In tema di adozione, ai sensi degli artt. 8, ultimo comma, e 10, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come novellati dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, il procedimento volto all’accertamento dello stato di adottabilità deve svolgersi fin dalla sua apertura con l’assistenza legale del minore, il quale è parte a tutti gli effetti del procedimento, e, in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante, secondo le regole generali, e quindi a mezzo del rappresentante legale, ovvero, in caso di conflitto d’interessi, di un curatore speciale, soggetti cui compete la nomina del difensore tecnico. La nomina di un curatore speciale è necessaria qualora non sia stato nominato un tutore o questi non esista ancora al momento dell’apertura del procedimento, ovvero, come si diceva, nel caso in cui sussista d’interessi, anche solo potenziale, tra il minore ed il suo rappresentante legale. Tale conflitto è ravvisabile in re ipsa nel rapporto con i genitori, portatori di un interesse personale ad un esito della lite che può essere diverso da quello vantaggioso per il minore, mentre nel caso in cui a quest’ultimo sia stato nominato un tutore il conflitto dev’essere specificamente dedotto e provato in relazione a circostanze concrete, in mancanza delle quali il tutore non solo è contraddittore necessario, ma ha una legittimazione autonoma e non condizionata, che può liberamente esercitare in relazione alla valutazione degli interessi del minore

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

SENTENZA 8 giugno 2016, n.11782

Rilevato che:

Il Tribunale per i minorenni di Milano, con sentenza n. 18/2014 ha dichiarato lo stato di adottabilità di T.J. , nato il (omissis) da T.F. e da padre rimasto non identificato. Ha rilevato lo stato di grave deficit cognitivo della madre e la sua comprovata incapacità e mancanza di volontà rispetto al compito genitoriale. Il T.M., pur rilevando che T.N. , zia del minore, e il suo coniuge, C.M., sia del minore, e il suo coniuge, C.M. , avevano manifestato la disponibilità ad occuparsi del piccolo J. , dimostrando reale attaccamento e affetto nei suoi confronti, non li ha ritenuti idonei a supplire alla mancanza dell’unica figura genitoriale per una serie di fattori che ne limitano la disponibilità di tempo e che non consentono di esprimere un giudizio positivo sulla corretta assunzione di tale ruolo di supplenza della figura materna.

T.N. e C.M. hanno proposto reclamo contro la decisione del Tribunale minorile eccependo la nullità del procedimento di primo grado per violazione degli artt. 11 e 12 della legge n. 184/1983 e contestando nel merito la sussistenza dello stato di abbandono del minore.

La Corte di appello di Milano ha disposto C.T.U. che ha valutato positivamente la capacità della famiglia T. – C. di prendersi cura di J. . Sulle conclusioni conformi del Procuratore Generale, la Corte distrettuale ha revocato la dichiarazione di adottabilità, ha dichiarato la decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale e ha disposto l’affidamento del minore al Comune di Cantù per il suo collocamento presso l’abitazione degli zii T.N. e C.M. da attuarsi entro un mese dalla sentenza, previa presa in carico del minore e degli zii per la ripresa dei rapporti e la strutturazione di un progetto di supporto domiciliare e psicologico descritto in motivazione. Ha affidato al Comune il compito di regolamentare gli incontri con la madre.

Contro la decisione ricorre per cassazione il Comune di Cantù dopo aver ottenuto dalla Corte di appello di Milano provvedimento del 4/27 giugno 2015 di sospensione dell’esecuzione, ex art. 373 c.p.c., della sentenza impugnata. Il Comune ricorrente si affida a tre motivi di impugnazione.

Non svolgono difese i coniugi T. C. .

Con il primo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 4, e 10 della legge n. 184/1983 e dell’art. 336, comma 4, c.c.; mancato rispetto del principio del contraddittorio e del correlato diritto di difesa.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 8 e seguenti della legge n. 184/1983, come modificati dalla legge n. 149 del 2001, in relazione alla sussistenza dello stato di abbandono del minore; vizio motivazionale relativo a tale aspetto (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 320, comma 1, 343 e 357 c.c., in ordine all’assenza di nomina di un rappresentante legale del minore e vizio motivazionale relativo a tale aspetto (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3).

Ritenuto che:

Il primo motivo di ricorso è fondato. Come già affermato da questa Corte (Cass. civ., sezione n. 3804 del 17 febbraio 2010), in tema di adozione, ai sensi degli artt. 8, ultimo comma, e 10, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come novellati dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, il procedimento volto all’accertamento dello stato di adottabilità deve svolgersi fin dalla sua apertura con l’assistenza legale del minore, il quale è parte a tutti gli effetti del procedimento, e, in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante, secondo le regole generali, e quindi a mezzo del rappresentante legale, ovvero, in caso di conflitto d’interessi, di un curatore speciale, soggetti cui compete la nomina del difensore tecnico. La nomina di un curatore speciale è necessaria qualora non sia stato nominato un tutore o questi non esista ancora al momento dell’apertura del procedimento, ovvero, come si diceva, nel caso in cui sussista d’interessi, anche solo potenziale, tra il minore ed il suo rappresentante legale. Tale conflitto è ravvisabile in re ipsa nel rapporto con i genitori, portatori di un interesse personale ad un esito della lite che può essere diverso da quello vantaggioso per il minore, mentre nel caso in cui a quest’ultimo sia stato nominato un tutore il conflitto dev’essere specificamente dedotto e provato in relazione a circostanze concrete, in mancanza delle quali il tutore non solo è contraddittore necessario, ma ha una legittimazione autonoma e non condizionata, che può liberamente esercitare in relazione alla valutazione degli interessi del minore.

Dal coordinamento delle disposizioni di cui all’art. 8 comma 4 e 10 comma 2 della legge n. 184/1983 e successive modificazioni emerge non solo la volontà del legislatore di considerare necessaria la partecipazione al procedimento del minore e dei genitori, ovvero in mancanza, degli altri parenti entro il quarto grado che abbiano con il minore rapporti significativi, ma anche quella di garantire loro una assistenza legale finalizzata all’esplicazione di una effettiva difesa nel processo. Se l’art. 10 prevede che all’atto dell’apertura del procedimento genitori del minore siano avvertiti e invitati a nominare un difensore, nonché informati della nomina di un difensore di ufficio nel caso non vi provvedano, non può logicamente ritenersi che una tutela inferiore possa essere accordata alla partecipazione del minore al procedimento di cui è la parte principale, in ragione della mancata previsione di un tale invito al tutore già nominato o nominato contestualmente all’apertura del procedimento. Pur potendosi considerare implicito un tale avviso nella nomina del tutore, legata all’apertura del procedimento, non può non ritenersi infatti una conseguenza logica del diritto all’assistenza legale del minore, che la mancata nomina di un difensore da parte del tutore, che non abbia la qualità per stare in giudizio personalmente (cfr. Cass. civ., sezione I, n. 15363 del 22 luglio 2015), comporta necessariamente la nomina di un difensore d’ufficio ovvero la nomina di un curatore speciale che, se non abilitato a stare in giudizio personalmente, dovrà provvedere alla nomina.

Nella specie il Comune di Cantù, tutore provvisorio del minore, non ha provveduto alla nomina di un difensore tecnico e il Tribunale per i minorenni non ha disposto la nomina di un difensore di ufficio né di un curatore speciale. Ne è derivata la lesione del diritto di difesa del minore che non è stato assistito e non ha potuto esercitare alcun contraddittorio su tutti gli atti processuali che hanno costituito il presupposto per le decisioni dei giudici di merito. Ciò ha come conseguenza la nullità del procedimento per l’accertamento dello stato di adottabilità svoltosi senza l’assistenza legale del minore.

L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza della Corte di appello e la rimessione della causa al primo giudice che deciderà anche sulle spese relative al giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza della Corte di appello di Milano e, accertata la nullità del procedimento di adottabilità, rimette le parti davanti al Tribunale per i minorenni anche per le spese del giudizio. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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