del 02/07/1999: “In tema di notifica effettuata a mani di un familiare del destinatario, la presunzione di convivenza non meramente occasionale non opera nel caso in cui la notificazione sia stata eseguita nella residenza propria del familiare, diversa da quella del destinatario dell’atto, in tal caso non potendosi ritenere avverato il presupposto della frequentazione quotidiana sul quale si basa l’ipotesi normativa della presumibile consegna“.

Diversi quindi i presupposti di fatto tenuti presenti dalla giurisprudenza valorizzata dal giudice del merito, ne’ puo’ convenirsi con gli assunti di parte controricorrente (secondo cui la diversa destinazione della notifica rispetto alla residenza era imputabile al fatto che il contribuente avesse “nella dichiarazione” fornito quell’indirizzo come proprio domicilio fiscale; e secondo cui il contribuente era comunque venuto a conoscenza dei provvedimenti impositivi, tanto che ne aveva versato, in data 25.8.2009, l’importo corrispondente alle sanzioni), vuoi perche’ l’Agenzia non ha affatto documentato il proprio assunto in ordine all’asserito domicilio fiscale (sicche’ non puo’ dirsi superata la presunzione di corrispondenza tra residenza e domicilio fiscale) sia perche’ il semplice pagamento delle sanzioni nulla puo’ indurre in ordine alla effettiva conoscenza degli atti di accertamento, non essendoci correlazione necessaria tra le due cose e avendo potuto il contribuente avere avuto aliunde conoscenza del solo importo delle sanzioni o comunque tardiva conoscenza de facto dei provvedimenti, ai fini di poterne effettuare l’impugnazione. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, sicche’ la Corte potra’ decidere anche nel merito (annullando il provvedimento qui impugnato) non risultando necessaria l’effettuazione di ulteriori accertamenti di fatto, una volta che e’ presupposto pacifico quello della inesistenza della notifica degli atti presupposti.

Roma, 10 gennaio 2013.

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, ne’ memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento impositivo qui impugnato. Condanna l’Agenzia a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in euro 1.400,00 oltre euro 100,00 per esborsi ed accessori, e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

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