Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 21 marzo 2016, n. 11918

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Antonio – Presidente

Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio – rel. Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1302/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del 12/01/2015;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/01/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SETTEMBRE ANTONIO;

Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, Dr.ssa FILIPPI Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La corte d’appello di Lecce ha, con la sentenza impugnata, confermato quella emessa dal Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne, che aveva condannato (OMISSIS) per essersi attribuito – falsamente – la qualita’ di amministratore della (OMISSIS) srl (articolo 494 cod. pen.).

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, lamentando la violazione dell’articolo 649 cod. proc. pen..

Rileva di essere gia’ stato condannato, con sentenza del Tribunale di Brindisi, sezione distaccata di Mesagne, del 28-3-2013, per il reato di truffa in danno della (OMISSIS) s.r.l., commesso proprio attribuendosi falsamente la qualita’ di amministratore della (OMISSIS) s.r.l.. Pertanto, sostiene, non avrebbe potuto essere nuovamente giudicato, versandosi in una ipotesi di “medesimezza del fatto”, seppur diversamente qualificato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato.

La preclusione del “ne bis in indem” non opera ove tra i fatti gia’ irrevocabilmente giudicati e quelli ancora da giudicare sia configurabile un’ipotesi di “concorso formale di reati”, potendo in tal caso la stessa fattispecie essere riesaminata sotto il profilo di una diversa violazione di legge, salvo che nel primo giudizio sia stata dichiarata l’insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell’imputato (Cass. n. 25141 del 15/4/2009; n. Vedi anche n. 50310 del 18-9-2014).

Nella specie, l’imputato e’ stato giudicato, con sentenza passata in giudicato, per il reato di truffa, commesso col farsi consegnare due box prefabbricati con la promessa di pagamento differito, dopo essersi presentato al venditore con la qualifica di amministratore della (OMISSIS) s.r.l.. Il primo giudizio ha avuto ad oggetto, principalmente, l’artifizio consistito nell’indurre il venditore ad accettare un mezzo di pagamento inidoneo, perche’ non sorretto da adeguata provvista, e il danno per la persona offesa. Il presente giudizio ha ad oggetto, esclusivamente, l’attribuzione della falsa qualifica, che costituisce fatto diverso e ulteriore rispetto a quello per cui e’ intervenuta condanna. L’articolo 494 cod. pen. contempla, infatti, un reato plurioffensivo, in cui e’ compresa sia l’offesa ad un interesse pubblico (l’esatta individuazione – nella svolgimento della vita sociale e dei rapporti economici – della persona o delle sue qualita’), sia l’offesa alla persona sostituita (in questo caso, la (OMISSIS) s.r.l. ed il suo amministratore), indebitamente esposta alle ripercussioni negative della sostituzione. La truffa e’, invece, reato che offende il patrimonio. Univoco e’, pertanto, l’indirizzo giurisprudenziale, che afferma la sussistenza del concorso tra il delitto in esame e quello di truffa, sia per la diversita’ dei beni giuridici tutelati, sia perche’ la sostituzione di persona non costituisce un elemento necessario della truffa (Cass., n. 49227 del 10/12/2009; Sez. 6, n. 9470 del 5/11/2009; Sez. 2, n. 35443 del 6/7/2007).

La diversita’ dei beni giuridici che sono oggetto della tutela consente quindi di affermare che, anche sotto il profilo dell’idem factum, non vi sia coincidenza tra la sostituzione di persona e la truffa, perche’ tra il fatto giudicato e quello da giudicare non vi e’ coincidenza dell’intera materialita’ del reato nei suoi tre elementi, costituiti da condotta, evento e nesso causale, attenendo l’offesa all’evento del reato.

Consegue a tanto che il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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