Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 20 gennaio 2014, n. 2253
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 8 aprile 2013 il Tribunale del riesame di Firenze, confermando il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena, ha disposto che B.G. rimanesse sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, quale indagato a titolo di concorso per il delitto di cui all’art. 2638, commi primo e terzo, del codice civile.
1.1. Secondo l’accusa il B. , nella sua qualità di direttore dell’area finanza della banca Monte dei Paschi di Siena, aveva contribuito a mantenere occultato per tre anni nella cassaforte del direttore generale V.A. un contratto di mandate agreement stipulato nel luglio 2009 tra la predetta banca e la società Nomura International p.l.c, col quale si era realizzato un collegamento negoziale fra alcune operazioni di investimento in B.T.P. e la ristrutturazione del veicolo Alexandria; così facendo i vertici dell’istituto bancario avevano ostacolato l’esercizio delle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia.
1.2. Il Tribunale, respinte due eccezioni di rito e richiamata per relationem la motivazione del g.i.p. in ordine alla gravità indiziaria, stante la mancanza di specifiche contestazioni sul punto, si è soffermato sulle esigenze cautelari valorizzando il pericolo di fuga e il possibile inquinamento probatorio. Quanto all’adeguatezza della misura, ha rimarcato l’attitudine criminale dell’indagato ed espresso il convincimento che egli, in caso di allentamento del regime carcerario, non avrebbe avuto remore a sottrarsi alle gravi conseguenze del reato, potendo contare sull’appoggio di soggetti residenti all’estero.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite del difensore, affidandolo a quattro motivi.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ripropone l’eccezione di nullità dell’interrogatorio di garanzia del 16 marzo 2013, nonché degli atti successivi. Rileva, al riguardo, che dopo l’emissione dell’ordinanza impositiva della custodia cautelare il giudice per le indagini preliminari di Milano aveva trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica di Siena per ragioni di competenza; il g.i.p. di Siena, richiesto dal pubblico ministero della rinnovazione della misura, aveva omesso l’interrogatorio di garanzia e per tale ragione, su eccezione della difesa, aveva rimesso in libertà l’indagato; di seguito, richiesto dell’emissione di una nuova misura, aveva provveduto all’interrogatorio informandone tuttavia il difensore con un preavviso di poche ore, insufficienti per lo studio degli atti posti a fondamento della misura (fra l’altro neppure depositati nella loro totalità). A confutazione della linea argomentativa addotta dal Tribunale, secondo cui la rinnovazione della misura cautelare non richiedeva un nuovo interrogatorio, stante l’identità del reato e del compendio indiziario, osserva che la contraria decisione assunta dal g.i.p. di Siena non poteva essere sindacata e che l’assunzione dell’interrogatorio era necessitata dal disposto dell’art. 302 cod. proc. pen..
2.2. Col secondo motivo il ricorrente rinnova l’eccezione di inefficacia della misura cautelare per incompleta trasmissione al Tribunale del riesame degli atti utilizzati dal g.i.p.; specifica gli atti mancanti individuandoli nelle sommarie informazioni testimoniali di R. , negli appunti manoscritti dell’indagato sottoposti a sequestro, nel materiale di intercettazione relativo alla conversazione intercorsa fra B. e S. . A confutazione dell’argomento addotto dal Tribunale, con l’osservare che gli atti trasmessi superavano la prova di resistenza, osserva che tale affermazione non è in alcun modo motivata ed insiste sulla rilevanza degli atti mancanti.
2.3. Col terzo motivo il ricorrente contrasta il giudizio espresso dal Tribunale circa la sussistenza delle esigenze cautelari, denunciando l’omessa confutazione dei motivi di riesame. A tal fine prende partitamente in considerazione, in chiave contestativa, gli argomenti sviluppati nell’ordinanza genetica.
2.4. Col quarto motivo denuncia apparenza o illogicità della motivazione in ordine all’adeguatezza della misura, avendo il giudice del riesame omesso di spiegare per quali ragioni l’adozione di una misura meno afflittiva, come il divieto di espatrio, non potesse ritenersi sufficiente a fronteggiare le esigenze cautelari, così come prospettate nell’ordinanza.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato nel primo motivo, con efficacia assorbente di ogni altra censura.
1.1. Occorre premettere che la custodia cautelare nei confronti del B. è stata disposta, in primis, dal giudice per le indagini preliminari di Milano contestualmente alla convalida del fermo, disposto dal Procuratore della Repubblica di Siena ed eseguito nel capoluogo lombardo. Dopo avere a ciò provveduto, il g.i.p. di Milano ha trasmesso gli atti a quello di Siena, quale giudice competente ratione loci.
1.2. A norma dell’art. 27 cod. proc. pen., il giudice investito della competenza deve emettere un nuovo provvedimento cautelare entro venti giorni dalla trasmissione degli atti, in mancanza di che la misura già applicata perde efficacia. A tanto il g.i.p. di Siena ha provveduto con ordinanza in data 8 marzo 2013; senonché, avendo omesso l’espletamento dell’interrogatorio di garanzia, lo stesso giudice ha in seguito rilevato – dietro sollecitazione della difesa – la conseguente perdita di efficacia della misura; ciò ha fatto in osservanza del principio giurisprudenziale secondo cui “ove […], con il nuovo provvedimento cautelare siano stati contestati fatti di reato diversi o ulteriori, ovvero esso sia stato adottato sulla scorta di gravi indizi di colpevolezza o per esigenze cautelari in tutto o in parte diversi da quelli posti a fondamento dell’ordinanza emessa dal Giudice incompetente, l’interrogatorio di garanzia deve essere effettuato dal Giudice competente nei termini di cui all’art. 294 c.p.p., pena la perdita di efficacia della misura ai sensi dell’art. 302 c.p.p.” (così, in motivazione, Sez. U, n. 39618 del 26/09/2001, Zaccardi, Rv. 219975: v. anche Sez. 2, n. 29924 del 17/04/2007, Cappuccio, Rv. 237697). Essendosi conseguentemente disposta la scarcerazione del B. , è seguita a richiesta del P.M. l’emissione della nuova ordinanza di custodia cautelare datata 17 marzo 2013, cui si riferisce il ricorso in trattazione. Ed è sull’interrogatorio effettuato anteriormente a quest’ultimo provvedimento che si appunta l’eccezione di nullità sollevata dal ricorrente.
2. Viene, a questo punto, in considerazione il disposto dell’art. 302 cod. proc. pen., il quale fa obbligo al giudice che abbia disposto la liberazione dell’indagato, a seguito della perdita di efficacia della custodia cautelare, di procedere all’interrogatorio prima di disporre nuovamente la stessa misura. Il Tribunale del riesame ha ritenuto che detta norma non dovesse trovare applicazione nel caso di specie in quanto, contrariamente al convincimento espresso dal g.i.p., l’identità del titolo di reato e degli elementi posti a fondamento della misura cautelare esimevano dalla rinnovazione dell’interrogatorio di garanzia.
2.1. Siffatta linea argomentativa presta il fianco a gravi critiche. Sebbene, invero, il potere di sindacato del giudice del riesame sia ampio e completo nei confronti del provvedimento portato alla sua disamina, altrettanto non è a dirsi nei riguardi di altri provvedimenti che, anteriormente emessi, non siano stati investiti da impugnazione nei modi e nei termini all’uopo prescritti.
2.2. Il deliberato col quale il g.i.p. di Siena, valutata la novità di parte del compendio indiziario posto a base dell’ordinanza custodiale datata 8 marzo 2013, ha ravvisato l’obbligatorietà dell’espletamento di un nuovo interrogatorio, invece mancato, e ha conseguentemente disposto la scarcerazione del B. , era impugnabile ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.; mancato l’appello del pubblico ministero non era certamente nei poteri del Tribunale dedicarsi d’ufficio alla disamina di eventuali vizi mai denunciatigli, fino a considerare tamquam non esset quel provvedimento che, invece, costituiva l’insindacabile presupposto per l’applicazione dell’art. 302 del codice di rito con riferimento all’unica ordinanza (quella del 17 marzo 2013) del cui riesame era stato investito.
3. Orbene, la norma da ultimo citata dispone, come si è già avvertito, che l’emissione della nuova ordinanza cautelare sia preceduta dall’interrogatorio dell’indagato, per la cui ritualità è necessaria l’osservanza delle disposizioni dettate dall’art. 294 cod. proc. pen.; fra queste viene qui in evidenza quella recata dal comma 4, in base alla quale “al pubblico ministero e al difensore, che ha obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell’atto”.
3.1. La mancata indicazione, nel testo normativo, di un termine tassativo utile a fissare il significato dell’aggettivo “tempestivo” rende necessario il ricorso a un criterio ermeneutico che tenga conto della concreta possibilità, per il difensore, di essere fisicamente presente al compimento dell’atto e di svolgere un’adeguata assistenza difensiva (v. Sez. 1, n. 40523 del 10/10/200, Assinnata, Rv. 220240). La giurisprudenza ha anche chiarito che nel concetto di “tempestività” devono essere presi in considerazione fattori eterogenei, tra i quali la distanza spaziale del luogo di abituale residenza del difensore, rispetto a quello in cui l’interrogatorio deve aver luogo, considerando, peraltro, anche la rapidità dei moderni mezzi di locomozione e di comunicazione (Sez. 1, n. 1133 del 17/03/1993, Papalia, Rv. 193722). Ma a ciò deve aggiungersi che, ai fini dell’espletamento di un’attività difensiva professionalmente adeguata, deve riconoscersi al difensore la possibilità di prendersi il tempo necessario ad esaminare gli atti processuali, ancorché già depositati in precedenza; e ciò va detto anche a prescindere dal rilievo, mosso dal ricorrente, circa l’incompletezza del materiale investigativo pervenuto all’ufficio del g.i.p. in quella fase procedimentale.
3.2. Alla stregua dei principi suesposti non può certamente definirsi tempestiva una comunicazione trasmessa via fax al difensore alle ore 11.33 del giorno in cui l’interrogatorio doveva compiersi, alle ore 16.00, considerata la distanza tra l’ufficio del Tribunale di Siena e lo studio legale in Roma.
3.3. Nel panorama giurisprudenziale sul tema è dato anche rinvenire arresti che considerano ritualmente dato l’avviso quando il difensore sia stato posto comunque in grado di nominarsi un sostituto o di chiedere un differimento dell’atto da compiersi (Sez. 1, n. 34930 del 15/03/2011, Buono, Rv. 251485; Sez. 6, n. 3559 del 29/09/2000, Ekwelum, Rv. 217387); ma, sotto il primo profilo, è agevole obiettare che la nomina di un sostituto potrebbe consentire, bensì, la presenza di un difensore all’interrogatorio (non diversamente, peraltro, da quanto lo consente la nomina di un difensore d’ufficio), ma non anche lo studio degli atti in vista dell’apprestamento di un’assistenza effettiva all’interrogato; sotto il secondo profilo va rimarcato che, nel caso di specie, la richiesta di un rinvio dell’incombente al giorno successivo è stata effettivamente formulata, ma disattesa dal giudice, per cui il rimedio ipotizzato dalle citate enunciazioni giurisprudenziali è rimasto vanificato.
4. Deve dunque concludersi che l’interrogatorio del B. espletato il 16 marzo 2013 è viziato da inosservanza dell’art. 294, comma 4, cod. proc. pen.. Ne rimane consequenzialmente travolta l’ordinanza di custodia cautelare emessa il giorno successivo (v. Sez. 1, n. 1133 del 17/03/1993, Papalia, Rv. 193723), che va dunque annullata senza rinvio unitamente all’ordinanza del Tribunale del riesame qui impugnata.
4.1. L’indagato B.G. deve essere immediatamente scarcerato, se non detenuto per altra causa; di tanto va data comunicazione al Procuratore Generale in sede, per i provvedimenti occorrenti ex art. 626 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché quella impositiva emessa il 17/03/2013, e ordina l’immediata scarcerazione di B.G. se non detenuto per altra causa. Manda al P.G. presso questa Corte per i provvedimenti conseguenti ex art. 626 cod. proc. pen..
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