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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI
ordinanza 14 marzo 2014, n. 5995

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 11942/2012 proposto da:
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, in sostituzione del precedente difensore ed in virtu’ di procura speciale rilasciata per scrittura privata autenticata nelle firme in data (OMISSIS) per notar (OMISSIS) (rep. (OMISSIS)), dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, in sostituzione del precedente difensore ed in virtu’ di procura speciale conferita – ai sensi del novellato articolo 83 c.p.c. – a margine della memoria in atti del (OMISSIS), dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati presso lo studio degli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) di (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrenti –
e
(OMISSIS);
– intimato –
per la cassazione della sentenza n. 35 del 2012 della Corte di appello di Catania, depositata il 10 gennaio 2012 (notificata il 1 marzo 2012);
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2014 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
letta la memoria depositata – ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2, – nell’interesse dei ricorrenti;
sentito l’Avv. (OMISSIS) per i ricorrenti.
FATTO E DIRITTO
rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 25 febbraio 2013, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.: “Con citazione notificata il 19.08.1993 i sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano domanda di scioglimento della comunione ereditaria e ordinaria nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS).
Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 1166/2005, non definitivamente pronunciando, dichiarava lo scioglimento della comunione ereditaria con riguardo ai soli beni immobili e disattendeva la richiesta di dichiarazione di invalidita’ o comunque di rinnovazione della c.t.u., volta a definire il valore dei beni relitti dai defunti (OMISSIS) e (OMISSIS).
I sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) formulavano riserva d’appello, e, dopo la sentenza definitiva n. 1130/2009, che completava la divisione con riguardo ai beni mobili, proponevano appello davanti la Corte d’Appello di Catania.
Con sentenza n. 35/2012, depositata il 10 gennaio 2012 e non notificata, la Corte d’Appello di Catania respingeva tutti i motivi di appello.
Avverso tale decisione i sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano ricorso per cassazione, notificato il 2 maggio 2012 e depositato il 24 maggio 2012, deducendo due motivi.
Gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS) si costituivano con controricorso.
Ritiene il relatore che, nel caso di specie, sembrano sussistere i presupposti per il rigetto del ricorso, stante la manifesta infondatezza dei motivi formulati, in relazione all’articolo 375 c.p.c., n. 5, avuto riguardo all’articolo 380 bis c.p.c..
Con il primo motivo i ricorrenti hanno lamentato il difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, con riguardo allo stato di abbandono e conseguente totale svalorizzazione delle Aziende Contrada (OMISSIS) e (OMISSIS).
Hanno rimarcato, in particolare, l’ingiustizia della sentenza impugnata, in quanto non avrebbe rinnovato, per mera trascuratezza e negligenza, la c.t.u., volta alla definizione dell’esatto valore delle quote ereditarie in questione, con la conseguenza che tra due quote ereditarie, formalmente dello stesso valore, in realta’ una delle due valeva molto meno.
Tale doglianza appare manifestamente infondata.
Infatti, la Corte territoriale, con motivazione congrua ed adeguata, si e’ riportata alle c.t.u. esperite in primo grado, che avevano determinato per gli agrumeti due diversi valori per ettaro, applicando (senza l’allegazione di una idonea confutazione al riguardo) il valore di euro 21.000 per Ha con riguardo alle piantagioni ritenute piu’ scadenti ((OMISSIS)) e di euro 24.000 per Ha con riferimento a quelle migliori e con varieta’ piu’ pregiate ((OMISSIS)), non essendo, peraltro, stati offerti idonei riscontri per ritenere che, rispetto al momento del deposito delle relazioni peritali, le condizioni dei fondi si sarebbero dovute ritenere peggiorate (anziche’ migliorate).
Con il secondo motivo i ricorrenti hanno prospettato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 157 c.p.c., in ordine alla doglianza di nullita’ della c.t.u., per aver la Corte di Appello confermato il giudizio di inammissibilita’ della doglianza di nullita’ avanzata dagli stessi contro la c.t.u..
Tale doglianza appare, ad avviso del relatore, manifestamente infondata.
Non corrisponde al vero il fatto che la Corte territoriale abbia “supinamente” confermato il giudizio del primo giudice; infatti, la stessa Corte dopo aver riportato la motivazione del Tribunale di Siracusa, procedeva al riesame del comportamento delle parti, nelle udienze successive al deposito della cancelleria (con una piccola svista – omissione dell’udienza del 15 maggio 2003 – prontamente corretta dai ricorrenti).
Esaminando i verbali di causa, era emerso come, in realta’, non fosse stata mai stata avanzata un’eccezione di nullita’ in senso proprio della c.t.u., ma unicamente sollecitata la possibilita’ di modificazione dei progetti proposti dall’ausiliario del giudice, non producendo – come ha esattamente ritenuto la Corte etnea – alcuna conseguenza invalidante la mera circostanza del deposito tardivo della relazione c.t.u., potendo essa incidere solo sulla determinazione, in senso ridotto, del compenso previsto dalla legge.
In definitiva, si riconferma che, nel caso di specie, sembrano sussistere i presupposti per il rigetto del ricorso, potendosi ravvisare la manifesta infondatezza di entrambi i motivi con esso formulati, in relazione all’ipotesi enucleata dall’articolo 375 c.p.c., n. 5 (oltre che con riferimento al disposto dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1), donde la definibilita’ del ricorso stesso nelle forme del procedimento camerale ex articolo 380 bis c.p.c.”.
Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, la memoria difensiva depositata – ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2, – nell’interesse dei ricorrenti non apporta nuove argomentazioni sul piano giuridico che risultino idonee a confutare, in modo determinante, il contenuto della relazione stessa, non emerse nemmeno all’esito della discussione orale camerale;
riconfermato, in particolare, che, contrariamente a quanto assunto con la memoria difensiva depositata nell’interesse dei ricorrenti con riferimento al primo motivo, la Corte catanese, nella sentenza impugnata, ha sviluppato una motivazione essenzialmente sufficiente e logica circa il valore da attribuire alle aziende agricole di “contrada (OMISSIS) e contrada zona (OMISSIS)”, supportando il percorso argomentativo sia con il riferimento alle univoche valutazioni tecniche compiute dal consulente d’ufficio in relazione agli accertamenti dello stato di dette aziende al momento dell’effettuazione delle operazioni peritali (con conseguente apprezzamento delle migliorie giustificative dell’incremento del loro valore) sia con riguardo al difetto di allegazione di elementi contrari, da parte degli appellanti, utili a confutare la ricostruzione valutativa fatta dal c.t.u., con la conseguente legittimita’ del riferimento al prezzo medio di mercato dallo stesso ausiliario individuato ponendo riguardo alla riscontrate caratteristiche dei predetti fondi nell’anno 2003;
riconfermata, altresi’, la manifesta infondatezza della seconda censura sollevata dai ricorrenti, poiche’ la Corte di appello – sulla base del riscontro effettuato in relazione alle emergenze degli atti di causa del giudizio di primo grado – ha legittimamente rilevato la tardivita’ dell’eccezione di supposta nullita’ della relazione del c.t.u., dedotta dagli appellanti, sul presupposto che la stessa – come era necessario – non era stata formulata nella prima effettiva udienza celebratasi successivamente al deposito (ancorche’ tardivo) della medesima relazione dell’ausiliario del giudice, conformandosi all’univoco orientamento giurisprudenziale di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 22843 del 2006 e, da ultimo, Cass. n. 1744 del 2013) secondo cui l’eccezione di nullita’ della consulenza tecnica d’ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito, per tale intendendosi anche l’udienza successiva al deposito, nella quale il giudice nella quale il giudice abbia rinviato la causa per consentire l’esame della relazione, poiche’ la denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della relazione (senza, peraltro, trascurare che – nella fattispecie – l’eccezione di tardivita’ del deposito della relazione da parte del c.t.u. non aveva – come esattamente rilevato dalla Corte etnea – alcuna attitudine a produrne l’invalidita’, cosi’ come non l’avevano le contestazioni attinenti alla supposta indivisibilita’ o meno degli immobili e alla congruita’ della loro valutazione, investendo, invero, profili meramente tecnico-valutativi dell’accertamento peritale sottoposti al vaglio del giudice e legittimanti, in ipotesi, la possibile rinnovazione delle indagini peritali, evenienza della quale, oltretutto, la Corte territoriale, nell’ambito della sua discrezionalita’, non ha ritenuto che ne sussistessero i presupposti);
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti (in via solidale) al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate nei sensi di cui in dispositivo, sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimita’ dal Decreto Ministeriale Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtu’ dell’articolo 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012). Non occorre, invece, adottare alcuna pronuncia sulle spese in ordine al rapporto processuale instauratosi tra i ricorrenti e l’intimato (OMISSIS), che non ha svolto attivita’ difensiva nella presente sede di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per legge.

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