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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 19 giugno 2014, n. 13945

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11947/2012 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, gia’ (OMISSIS) SpA a seguito di atto di fusione per incorporazione e variazione di denominazione sociale in persona dell’amministratore delegato, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e contro
(OMISSIS);
– intimato – ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 93/2011 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI del 4.1.2011, depositata 15/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito per la controricorrente e ricorrente incidentale l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta agli scritti.

RITENUTO IN FATTO

che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui agli articoli 376 e 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione; che la relazione ha il seguente contenuto:

“1.- La sentenza impugnata (App. Cagliari, 15/03/2011) ha, per quanto qui rileva, riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Cagliari che, accertata l’esclusiva responsabilita’ di (OMISSIS) nel sinistro in cui l’auto da questi condotta usciva di strada, andando a finire in una cunetta, causando cosi’ gravi lesioni ad (OMISSIS), trasportata dalla stessa autovettura, aveva condannato la (OMISSIS) Spa al risarcimento a favore della (OMISSIS) di 167.081,00 euro a vario titolo liquidata, oltre spese legali. Il giudice di secondo grado, a seguito dell’appello proposto dalla (OMISSIS), che lamentava che il Tribunale, ai fini della liquidazione, non avesse tenuto conto dell’incremento del danno biologico suggerito dal CTU e altri vizi attinenti al quantum dei postumi invalidanti, accoglieva l’appello incidentale della (OMISSIS), concludendo per un concorso di colpa della danneggiata nella misura del 40%, per il mancato uso della cintura di sicurezza ed escludendo che sugli importi liquidati a titolo di spese odontoiatriche future potesse essere riconosciuto anche il danno da ritardato adempimento.

D’altra parte, la Corte Territoriale accoglieva l’appello principale della (OMISSIS), riconoscendole anche il danno derivante dall’invalidita’ permanente specifica, incidente sulla capacita’ lavorativa, nonostante fosse disoccupata al momento del sinistro. In conclusione veniva riconosciuto alla (OMISSIS) una somma pari a 685.208,40 euro.

1. Ricorre per Cassazione la (OMISSIS) con cinque motivi di ricorso; resiste con controricorso la (OMISSIS) che propone, a sua volta, ricorso incidentale. I motivi lamentati dal ricorrente principale sono:

2.1 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli articoli 1227, 2727 e 2729 c.c., e articoli 115 e 116 c.p.c.: omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione, per avere il giudice di secondo grado accertato la sussistenza del concorso di colpa della (OMISSIS) nella misura del 40%, senza considerare che nel giudizio di primo grado l’accertamento del concorso di colpa della vittima non era stato richiesto, emergendo cio’ dall’esame delle conclusioni della societa’ convenuta; inoltre, si sostiene che la sentenza sia viziata nella parte in cui afferma la circostanza del mancato allacciamento della cintura di sicurezza da parte della (OMISSIS), nonostante cio’ non risulti ne’ dalle dichiarazioni del (OMISSIS) ne’ dal rapporto dei Carabinieri intervenuti sul luogo dell’incidente.

2.2 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli articoli 115 e 116 c.p.c.: omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sotto altro profilo, per avere la sentenza impugnata ritenuto di procedere al riesame della decisione di primo grado limitatamente alla durata dell’invalidita’ temporanea totale, rigettando le altre censure, relative al danno biologico, danno esistenziale, danno morale e durata dell’invalidita’ temporanea parziale, in quanto non sorrette da un parere tecnico.

2.3 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli articoli 281 e 356 c.p.c.: omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sotto altro profilo, per avere la Corte ritenuto la (OMISSIS) decaduta dalla prova per testi, senza considerare che la stessa non era stata espletata, perche’ a causa dei disguidi verificatesi nell’espletamento della consulenza tecnica, effettivamente si era omesso di chiedere la fissazione dell’udienza per effettuare tale incombente, pur essendo stata ritualmente dedotta ed ammessa con ordinanza. Tuttavia, se ne richiedeva la fissazione con la comparsa conclusionale.

2.4 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli articoli 2054 e 2059 c.c.: omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione sotto ulteriore altro profilo, nella parte della sentenza impugnata in cui si afferma che la consulenza tecnica espletata in primo grado fosse congruamente motivata.

2.5 – Violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’articolo 2230 c.c., R.D.L. n. 1578 del 1993, articolo 57, Decreto Ministeriale n. 585 del 1994, articolo 4, e tutte le altre norme relative alla professione forense: omessa, contraddittoria o comunque insufficiente motivazione, perche’ la Corte territoriale – dopo aver accolto l’eccezione formulata dalla Compagnia di Ass.ne ha dichiarato compensate tra le parti, per la meta’, le spese di entrambi i gradi di giudizio, cosi’ assumendo una decisione iniqua anche in caso di effettiva sussistenza del concorso; inoltre, avrebbe errato nella parte in cui ha affermato che, stante l’effettivo risarcimento del danno riconosciuto alla (OMISSIS) e lo scaglione delle tariffe applicabile, si riteneva assorbito il motivo di impugnazione, mostrando cosi’ di confondere, ai fini dell’individuazione dello scaglione applicabile, l’importo residuo liquidato, piuttosto che l’intero importo dovuto, quantificato in 685.208,40 euro e, con la riduzione del 40%, nella somma complessiva di 411.125,00 euro, importo non coincidente con quello ritenuto dovuto in primo grado. Il ricorrente lamenta l’incongruita’ dell’importo liquidato e ritiene che, tenuto conto della difficolta’ della pratica, debbano essere liquidati gli importi massimi consentiti dal tariffario, pur applicando i minimi del tariffario. Fa, inoltre, riferimento alle parcelle depositate.

3. – Con ricorso incidentale, la (OMISSIS) spa (gia’ (OMISSIS) spa) lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1223, 1226, 1499, 2043 e 2056 c.c., nonche’ articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, ed omessa motivazione su punti decisivi, in quanto la Corte territoriale, dopo aver liquidato alla (OMISSIS) il danno patrimoniale futuro in termini di lucro cessante per le lesioni della capacita’ lavorativa specifica ed enunciato le modalita’ di calcolo in base al quale giungeva alla liquidazione del danno patrimoniale futuro a favore della danneggiata, avrebbe violato le norme richiamate ed omesso la motivazione circa la non detrazione del “montante di anticipazione”, incorrendo anche nella violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., per non aver valutato le risultanze istruttorie e/o per aver omesso qualsiasi motivazione al riguardo. Inoltre, contesta il riconoscimento all’odierna ricorrente del danno da ritardato adempimento, oltretutto fatto decorrere, stante l’espresso richiamo alla sentenza di primo grado, dal giorno del sinistro sino a quello della pronuncia e non, invece, da quando la danneggiata iniziera’ a subire il pregiudizio consistente nella riduzione della capacita’ lavorativa.

4. – Il ricorso principale e’ manifestamente privo di pregio.

4.1.1 motivi 2.1, 2.2 e 2.4, suscettibili di essere trattati congiuntamente data l’intima connessione, implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito. Ripropongono, in particolare, un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze probatorie, senza tenere conto del consolidato orientamento di questa S.C. secondo cui, quanto alla valutazione delle prove adottata dai giudici di merito, il sindacato di legittimita’ non puo’ investire il risultato ricostruttivo in se’ e’, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, (Cass. n. 12690/10, in motivazione; n. 5797/05; 15693/04). Del resto, i vizi motivazionali denunciabili in Cassazione non possono consistere nella difformita’ dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale e’ assegnato alla prova (Cass. n. 6064/08; nonche’ Cass. n. 26886/08 e 21062/09, in motivazione). Infatti, quanto al primo motivo, la Corte Territoriale ha preso in considerazione la circostanza per cui l’uso delle cinture di sicurezza avrebbe impedito la fuoriuscita dal veicolo della (OMISSIS), a causa dell’urto, valutando cosi’ l’incidenza del suo concorso colposo rispetto ai danni dalla stessa subiti. Peraltro, tale motivo, nella parte in cui contesta che la (OMISSIS) non avrebbe eccepito in primo grado la circostanza del mancato uso delle cinture di sicurezza da parte della (OMISSIS), e’ inammissibile in quanto si sarebbe dovuta denunciare la violazione dell’articolo 112 c.p.c., e comunque non autosufficiente, in quanto, ove si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato articolo 112., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione e’ giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimita’ di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilita’, all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi (Cass. 14.10.2010 n. 21226; Cass. 19.3.07 n. 6361, 28.7.05 n. 15781 SS.UU., 23.9.02 n. 13833,11.1.02 n. 317. 10.5.01 n. 6502).

4.2 – Il terzo motivo di ricorso principale e’ manifestamente infondato. Il giudice d’appello ha ritenuto di dichiarare inammissibile l’istanza istruttoria, formulata nelle conclusioni rassegnate davanti al medesimo, di assumere la prova testimoniale dedotta in primo grado, ammessa e non espletata per inerzia della parte attrice, in quanto doveva ritenersi decaduta dalla stessa, non avendo riproposto l’istanza istruttoria nelle conclusioni rassegnate davanti al giudice di primo grado. Da tanto la Corte territoriale ha correttamente tratto la convinzione di un implicito abbandono giacche’, secondo la giurisprudenza di questa S.C. (Cass. 3241/2000), e’ presumibile la rinuncia della parte alle istanze istruttorie sulle quali il giudice non si e’ espresso, ne’ esplicitamente, ne’ implicitamente e non riformulate all’udienza di precisazione delle conclusioni. Come affermato da questa S.C., in tema di istruzione probatoria nel rito ordinario, spetta alla parte attivarsi per l’espletamento del richiesto mezzo istruttorio che il giudice abbia ammesso; sicche’, ove la parte rimanga inattiva, chiedendo la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni senza piu’ instare per l’espletamento del mezzo di prova, e’ presumibile che abbia rinunciato alla prova stessa (Cass. n. 18688/2007; n. 10569/2004). Si deve, infatti, ribadire il principio secondo cui, qualora la parte che abbia indicato un teste richieda la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, la stessa manifesta con tale inequivoco comportamento la sua volonta’ di rinunciare all’audizione del teste stesso e se la controparte aderisce alla richiesta di remissione della causa al collegio in sostanza accede alla rinuncia al teste. Tale rinuncia acquista poi efficacia per effetto del consenso del giudice implicitamente espresso con il provvedimento di chiusura dell’istruttoria e di remissione della causa in decisione, per cui compete solo al collegio, con giudizio non sindacabile in sede di legittimita’, ordinare la riapertura della istruttoria, revocando l’ordinanza del giudice istruttore (Cass. n. 12241/2002; n. 13785/2003; 17341/2008). Inoltre, inconferente e’ il richiamo delle norme effettuato in tale motivo di ricorso, in quanto occorre considerare che e’ inammissibile in appello, non vertendosi in un’ipotesi di prova nuova ex articolo 345 c.p.c., la prova testimoniale gia’ indicata e rinunciata in primo grado (Cass. n. 17341/2008 e 13785/2003, in motivazione; 12241/2002; 8127/1996; n. 1103/1994).

4.2 Il quinto motivo di ricorso e’ manifestamente privo di pregio, in quanto generico e formulato in violazione del canone di autosufficienza del ricorso: la ricorrente fa generico riferimento alle “parcelle depositate”, senza alcun ulteriore indicazione ai fini della loro individuazione. Senza contare che propone, comunque, un’inammissibile “diversa lettura” delle risultanze di causa congruamente e correttamente apprezzate dalla Corte d’Appello, laddove critica l’iniquita’ delle spese legali riconosciute dal giudice di secondo grado, senza considerare che, in tema di regolamento delle spese processuali, la relativa statuizione e’ sindacabile in sede di legittimita’ nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell’ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall’articolo 91 cod. proc. civ., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa. La valutazione dell’opportunita’ della compensazione totale o parziale rientra, invece, nei poteri discrezionali del giudice di merito sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia in quella della sussistenza di giusti motivi, e il giudice puo’ compensare le spese processuali per giusti motivi senza obbligo di specificarli, atteso che l’esistenza di ragioni che giustifichino la compensazione va posta in relazione e deve essere integrata con la motivazione della sentenza e con tutte le vicende processuali, stante l’inscindibile connessione tra lo svolgimento della causa e la pronuncia sulle spese medesime, non trovando percio’ applicazione in tema di compensazione per giusti motivi il principio sancito dall’articolo 111 Cost., comma 6, (a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 1 legge costituzionale n. 2 del 1999), secondo cui ogni provvedimento giurisdizionale deve essere motivato. (Cass. n. 5828/2006; n. 15882/2007; n. 2397/2008).

5. Il ricorso incidentale e’ manifestamente fondato, nei termini di seguito precisati.

5.1. La sentenza della Corte d’Appello non ha detratto, dalla somma riconosciuta alla danneggiata, il c.d. montante di anticipazione, senza tenere conto di quanto affermato da questa S.C., secondo cui, in caso di lesioni personali con postumi invalidanti permanenti, ove il danno patrimoniale futuro (costituisca esso danno emergente, come per le spese mediche non ancora sostenute, ovvero lucro cessante da perdita o riduzione della capacita’ lavorativa) sia liquidato nella forma della capitalizzazione anticipata, dalla somma capitalizzata e liquidata in relazione ai valori monetali della data della pronuncia va effettuata la detrazione del montante di anticipazione (calcolato sulla base degli interessi a scalare); il danno patrimoniale futuro derivante dalla perdita della capacita’ di lavoro e di guadagno non puo’ essere liquidato semplicemente moltiplicando il reddito mensile perduto per il numero di mesi per i quali la vittima avrebbe presumibilmente svolto attivita’ lavorativa, perche’ tale criterio e’ matematicamente – prima ancora che giuridicamente – scorretto. Il danno in esame va, invece, correttamente liquidato attraverso il metodo della capitalizzazione, e cioe’ moltiplicando il reddito perduto (espresso in moneta rivalutata al momento della liquidazione) per un adeguato coefficiente di capitalizzazione, perche’ soltanto tale metodo consente di tenere debito conto del c.d. “montante di anticipazione”, e cioe’ del vantaggio realizzato dal creditore nel percepire oggi una somma che egli avrebbe concretamente perduto solo in futuro. (Cass. n. 4252/2012; 1215/2006; 7507/2001). La sentenza impugnata, invece, dopo aver ritenuto di poter ricorrere in via equitativa alle tabelle di cui al Regio Decreto n. 1403/1922, rapportate al coefficiente di eta’, percentuale di invalidita’ residuata, prendendo a base la somma corrispondente al triplo della pensione sociale e considerando lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa e aver valutato, alla luce di tali considerazioni, l’entita’ del danno in 197.635,12 euro, non contiene una motivazione idonea ad esplicitare la necessaria detrazione del “montante di anticipazione”, mancando cosi’ un iter argomentativo atto a palesare le ragioni della decisione.

5.2. I giudici di secondo grado hanno, inoltre, ritenuto doversi riconoscere alla (OMISSIS) un danno da ritardato adempimento pari a 118.297,00 euro, facendolo erroneamente decorrere dal giorno del sinistro sino a quello della pronuncia, in quanto viene richiamato espressamente il procedimento esposto dal giudice di primo grado, senza considerare che il danno risarcibile in caso di invalidita’ non concerne l’incapacita’ lavorativa in se’, ma la conseguenza del mancato guadagno e, nel caso di invalidita’ permanente, la riduzione della capacita’ di guadagno; ne consegue che, trattandosi di debito di valore, la liquidazione deve essere adeguata ai valori monetali del momento della pronuncia giudiziale definitiva, tenendosi conto della sopravvenuta svalutazione monetaria, mentre la decorrenza degli interessi compensativi e della rivalutazione monetaria va fissata nel momento in cui il danno si e’ verificato; tale momento, per il danno da invalidita’ permanente parziale che sia successivo ad un periodo d’invalidita’ temporanea liquidato separatamente, deve essere individuato non nella data dell’infortunio, ma nel momento in cui e’ cessata l’invalidita’ temporanea e si sono consolidati i postumi permanenti. (Cass. n. 27584/2011; n. 1215/2006; n. 6403/1988).

Alla luce di tali principi, anche il secondo motivo di ricorso incidentale e’ manifestamente fondato.

6. – Il relatore propone la trattazione dei ricorsi in camera di consiglio ai sensi degli articoli 375, 376 e 380 bis c.p.c., il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale, con

rinvio della causa, per nuovo esame e per le spese, incluse quelle del presente giudizio di legittimita’, alla medesima Corte territoriale in diversa composizione”;

che la suddetta relazione fu comunicata agli avvocati delle parti costituite per l’adunanza camerale del 9 ottobre 2013;

che, con ordinanza resa in udienza, fu ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di (OMISSIS), all’indirizzo indicato, nel termine perentorio di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione, sia per il ricorso principale che per il ricorso incidentale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che la ricorrente principale ha ritualmente depositato avviso di ricevimento della notifica dell’originario ricorso; con la conseguenza che perde efficacia l’ordine di integrazione del contraddittorio e il ricorso principale puo’ essere esaminato nel merito;

che, invece, la ricorrente incidentale, pur avendo provveduto – in esito all’ordinanza collegiale – a notificare tempestivamente al (OMISSIS) il controricorso contenente il ricorso incidentale, unitamente all’ordinanza emessa dalla Corte, non ha dato prova dell’avvenuta ricezione dello stesso, non avendo tempestivamente depositato l’avviso di ricevimento insieme agli altri atti (articolo 371 bis c.p.c.);
che il (OMISSIS) non si e’ difeso;
che, pertanto, in mancanza di rituale deposito del suddetto documento, non sussistendo la prova della integrazione del contraddittorio necessario disposto dalla Corte, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 331 c.p.c., comma 2;
che, con riferimento al merito del ricorso principale, il Collegio condivide le osservazioni in fatto e le argomentazioni e le conclusioni in diritto (p. 4 e sottopartizioni) della relazione;
che le parti non hanno mosso rilievi;
che, pertanto, il ricorso principale deve essere rigettato ed il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile;
che, in ragione della reciproca soccombenza, le spese del giudizio di cassazione sono integralmente compensate.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese processuali del giudizio di cassazione.

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