CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 20 febbraio 2014, n. 4100 

Fatto e diritto

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2014 dal Consigliere relatore Dott. A.C.;
rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 4 novembre 2013, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: «Con sentenza n. 1027/2007, depositata il 10 ottobre 2007, l’adito Tribunale di Crotone rigettava la domanda, proposta nell’interesse del Condominio “Palazzo Pizzuti” di Crotone nei confronti del condomino L.L., con la quale era stata richiesta la condanna del convenuto alla rimozione di una veranda realizzata su un balcone del L. in violazione di specifica delibera condominiale, delle norme di cui agli artt. 5 e 6 del regolamento condominiale, oltre che in spregio dell’art. 1120 c.c. in tema di rispetto del decoro architettonico del fabbricato.
Sull’appello formulato dal suddetto Condominio e nella costituzione dell’appellato, la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza n. 990 del 2012 (depositata il 27 settembre 2012), accoglieva il gravame, per quanto di ragione, e, per l’effetto, condannava il L. alla demolizione della predetta veranda, confermando, nel resto, l’impugnata decisione, con correlata ulteriore condanna dell’appellato alla rifusione del % delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la suddetta decisione di secondo grado (non notificata), il L.L. ha proposto ricorso per cassazione – consegnato per la notifica il 4 gennaio 2013, notificato il 7 gennaio successivo e depositato il 30 gennaio 2013, riferito ad un unico motivo.
Il Condominio intimato ha resistito con controricorso.
Ritiene il relatore, che avuto riguardo all’ari. 380 bis c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire alla declaratoria di improcedibilità del ricorso in relazione all’ari. 375 n. 1, c.p.c., e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del procedimento camerale.
Invero, dall’esame degli atti (così come dalla inerente attestazione della Cancelleria di questa Corte), risulta che il ricorso è stato notificato all’intimato Condominio il 7 gennaio 2013 e successivamente depositato il 30 gennaio 2013, con la conseguente tardività di quest’ultimo adempimento, avuto riguardo al disposto dell’art. 369, comma 1, c.p.c., in quanto la costituzione del ricorrente, mediante il compimento delle attività indicate nella suddetta norma (e, principalmente, con il deposito del ricorso notificato), è avvenuta oltre il termine di venti giorni decorrente dall’intervenuta notificazione del ricorso.
Del resto, la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 11201 del 2003 e Cass. n. 14742 del 2007) è consolidata nel ritenere che il principio sancito dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’articolo 149 c. p. c.. e dell’articolo 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982 n. 890, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario) trova applicazione limitatamente al tema della tempestività della notifica dell’atto, ma non anche con riguardo alla questione relativa alla tempestività del deposito del ricorso ex articolo 369 c.p.c., con la conseguenza che, in ipotesi di notificazione a mezzo del servizio postale del ricorso per cassazione, il termine di venti giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto, previsto dall’articolo 369 c. p. c. a pena di improcedibilità, decorre dalla data di consegna del plico al destinatario (e, in generale, nell’ipotesi di consegna a mani da parte dell’Ufficiale giudiziario, da quest’ultimo momento).
E’ altrettanto pacifico (cfr., da ultimo, Cass. n. 15544 del 2012, ord., e Cass. n. 12894 del 2013, ord.) che l’omesso deposito del ricorso per cassazione nel termine stabilito dall’art. 369 c. p. c. ne comporta l’improcedibilità, rilevabile anche di ufficio e non è esclusa dalla costituzione del resistente, atteso che il principio – sancito dall’art. 156 c.p.c. – di non rilevabilità della nullità di un atto per avvenuto raggiungimento dello scopo attiene esclusivamente alle ipotesi di inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori, per i quali vigono apposite e separate disposizioni.
In definitiva, quindi, restando precluse le valutazioni attinenti alle altre questioni pregiudiziali poste dal controricorrente, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., ravvisandosi l’improcedibilità del ricorso».
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, non risulta depositata alcuna memoria difensiva – ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. – nell’interesse del ricorrente;
rilevato, altresì, che non può essere accolta l’istanza di differimento depositata dal difensore del ricorrente al fine di poter produrre l’avviso di ricevimento relativo alla notificazione del ricorso (sull’assunto che la stessa sarebbe avvenuta dopo il 9 gennaio 2013), sia perché – ex actis – si desume che il ricorso fu validamente notificato il 7 gennaio 2013 presso il procuratore costituito dei Condominio sia in quanto, in ogni caso, deve trovare applicazione al riguardo il principio statuito dalle Sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 627 del 2008), secondo cui la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio, con la conseguenza che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, c.p.c., con la specificazione che, tuttavia, in caso di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.;
opinato, dunque, che deve trovare conferma in questa sede il principio in base al quale nell’ipotesi di omessa produzione, all’udienza di discussione fissata ai sensi dell’art. 379 c.p.c., dell’avviso di ricevimento idoneo a comprovare il perfezionamento della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., non può essere accolta l’istanza di mero rinvio, formulata dalla parte ricorrente al fine di provvedere a tale deposito, poiché il differimento d’udienza si porrebbe in manifesta contraddizione con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo stabilito dall’art. 111 Cost., donde l’omessa produzione determina in modo istantaneo ed irretrattabile l’effetto dell’inammissibilità dell’impugnazione nonché il consolidamento del diritto della controparte a tale declaratoria;
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese dei presente giudizio, liquidate nei sensi di cui in dispositivo, sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso improcedibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *