cassazione 7

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 2 luglio 2015, n. 13639

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), con domicilio eletto nello studio di quest’ultima in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo, sezione distaccata di Adria, in data 23 agosto 2012.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2015 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 19 febbraio 2014, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c.: “Il Giudice di pace di Adria, con sentenza in data 16 aprile 2009, ha rigettato la domanda ex articolo 844 c.c., promossa da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) in relazione alle immissioni provenienti dai camini dell’abitazione del convenuto.

Il Tribunale di Rovigo, sezione distaccata di Adria, con sentenza resa pubblica in data 23 agosto 2012, ha rigettato l’appello della (OMISSIS).

Per la cassazione della sentenza del Tribunale la (OMISSIS) ha proposto ricorso, con atto notificato il 17 luglio 2013, sulla base di un unico mezzo.

L’intimato ha resistito con controricorso.

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 844 c.c., della Legge 6 dicembre 1971, n. 1083 (Norme per la sicurezza del gas combustibile) e della normativa UNI da questa richiamata.

Il motivo appare infondato.

La sentenza impugnata non si e’ discostata dal principio secondo cui in materia di immissioni e’ senz’altro illecito il superamento dei livelli di accettabilita’ stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attivita’ produttive, fissano nell’interesse della collettivita’ le modalita’ di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilita’ (per cui v. Sez. 2, 17 gennaio 2011, n. 931 recte, n. 939).

Infatti, il Tribunale ha confermato la pronuncia del Giudice di pace sul rilievo che, a prescindere dalla distanza del comignolo dalla abitazione attorea, le immissioni di fumo non sono intollerabili, avendo il consulente tecnico escluso l’esistenza di immissioni nell’abitazione della parte attrice e non avendo i testi escussi durante il giudizio di primo grado fornito indicazioni tali da disattendere le conclusioni del consulente tecnico.

Il ricorso puo’ essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi rigettato”.

Letta la memoria di parte ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra;

che le osservazioni critiche contenute nella memoria di parte ricorrente non colgono nel segno;

che il Tribunale ha esattamente rilevato che la violazione della distanza minima di 5 metri tra il comignolo e il volume tecnico piu’ alto (nella specie il comignolo e’ risultato essere ad una distanza di 4,73 metri) non rileva nel caso di specie, perche’ cio’ che interessa in tema di azione ex articolo 844 c.c., e’ se vi siano immissioni e se queste siano intollerabili;

che, infatti, in caso di azione contro le immissioni illecite, occorre avere riguardo, non alla distanza in se’ della installazione del vicino, ma se da questa provengano immissioni che superino i livelli di accettabilita’ stabiliti da leggi o da regolamenti o che siano intollerabili alla stregua dei criteri dettati dall’articolo 844 c.c. (cfr. Cass., Sez. 2, 30 marzo 2001, n. 4712; Cass., Sez. 6-3, 14 ottobre 2011, n. 21261);

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;

che poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto il Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi euro 1.200, di cui euro 1.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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