Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 7 luglio 2014, n. 29562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDI Alfredo M. – Presidente
Dott. BEVERE Antonio – Consigliere
Dott. DE BERARDINIS Silva – rel. Consigliere
Dott. LAPALORCIA Grazia – Consigliere
Dott. LIGNOLA Ferdinando – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2482/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del 05/03/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/04/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PRATOLA Gianluigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 5.3.12 la Corte di appello di Salerno confermava nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la sentenza emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale del luogo, in data 8.4.2008, con la quale gli imputati erano stati dichiarati responsabili del reato di cui agli articoli 110 – 388 c.p. (ascritto per avere, in concorso tra loro, impedito il passaggio di (OMISSIS) sulla proprieta’ terriera, in tal modo eludendo l’ordinanza emessa nel giudizio possessorio dal Tribunale di Salerno, in data 2.5.2005 – nonche’ del reato di cui agli articoli 81, 110 e 610 c.p. per avere – con violenza consistita nel chiudere il cancello di ingresso, e con minaccia di morte – impedito al (OMISSIS) di continuare l’attivita’, sospendendo la marcia del mezzo agricolo -(fatti acc. in data (OMISSIS)).
Per tali reati era stata inflitta a ciascun imputato la pena di mesi tre di reclusione, oltre la condanna al risarcimento dei danni a favore della costituita parte civile.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:
1 – la mancata assunzione di prova decisiva.
Violazione dell’articolo 495 c.p.p., rilevando che la difesa aveva avanzato richiesta di ammissione di testi a discarico, e che tale prova era stata ammessa dal giudice, che – all’udienza in data 8.4.2009, aveva rilevato il difetto di citazione dei testi, avvisati a mezzo telegramma.
La difesa censurava sul punto la decisione del giudice che aveva dichiarato la parte “decaduta dalla prova”, revocandone l’ammissione; in tal senso riteneva violato il disposto dell’articolo 495 c.p.p. evidenziando che la Corte territoriale, pur ammettendo che il semplice difetto di citazione non comporta la revoca del mezzo di prova, aveva tuttavia ritenuto superflua l’assunzione delle testimonianze stesse.
Osservava peraltro che la decisione di non ammettere la prova risultava del tutto arbitraria, essendo state indicate le circostanze sulle quali i testi avrebbero dovuto deporre.
2 – Inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 110 c.p..
Sul punto la difesa censurava la decisione per aver ritenuto configurabile il concorso degli imputati rilevando che la Corte di Appello, dopo aver constatato che la condotta contestata era stata realizzata da (OMISSIS), aveva reso motivazione illogica affermando che (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano recati sul luogo per rafforzare il proposito criminoso del padre.
La difesa rilevava che i predetti imputati si erano recati con il genitore in un luogo di proprieta’ della famiglia, e che pertanto tale comportamento era lecito.
Per tali motivi concludeva chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
RILEVA IN DIRITTO
Il ricorso risulta dotato di fondamento.
Invero deve ritenersi sussistente la dedotta violazione dell’articolo 495 c.p.p. per quanto rilevato con il primo motivo di ricorso.
Deve rilevarsi che, innanzi al Tribunale, all’udienza del 30.3.2009, il difensore aveva dichiarato di aderire all’astensione proclamata per tale data ed alla udienza di rinvio-fissata per l’8.4.09, era stata prodotta dalla difesa la prova della citazione dei testi a mezzo telegramma. A tal punto il giudice di primo grado aveva ritenuto non rituale la citazione dei testi, dichiarando la parte decaduta dalla prova. Tanto, secondo quanto dedotto in grado di appello. Sul punto la difesa aveva fondato specifico motivo di gravame, che e’ stato disatteso dalla Corte territoriale evidenziando che tale citazione non era regolare, richiamando il disposto dell’articolo 468 c.p.p..
Orbene, la decisione si rivela in contrasto con il principio enunciato da questa Corte con sentenza, Sez. 3 – n. 13507 del 9.4.10, RV. 246604 – ove si stabilisce che – la mancata citazione del teste per l’udienza non comporta la decadenza della parte richiedente dalla prova, salvo che quest’ultima sia superflua o la nuova autorizzazione alla citazione per un’udienza successiva comporti il ritardo della decisione. Nella specie, non si ravvisano pertanto, alla stregua di quanto specificato in sentenza gli estremi per ritenere legittima la pronunzia di decadenza della difesa dalla prova testimoniale, e risulta violato il disposto dell’articolo 495 c.p.p..
Consegue la nullita’ del provvedimento impugnato, ritenendosi assorbite le ulteriori censure del ricorrente dalla rilevata nullita’ del giudizio.
Si impone pertanto l’annullamento dell’impugnata sentenza con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo esame.

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