Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 15 novembre 2013, n. 25771

Considerato in fatto

Con sentenza n. 1619 del 2010 (depositata il 10 agosto 2010) il Tribunale di Catanzaro respingeva l’appello proposto dal Ministero dell’Interno nei confronti di P.P. avverso la sentenza n. 4073/2007 del Giudice di pace di Belvedere Marittimo, che aveva accolto l’opposizione proposta ex art. 22 legge n. 689/1981 dall’appellato avverso il verbale di accertamento (n. (omissis) del 19.11.2004) redatto dai Carabinieri di Diamante per violazione dell’art. 7/1-14 del C.d.S.. Il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 20.9.2011 e depositato il 28.9.2011) nei riguardi della predetta sentenza formulando un unico motivo, con il quale ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 e 77/7 del C.d.S.. L’intimato P. non si è costituito in questa fase. Nominato, a norma dell’art. 377 c.p.c., il consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c. del seguente tenore: “Con l’unica censura (violazione degli artt. 39 e 77/7 C.d.S.) l’Amministrazione ricorrente lamenta che il giudice del gravame abbia ritenuto determinante la irregolarità del segnale di divieto per esimere l’opponente, quale utente della strada, dall’obbligo di rispettarne la prescrizione.
Per consolidato orientamento di questa Corte, cui si ritiene di dare continuità, in mancanza di una disposizione specifica che stabilisca le conseguenze della mancata osservanza da parte dell’Amministrazione locale delle disposizioni invocate per l’installazione dei segnali stradali (artt. 45 e 77 reg. att. esec. C.d.S.), non determina l’illegittimità del segnale, e l’omissione delle indicazioni formali dalle norme contemplate non esima l’utente della strada dall’obbligo di rispettare la prescrizione espressa dal segnale, giacché quelle indicazioni hanno, più semplicemente, lo scopo di consentire agli organi della pubblica amministrazione di controllare la regolarità della fabbricazione e della collocazione del segnale e di rimuovere quelli apposti da soggetti che siano privi del relativo potere o che lo abbiano esercitato in violazione delle disposizioni che ne fissano le modalità di esercizio (cfr. Cass. 18 maggio 2000 n. 6474; 29 marzo 2006 n. 7125; Cass. 31 luglio 2007 n. 16884; Cass. 20 maggio 2010 n. 12431).
Alla luce di ciò consegue che il giudice del gravame non ha fatto buon governo del principio sopra esposto.
In definitiva, sembrano emergere le condizioni per procedere nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi la possibile manifesta fondatezza dell’unico motivo di ricorso.”.
All’udienza camerale il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione.

Ritenuto in diritto

Il Collegio condivide le conclusioni della relazione ma sotto un diverso profilo.
Invero per costante orientamento di questa Corte, evidenziato già con la decisione n. 7888 del 1995, anche nel vigore del precedente codice della strada, l’obbligatorietà della prescrizione contenuta in un segnale stradale di divieto di sosta in zona determinata provvedimento finalizzato più che alla tutela della sicurezza della circolazione dei veicoli, alla salvaguardia di altri interessi pubblici, quali l’ambiente, la quiete pubblica, i beni architettonici ed altro – deve ritenersi condizionata alla legittimità del provvedimento amministrativo che l’ha imposta, sebbene su tale legittimità non incida l’eventuale mancanza delle indicazioni che vanno riportate sulla parte posteriore del segnale ai sensi dell’art. 77 reg. C.d.S.. La citata norma regolamentare impone, infatti, che sia indicato sul retro del segnale l’ente o l’amministrazione proprietaria della strada, il marchio della ditta che ha fabbricato il segnale, l’anno di fabbricazione e il numero dell’autorizzazione concessa dal Ministero alla ditta stessa, nonché – per i segnali di prescrizione che interessano ai nostri fini – gli estremi dell’ordinanza di apposizione (v. Cass. 31 luglio 2007 n. 16884).

Ne consegue che il Tribunale adito avrebbe potuto ritenere sussistente la violazione solo se fosse stata data la prova – della quale era onerata l’Amministrazione che aveva emesso l’ingiunzione – della legittimità dell’apposizione del cartello.
Il precetto da rispettare, difatti, è quello contenuto nel provvedimento che disciplina la circolazione: il cartello stradale invece costituisce solo il mezzo con il quale si porta a conoscenza del pubblico l’avvenuta emanazione di quel provvedimento. Non era quindi, sufficiente, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito, la mera esistenza del cartello stradale, ma occorreva invece la prova che questo fosse stato apposto legittimamente, e cioè in base ad un legittimo provvedimento dell’organo competente a disciplinare, in quella zona, la circolazione.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata e la causa va rinviata ad altro giudice, il quale accerterà – dandone specifica motivazione – se l’Amministrazione, sulla quale grava il relativo onere probatorio, abbia in sede di opposizione ed in presenza di contestazione della violazione dell’art. 7, comma 1 lett. d) del codice della strada (per avere il trasgressore sostato in zona riservata a specifici autoveicoli) dimostrato la legittimità dell’imposizione di cui al cartello, producendo il provvedimento sulla base del quale è stato apposto dall’autorità competente a disciplinare nella zona la circolazione.
Il giudice del rinvio provvedere anche sulle spese per questa fase del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Catanzaro in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *