Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza  6 agosto 2015, n. 34348

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza impugnata, ha confermato quella emessa dal Tribunale di Busto Arsizio, che aveva condannato Z.H. per lesioni gravi in danno di M.P., avendogli asportato, con un morso, una parte consistente del padiglione auricolare. Fatto avvenuto all’esito di un incontro di calcio, nel corso del quale Z. aveva subito un fallo ed era stato ingiuriato dalla persona offesa.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto personalmente ricorso per Cassazione l’imputato lamentando:
– la violazione delle regole di valutazione probatoria, essendo stata pronunciata condanna sulla base delle dichiarazioni incongruenti della persona offesa, incompatibili con quelle di altri testimoni d’accusa;
– un vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento della legittima difesa, negata sulla base della ritenuta inattendibilità della prospettazione difensiva;
– una carenza di motivazione con riguardo alla mancata concessione dell’attenuante dell’art. 62, n. 5, cod. pen.;
– la manifesta illogicità della motivazione con riguardo al computo della pena; – una mancanza di motivazione con riguardo alla provvisionale liquidata.

Considerato in diritto

Tutti i motivi di ricorso sono inammissibili per mancanza di specificità. Il ricorrente si limita a riproporre le tesi sostenute in giudizio e a ripetere i motivi d’appello senza minimamente confrontarsi con l’articolata motivazione dei giudici di primo e secondo grado, i quali hanno posto in evidenza che:
– le dichiarazioni della persona offesa sono inconfutabili, perché sorrette da idonea certificazione medica e dalle testimonianze dei soggetti presenti, che le hanno integralmente confermate (l’imputato aggredì proditoriamente il M. e, dopo averlo scaraventato per terra, lo morse staccandogli un orecchio);
– la legittima difesa è improponibile, perché nessuna offesa fisica era stata portata neri suoi confronti (egli era stato solo ingiuriato in precedenza);
– l’attenuante dell’art. 62, n. 5, cod. pen. (l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con l’azione o l’omissione dei colpevole, il fatto doloso della persona offesa) presuppone una condotta dolosa della persona offesa, che sia in relazione causale con l’evento (dato, nella specie, dalla lesione dell’integrità fisica), mentre, nella specie, la lesione a lui addebitata è stata conseguenza esclusiva della sua condotta;
– la determinazione della pena operata dal giudice di prima cura è perfettamente adeguata alla gravità dei fatto e alla personalità dell’imputato: il primo caratterizzato dal “calvario” della persona offesa, che ha dovuto subire ben sei interventi per tentare di rimediare allo sfacelo dell’orecchio, provocato dal morso; la seconda dalla negativa personalità dell’imputato, gravato di precedenti specifici e alieno da qualsiasi resipiscenza, come dimostrato dal comportamento processuale, teso a negare l’evidenza;
– la doglianza concernente l’entità della provvisionale presenta evidenti profili di inammissibilità, tenuto conto del condivisibile e consolidato indirizzo interpretativo delineatosi nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui le questioni concernenti le statuizioni relative alla provvisionale non sono deducibili in sede di legittimità quando l’importo, per la sua non particolare rilevanza, come nella specie (ventimila euro, a fronte di una lesione all’orecchio che richiede interventi di alta chirurgia), rientri nell’ambito del danno prevedibile (in termini, “ex plurimis”, Sez. 2, 20 giugno 2003, Lucarelli, RV. 226454. Conf.: Cass.7092/1997 Rv. 208234; N. 6727 del 1995, Rv. 201775).
Alla luce di questi dati, oggettivamente emersi dall’istruttoria dibattimentali e logicamente interpretati dai giudici di merito, emerge la piena ed incensurabile fondatezza della sentenza impugnata e l’assoluta inconsistenza delle doglianze contenute nei motivi del ricorso, che va dichiarato inammissibile. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ravvisandosi profili di colpa nella proposizione del ricorso, al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima equo determinare in Euro 1.000. Egli va anche condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 a favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in € 2.000, oltre accessori come per legge.

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