Cassazione 14

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE V

SENTENZA 17 marzo 2016, n. 11384

Ritenuto in fatto

Con sentenza in data 8 ottobre 2014, la Corte d’appello di Bologna, 3 Sezione penale, in parziale riforma della sentenza di condanna in data 7 giugno 2012 pronunziata dal Tribunale di Ravenna nei confronti di T.S. e R.S. , concedeva al primo il beneficio della non menzione della condanna e confermava nel resto la condanna stessa, che in primo grado era stata irrogata in ragione di un mese di reclusione quanto al T. e di quattro mesi quanto al R. , con concessione della sospensione condizionale della pena solo al T. e con condanna di entrambi gli imputati e dei responsabili civili fra loro in solido al risarcimento del danno in favore delle parti civili da liquidarsi in separata sede, con assegnazione di una provvisionale, nonché alla refusione delle spese di giustizia.

Quanto precede in ordine al reato p. e p. dagli artt. 113 e 590, commi 2 e 3, cod.pen. (contestato al T. quale dirigente di Herambiente s.p.a. e al R. quale legale rappresentante della Gestimm Manutenzioni s.r.l.), in relazione a un infortunio sul lavoro occorso a G.T. , dipendente della Gestimm Manutenzioni, il 3 ottobre 2009: il Giuliani, operando presso due vasche ex decantazione acque, doveva procedere assieme ad altri operai alla bonifica e allo smantellamento di una passerella in metallo posizionata sopra una delle dette vasche; dopo aver tagliato i bulloni di ferro che fissavano la passerella, si spostava all’interno della vasca per verificare il motivo per cui il manufatto non si spostava, ma improvvisamente la passerella si inclinava e cadeva, rovinando addosso al G. e provocandogli lesioni guaribili oltre il quarantesimo giorno. Nell’imputazione sono inoltre elencate le norme in tema di prevenzione infortuni che si assumono violate nel caso di specie, con la precisazione che per esse è intervenuta estinzione ex D.Lgs. n. 758/1994.

Avverso la prefata sentenza ricorrono tanto il T. quanto il R. , nonché la responsabile civile Herambiente s.p.a., per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia.

Muovendo dal ricorso presentato nell’interesse del T. , corredato da vari allegati, esso si articola in tre motivi.

3.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’insussistenza di condotte colpose a carico del ricorrente: in particolare questi contesta che l’operazione in corso di svolgimento al momento dell’infortunio (ossia lo smantellamento della passerella in metallo) fosse qualificabile come ‘cantiere temporaneo o mobile’, lamentando che, per potersi configurare le violazioni degli artt. 88 e ss. D.Lgs. 81/2008, (che presuppongono l’apertura di un cantiere temporaneo) sarebbe stato necessario che l’attività cantieristica fosse già iniziata; ma ciò non era avvenuto, anzi non erano state neppure avviate le gare d’appalto; si versava invece in un’attività di manutenzione ordinaria, in forza di un contratto tra la Herambiente e la Gestimm Manutenzioni che durava da circa quattro anni. Lamenta inoltre il ricorrente l’assenza di profili riconducibili al difetto di coordinamento (in relazione all’omessa nomina di coordinatori) addebitato al T. nell’imputazione, difetto di coordinamento che risulterebbe escluso dalla sentenza di primo grado, atteso che da quest’ultima risulta che la Gestimm Manutenzioni in realtà operava da sola, oltreché in una posizione di piena autonomia organizzativa e gestionale. Si contesta inoltre l’addebito della mancata verifica dell’idoneità tecnico-professionale della Gestimm Manutenzioni, società con la quale Herambiente aveva in esecuzione un contratto ormai pluriennale e in ordine alla quale la verifica era stata effettuata in modo rispondente ai criteri fissati dalla giurisprudenza.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra la condotta addebitata al T. , nella sua qualità, e l’evento lesivo. Sul punto, pur partendo dalla corretta premessa secondo cui occorre accertare la rilevanza causale di ciascuna delle condotte omissive contestate, la Corte di merito finisce per ravvisare il nesso eziologico in relazione a un insieme indistinto di condotte, nelle quali convergono le omissioni attribuite non solo al T. , ma anche al R. ; e ciò a fronte del fatto che la stessa AUSL si espresse al riguardo in modo dubitativo. Il che, lamenta il ricorrente, avrebbe dovuto quanto meno imporre l’assoluzione del T. , non essendo provato il suo apporto causale al di là di ogni ragionevole dubbio.

3.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva a lui applicata con la sanzione pecuniaria sostitutiva, a fronte di richiesta in tal senso.

Il ricorso presentato nell’interesse di R.S. , a sua volta corredato di allegati, è anch’esso articolato in tre motivi.

4.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge in riferimento alla ritenuta inapplicabilità delle previsioni in materia antinfortunistica di cui agli artt. 88, 89 e 90 D.Lgs. 81/2008, che regolano le misure da adottare per la salute e sicurezza all’interno dei cantieri temporanei o mobili, atteso che l’attività posta in essere dalla persona offesa era di manutenzione ordinaria (il motivo in esame riprende sostanzialmente quanto dedotto nel primo motivo del ricorso T. , cui si fa rinvio).

4.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 40 e 41 cod.pen., atteso che non può porsi a carico del datore di lavoro la condotta del G. , consistita nello scendere inopinatamente nella vasca ove poi cadde la passerella, condotta ritenuta anomala e imprevedibile, nonché abnorme, sì da interrompere il nesso causale tra l’ipotizzata condotta negligente del R. e l’evento lesivo.

4.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod.pen., per avere la Corte di merito escluso qualunque concorso di colpa della persona offesa, pur avendo definito la sua condotta come rischiosa.

Il ricorso presentato nell’interesse della responsabile civile Herambiente, corredato anch’esso di allegati, si articola in cinque motivi.

5.1. I primi due motivi (riferiti, rispettivamente, all’inapplicabilità della normativa sui cantieri mobili e temporanei e alla effettuata verifica dell’idoneità tecnico-professionale della Gestimm Manutenzioni) si fondano, sostanzialmente, su argomenti sovrapponibili a quelli illustrati a proposito dei primi due motivi del ricorso T. , ai quali pertanto si fa rinvio.

5.2. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta sussistenza di condotte causalmente rilevanti attribuibili al T. : si lamenta in particolare che l’unica violazione eziologicamente rilevante individuata dagli ufficiali di polizia giudiziaria (ossia la violazione dell’art. 154, comma 1, D.Lgs. 81/2008, relativa al non avere vietato sosta e transito in zona esposta al pericolo) era stata attribuita al solo R. , e non anche al T. , e dunque non riguardava Herambiente s.p.a..

5.3. Con il quarto motivo si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al fatto che la condotta, ritenuta abnorme, della persona offesa avrebbe interrotto il nesso causale tra eventuali omissioni attribuibili agli imputati e l’evento lesivo: la doglianza è riconducibile e sostanzialmente sovrapponibile, sul piano argomentativo, a quella di cui al secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse dell’imputato R. .

5.4. Con il quinto e ultimo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento all’art. 539, comma 2, cod.proc.pen., in ordine alla misura eccessiva della provvisionale liquidata, sicuramente eccedente i limiti del danno per cui la prova era stata raggiunta.

Va dato conto che, con atti depositati in cancelleria rispettivamente il 2 e il 3 febbraio 2016, le Parti civili INAIL e G.T. , per il tramite dei propri difensori, hanno reso noto che la costituzione di parte civile deve intendersi revocata, essendo intervenuto integrale risarcimento. Con ulteriore atto depositato in cancelleria, la Herambiente per il tramite del proprio difensore ha chiesto darsi atto, in conseguenza di ciò, dell’intervenuta decadenza dell’azione civile.

Considerato in diritto

Il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse del T. (al quale possono ricondursi, nella parte in cui si contesta l’applicabilità degli artt. 88 e ss. D.Lgs. 81/2008, il primo motivo del ricorso nell’interesse del R. ed il primo motivo del ricorso Herambiente) affronta, come si è visto, una pluralità di aspetti, su ciascuno dei quali conviene chiarire alcuni principi, in relazione ai quali il motivo in esame deve ritenersi infondato.

1.1. Circa la qualificazione dei lavori come manutenzione ordinaria, anziché come cantiere temporaneo, deve premettersi che detti lavori, in base a quanto si ricava dalla relazione dell’AUSL di Ravenna in atti, consistevano nella bonifica e nello smantellamento di una passerella metallica di rilevanti dimensioni, posizionata sull’estremità del muro di separazione di due vasche, nel quadro del ripristino strutturale e funzionale di un impianto di acque reflue. Le modalità esecutive dell’operazione prevedevano dapprima il taglio dei bulloni di fissaggio della passerella; quindi il taglio di parte della struttura a tratti di 4-5 mt., previo fissaggio a un argano denominato tirfort, infine il sollevamento della passerella mediante una gru, per trascinarla fuori delle vasche.

Ciò premesso, va osservato che l’art. 89 del D.Lgs. 81/2008 rimanda, per la nozione di lavori che qualificano il luogo come ‘cantiere temporaneo’, all’allegato X al decreto: si tratta dei ‘lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali’.

In tal senso, come correttamente osservato nella sentenza impugnata, lo smantellamento della passerella metallica (struttura avente, si ripete, notevoli dimensioni) alla quale stava lavorando assieme ad altri operai la persona offesa G.T. , non può che qualificare il luogo di svolgimento del lavoro in questione come cantiere temporaneo, nel senso indicato nell’imputazione.

Né, a fronte di ciò, assume rilievo a contrario il fatto che il contratto vigente fra la Herambiente e la Gestimm Manutenzioni, allegato in copia al ricorso, facesse riferimento ad opere, genericamente qualificate come di manutenzione, tra le quali (peraltro in via interpretativa) poteva farsi rientrare anche lo smantellamento della passerella in occasione della quale avvenne l’evento lesivo a carico del G. , il quale si era posizionato al di sotto della passerella stessa per verificare le ragioni che ne impedivano la rimozione; così come alcun rilievo può annettersi, per analoghe ragioni, al capitolato d’appalto posto in essere tra Herambiente e il consorzio Arco.Lavori, del quale la Gestimm Manutenzioni faceva parte.

1.2. Parimenti irrilevante, in relazione alla tipologia fattuale dei lavori in corso di svolgimento al momento del fatto, è la circostanza che l’attività definita ‘cantieristica’ nel ricorso, e oggetto della D.I.A. presentata dal T. al Comune di Ravenna, fosse prevista in un momento successivo all’evento oggetto del processo, ossia a partire dal 26 ottobre 2009: sul punto la Corte di merito motiva convenientemente in ordine alla necessaria funzionalità prodromica della rimozione della passerella rispetto ai lavori cui si riferiva la D.I.A., tra i quali rientrava la realizzazione di una passerella in cemento al posto di quella metallica.

In sostanza, è corretto l’incedere motivazionale seguito dalla Corte territoriale, in base al quale, indipendentemente dall’inquadramento formale e contrattuale delle opere in corso di svolgimento al momento dell’evento, lo smontaggio della passerella metallica qualificava in concreto il luogo di lavoro come cantiere temporaneo e imponeva dunque l’adozione di tutte le cautele e misure all’uopo previste, con conseguente applicazione delle previsioni di cui agli artt. 88 e ss., D.Lgs. 81/2008.

Ciò posto, e a premessa degli ulteriori argomenti affrontati nel motivo di ricorso in esame, va ricordato che, allorquando un cantiere temporaneo o mobile viene in essere all’interno del processo produttivo di un’impresa, il datore di lavoro committente, oltre che alla valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è tenuto: a) nel caso di appalto interno conferito ad una sola impresa o ad un singolo lavoratore autonomo, a redigere il documento di valutazione dei rischi di cui all’art. 26, comma terzo, del D.Lgs. n. 81 del 2008; b) nel caso in cui i lavori contemplino l’opera di più imprese o lavoratori autonomi, anche in successione tra loro, a nominare il coordinatore per la progettazione, il quale, ai sensi dell’art. 91 del citato D.Lgs., deve redigere il piano di sicurezza e di coordinamento, che ha valore di documento di valutazione del rischio interferenziale (in tal senso vds. la recente Sez. 4, n. 14167 del 12/03/2015, Marzano, Rv. 263150).

Ora, dall’incarto disponibile (ne fa fede la stessa relazione redatta dall’AUSL in allegato n. 7 al ricorso), risulta che sul posto, il giorno dell’infortunio, operavano quattro dipendenti della Gestimm Manutenzioni, mentre nei giorni precedenti, all’interno di una delle vasche, avevano operato alcuni dipendenti della ditta CMC di Ravenna per le opere in muratura; quest’ultima ditta, le cui attrezzature erano ancora presenti all’interno della vasca, avrebbe dovuto operare anche successivamente.

Al riguardo, non può condividersi l’assunto, fatto proprio dal ricorrente, in base al quale il dovere di coordinamento scatterebbe unicamente in caso di compresenza di più imprese, quale presupposto della nomina di coordinatori: è lo stesso dato testuale dell’art. 90, commi 3 e 4, D.Lgs. 81/2008, a fare espresso riferimento ai ‘cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea’, facendone discendere il dovere di designare il coordinatore per la progettazione e quello per l’esecuzione dei lavori.

Sotto tale profilo, perciò, non ha fondamento la doglianza del T. circa l’asserita insussistenza degli obblighi su di lui gravanti in ordine alla nomina di soggetti coordinatori e, almeno per ciò che concerne tale aspetto, circa il discendente difetto di coordinamento.

1.3. Quanto poi alla violazione, contestata al T. , del dovere di verifica dell’idoneità tecnico-professionale della ditta subappaltatrice (art. 90, comma 9, lettera A del D.Lgs. 81/2008), posto che detto dovere discendeva dal regime di subappalto in cui le opere venivano eseguite, la mera disamina della visura camerale relativa alla Gestimm Manutenzioni e le ulteriori verifiche di cui ai punti a) e b) a pag. 7 del ricorso, oltre a non risultare corrispondenti a quanto espressamente previsto all’allegato XVII del D.Lgs. 81/2008, non avevano specifica attinenza rispetto ai lavori in corso di svolgimento al momento dell’infortunio: di ciò dà debitamente conto la sentenza impugnata, in cui si osserva correttamente che mancò, nell’occasione, la verifica della redazione di un Piano operativo di sicurezza concernente le specifiche lavorazioni di demolizione in occasione delle quali si verificò il sinistro occorso al G. .

Il secondo motivo del ricorso T. e del ricorso del responsabile civile Herambiente, sul punto sovrapponibili in quanto ambedue riguardanti il nesso causale tra la condotta omissiva ascritta al T. e l’evento lesivo, devono invece ritenersi fondati.

La sentenza impugnata fa discendere la rilevanza eziologica della condotta omissiva imputata al T. dal fatto stesso che, in base a un giudizio ipotetico di tipo controfattuale, ove il ricorrente avesse ottemperato ai suoi doveri di coordinamento e verifica in relazione alla tipologia di lavori da eseguire, per ciò stesso l’evento, con alto grado di credibilità razionale e probabilità prossima alla certezza, non si sarebbe verificato.

Non sembra che siffatto percorso argomentativo possa esaurire la disamina sul nesso causale con riferimento alla condotta ascritta al T. .

Deve invero tenersi ben fermo il principio in base al quale, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangio e altri, Rv. 252672; vds. anche, più recentemente, Sez. 4, Sentenza n. 44131 del 15/07/2015, Heqirni e altri, Rv. 264974).

In sostanza, occorre tenere presente che non vi è necessariamente un’equazione fra la condotta omissiva del committente rispetto agli obblighi stabiliti a suo carico dalla normativa antinfortunistica e l’addebito riferito al verificarsi dell’evento lesivo a carico del lavoratore della ditta esecutrice; ma occorre verificare puntualmente se l’evento è scaturito sul piano causale da detta condotta omissiva, avuto appunto riguardo, da un lato, alla specificità operativa e organizzativa dei lavori in corso di esecuzione, nel cui ambito l’evento si è verificato; e, dall’altro, all’incidenza concreta che la ridetta condotta omissiva ha avuto sul prodursi di esso. Il giudizio controfattuale evocato dalla sentenza impugnata deve, in sostanza, essere operato non solo mediante l’individuazione del comportamento alternativo diligente (ossia ciò che avrebbe dovuto fare il committente), ma anche attraverso la specifica individuazione delle condotte doverose che, se poste in essere, avrebbero ragionevolmente impedito l’evento, in assenza di decorsi causali alternativi ed indipendenti.

Nella specie, pur a fronte delle già viste carenze nell’adozione delle misure di coordinamento prescritte e nella verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell’impresa affidataria dei lavori, la sentenza impugnata non va esente da censure sotto il profilo del vizio di motivazione, non avendo esplicitato quale specifica incidenza eziologica abbiano avuto le condotte omissive contestate al T. sul verificarsi dell’infortunio (in specie le carenze nella verifica dell’idoneità tecnica della ditta esecutrice), a tanto non bastando il richiamo apodittico a un giudizio controfattuale che, se disancorato dallo specifico svolgimento degli eventi, dal grado di autonomia operativa riconosciuto all’impresa subappaltatrice e dalle specifiche condotte omissive imputabili ai soggetti responsabili di quest’ultima (nella specie, al coimputato R. ), non può condurre a conclusioni così univoche come quelle tratte dalla Corte di merito in ordine alla posizione del T. .

A quest’ultimo, a titolo di esempio, è ascritto fra l’altro di avere omesso di nominare un coordinatore per l’esecuzione dei lavori, laddove è noto che tale figura ha una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie e altro, Rv. 247536); la continua vigilanza su di esse è infatti affidata a figure distinte dal committente, come il datore di lavoro, il dirigente o il preposto (vds. Sez. 4, n. 37738 del 28/05/2013, Gandolla e altri, Rv. 256637). Analogamente non può affermarsi in modo certo e univoco che la designazione di un coordinatore per la progettazione avrebbe ex se avuto efficacia impeditiva dell’infortunio.

Va d’altronde considerato che, come emerge dalla relazione redatta dall’AUSL di Ravenna (pag. 5, documento n. 7 allegato al ricorso), la Gestimm Manutenzioni, che peraltro disponeva delle necessarie attrezzature per eseguire lo smantellamento della passerella (gru, Tirfort ecc.), non aveva designato un preposto per l’operazione: soggetto che, come si è visto, è chiamato a sovrintendere e vigilare in modo diretto e immediato sull’esecuzione dei lavori e sull’osservanza delle norme prevenzionistiche, nei termini analiticamente indicati dall’art. 19 D.Lgs. 81/2008.

Quanto, poi, alla mancata verifica dell’idoneità tecnica della Gestimm Manutenzioni, è ben vero che non fu redatto, per la specifica operazione, un Piano operativo di sicurezza; ma è altrettanto vero, da un lato, che i pregressi rapporti tra la Herambiente e la Gestimm Manutenzioni (nei quali si inserisce il POS di cui all’allegato 5 del ricorso) fornivano alla società committente elementi generali di affidamento circa le capacità organizzative e la disponibilità di idonee attrezzature della ditta esecutrice, anche con riferimento a lavori del tipo di quello in corso di esecuzione al momento dell’infortunio; e, dall’altro, il capitolato di cui all’allegato 2 al ricorso (in specie art. 30), menzionato anche nella relazione dell’AUSL di Ravenna (pag. 4), dà conto di un’ampia autonomia organizzativa conferita alla Gestimm Manutenzioni, sebbene nell’ambito di lavorazioni alle quali partecipavano più ditte diverse.

In relazione ai detti elementi di valutazione, la motivazione della sentenza si presenta sul punto insufficiente, non avendo chiarito specificamente le ragioni per le quali, ove il T. avesse posto in essere il comportamento alternativo diligente (ossia quello a lui imposto, in qualità di committente, dalle disposizioni antinfortunistiche che si assumono violate), l’evento, con alto grado di probabilità logica, non si sarebbe verificato.

Per tali ragioni, restando assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso presentato nell’interesse del T. e di quello del responsabile civile Herambiente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio, limitatamente alla posizione del T. (e alle correlative statuizioni civili nei confronti di Herambiente).

Venendo agli ulteriori motivi del ricorso presentato nell’interesse di R.S. (si è vista l’infondatezza del primo motivo, sovrapponibile al primo motivo del ricorso T. ), gli stessi si appalesano infondati.

3.1. Quanto alla ritenuta abnormità della condotta della persona offesa, che il ricorrente assume idonea a interrompere il nesso causale fra la sua condotta e l’evento lesivo, si rammenta che, secondo un ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l’osservanza delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (da ultimo vds. Sez. 4, n. 3787 del 17/10/2014, dep. 2015, Bonelli, Rv. 261946).

Nella specie, per come si evince dagli atti disponibili e dalla ricostruzione della dinamica dell’evento, il G. faceva parte di una squadra di dipendenti della Gestimm Manutenzioni incaricati dal capocantiere Tu. di smantellare la passerella metallica; poiché però, dopo il taglio dei bulloni che la tenevano fissata e la trazione mediante apposito apparecchio (Tirfort), la passerella non scorreva ancora sulla parete alla quale era fissata, il G. decideva di scendere nella vasca in aderenza alla quale la passerella era posizionata; quest’ultima però si inclinava, rovinando addosso al lavoratore e provocandogli le lesioni di cui all’imputazione.

Ora, quand’anche voglia considerarsi imprudente l’iniziativa del G. , non può non considerarsi che non vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre comunque all’insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (Sez. 4, Sentenza n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321): al riguardo deve ritenersi assodato che il R. , nella sua qualità di datore di lavoro, sicuramente omise di adottare le cautele di cui agli artt. 151 (esecuzione dell’operazione sotto la sorveglianza di un preposto) e 154 (omesso divieto di sosta e transito nella zona sottostante la demolizione della passerella) del D.Lgs. 81/2008: violazione, questa, che lo stesso ricorrente non contesta.

Non può parlarsi, comunque, di imprevedibilità del rischio (e, nella specie, della condotta del dipendente G. ) se, come nella specie, ben precise regole cautelari codificate gravavano sul datore di lavoro: il quale, avendone omesso il rispetto, non può dolersi nel vedersi addebitata la concretizzazione del rischio specifico che esse miravano a prevenire ed evitare.

3.2. Parimenti infondato è il terzo e ultimo motivo di ricorso del R. , riferito all’omessa considerazione del concorso di colpa da parte del G. nel verificarsi dell’incidente (e alle conseguenze di tale omissione in punto di statuizioni sanzionatorie). Sul punto la Corte territoriale segue un percorso motivazionale affatto logico e coerente, laddove spiega che la condotta del G. (l’aggettivo ‘rischiosa’ è volutamente riportato fra virgolette, a mò di espediente retorico, e non è certo condiviso dall’estensore, come chiaramente si evince nella lettura del prosieguo della sentenza) non fu repentina, ma fu il frutto di una decisione maturata, nell’impasse dell’inconveniente imprevisto, proprio a causa di lacune organizzative oggetto di espressa censura (fra cui, come si è visto, la mancata designazione di un preposto che seguisse l’operazione di rimozione e demolizione della passerella).

3.3. Le ulteriori motivazioni, sintetiche ma esaurienti, in punto di pena contenute nella pronunzia impugnata (la quale dà conto dei plurimi precedenti penali anche specifici del R. ) escludono qualsivoglia violazione di legge in riferimento agli artt. 62-bis e 133 cod.pen..

Da quanto precede consegue che la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla posizione del T. , con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna, per nuovo esame; mentre va rigettato il ricorso presentato nell’interesse di R.S. , che va per l’effetto condannato al pagamento delle spese processuali.

Avuto infine riguardo a quanto comunicato dalle parti con le note in atti circa l’avvenuto, integrale risarcimento delle parti civili e la revoca della loro costituzione in giudizio, vanno revocate le statuizioni civili precedentemente adottate, essendosi estinto il rapporto processuale su cui le stesse si fondavano.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla posizione del ricorrente T. e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di Bologna.

Rigetta il ricorso presentato da R.S. , che condanna al pagamento delle spese processuali.

Revoca le statuizioni civili

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