SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI CIVILE

Ordinanza  20 giugno 2012, n. 10234

Osserva

La CTR di Roma ha respinto l’appello proposto da “Equitalia Gerit spa” contro la sentenza n.92/03/2008 della CTP di Rieti che aveva accolto il ricorso di T.V. avverso avviso di iscrizione ipotecaria in relazione ad un credito emergente da tre distinte cartelle di pagamento.

La Commissione ha ritenuto che – pur essendo certo dovuti gli importi oggetto di una di dette cartelle di pagamento (pari ad € 2.149,58) siccome regolarmente notificata-dovesse comunque accogliersi l’assunto di parte contribuente circa la violazione dell’art.50 comma 2 del DPR n.602 del 1973 nella parte in cui la norma fissa i termini dell’espropriazione, atteso che nel caso in esame l’iscrizione ipotecaria era stata comunicata al contribuente con avviso del 21.12.2007. Equitalia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art. 3 75 cpc.

Infatti, con il terzo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art.50 comma 2 del DPR n.602/1973 e dell’art.77 dello stesso DPR e che appare più liquido degli altri precedenti e perciò degno di essere esaminato prioritariamente) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante abbia ritenuto che sia condizione necessaria per iscrivere ipoteca la previa notifica al debitore moroso dell’intimazione di pagamento ex art.50 comma 2 dianzi menzionato.

Ma la norma in parola impone, in realtà, di notificare il predetto avviso prima dell’inizio dell’espropriazione forzata, mentre l’iscrizione ipotecaria (secondo quanto deduce per espresso dal secondo comma dell’art. 77 citato, nel quale si dice che “prima di procedere all’esecuzione, il concessionario deve iscrivere ipoteca”), come questa Corte ha chiarito nell’ordinanza n. 14831/2008 a proposito dell’omologo istituto del fermo amministrativo, non può più essere considerato quale “mezzo preordinato all’espropriazione forzata” che “si inserisce nel processo di espropriazione forzata esattoriale quale mezzo di realizzazione del credito”, di fronte alla chiara volontà del legislatore (manifestata con la modifica dell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 portata dal D.L. n. 223/2006) di escludere il fermo di beni mobili registrati dalla sfera tipica dell’espropriazione forzata. In quest’ottica è infatti prevalsa la tesi che l’adozione dell’atto in questione si riferisca ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria.

D’altronde, la stessa lettera dell’art.77 -con l’esplicito riferimento al termine di cui al comma 1 dell’art.50- costituisce esplicito supporto all’anzidetta interpretazione, posto che non si intenderebbe il senso di un richiamo monco ad una disposizione che invece il legislatore avesse supposto applicabile in toto.

Non resta che concludere che il giudice di appello ha erroneamente risolto la lite sulla scorta della questione pregiudiziale di cui si è detto, sicché la controversia deve essergli rimessa affinché il medesimo giudice torni ad affrontare le questioni che ne risultano assorbite.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto; che le spese di lite posso essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR Lazio che, in diversa composizione, provvedere anche sulle spese dì lite del presente grado.

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