Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 15 maggio 2015, n. 20353

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza emessa il 22/07/2014 dal Gip del Tribunale di Vicenza;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Paolo Micheli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Fimiani Pasquale, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata con riguardo al primo motivo, intendendosi assorbiti i motivi di ricorso ulteriori.

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di (OMISSIS) ricorre per saltum (ai sensi dell’articolo 311, comma 2) avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, in forza della quale il suo assistito risulta essere stato sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere: al (OMISSIS) vengono contestati reati ex articoli 416, 624, 625 e 648 c.p., in ipotesi commessi nel (OMISSIS).

La difesa segnala che a carico del prevenuto era stata emessa una prima ordinanza restrittiva da parte del Gip del Tribunale di Padova, nei cui riguardi era stato proposta tempestiva richiesta di riesame; dinanzi al Tribunale di Venezia, all’udienza del 04/07/2014, nell’interesse del (OMISSIS) era stata quindi depositata una memoria, con la quale venivano illustrate le specifiche censure rivolte al provvedimento de libertate impugnato, che afferivano alla lamentata incompetenza per territorio della A.G. patavina, all’insussistenza della gravita’ indiziaria quanto ai diversi addebiti, all’impossibilita’ di ravvisare concrete esigenze cautelari ed alla eccessiva afflittivita della disposta misura coercitiva. Il Tribunale del riesame aderiva alla prospettata questione di incompetenza, senza cosi’ trattare delle ulteriori doglianze, e disponeva che gli atti fossero trasmessi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza.

L’ordinanza oggetto del presente ricorso, adottata a seguito di successiva richiesta dell’ufficio requirente da ultimo indicato, risulta pertanto intervenuta ex articolo 27 c.p.p.; in relazione a tale provvedimento il difensore del (OMISSIS) deduce:

– violazione dell’articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c bis).

Secondo la ricostruzione difensiva, il P.M. di Vicenza, nel trasmettere al Gip in sede il fascicolo contenente gli atti delle indagini preliminari, non avrebbe allegato la memoria presentata dalla difesa dinanzi al Tribunale del riesame di Venezia, che conteneva “l’enunciazione e l’illustrazione dei motivi ex articolo 309 c.p.p.”: tale omissione si ricava dalla elencazione degli atti di cui al carteggio esistente presso il medesimo Gip, nonche’ dalla precedente missiva di trasmissione curata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova. Ne deriverebbe la nullita’ dell’ordinanza de qua, come si desume da alcuni precedenti della giurisprudenza di questa Corte, non contenendo il provvedimento medesimo la doverosa valutazione degli elementi forniti dalla difesa dell’indagato:

– violazione dell’articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c).

La motivazione dell’ordinanza del Gip vicentino, inoltre, viene censurata giacche’ si risolverebbe in un mero rinvio per relationem al contenuto di altri atti del procedimento, senza rispettare le condizioni dettate a riguardo dalla giurisprudenza di legittimita’, cui la difesa opera plurimi richiami.

La stessa intitolazione del provvedimento (“ordinanza di conferma di misura cautelare”) ne sarebbe evidente indice, tant’e’ che nel corpo dell’atto si legge che il giudicante intende richiamare e far proprie le argomentazioni di cui alla precedente ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Padova: quest’ultimo, a sua volta, non aveva fatto che riprodurre a sua volta, pressoche’ integralmente, gran parte della comunicazione di notizia di reato curata dalla Squadra Mobile della locale Questura.

Il Gip del Tribunale di Vicenza, quanto alle considerazioni aggiuntive rispetto al contenuto degli atti precedenti, non avrebbe poi evidenziato alcun ulteriore e concreto elemento di novita’, limitandosi ad affermazioni apodittiche, non dimostrate ed in contrasto con le emergenze processuali (ad esempio, richiamando conversazioni telefoniche non meglio specificate quanto a numeri progressivi o relative utenze, ovvero facendo menzione di episodi che non risultano ascrivibili a (OMISSIS), ma piuttosto a soggetti diversi da lui).

I rilievi appena esposti vengono ribaditi dalla difesa per ciascuna delle ipotesi di reato ascritte al ricorrente.

L’ordinanza, infine, non avrebbe offerto specifica e puntuale motivazione quanto alla verifica della sussistenza e dell’attuale concretezza delle esigenze cautelari contemplate dal codice di rito, anche con riferimento al tempo trascorso tra la commissione dei presunti reati addebitati al (OMISSIS) e l’adozione della misura (pari, nello specifico, a circa tre anni); analogamente e’ a dirsi in ordine alla ritenuta imprescindibilita’ della custodia in carcere, laddove il provvedimento richiama genericamente l’esistenza di “precedenti” in ordine alla generalita’ degli indagati, senza tenere conto invece dell’incensuratezza dell’odierno ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato, gia’ in ordine al primo motivo (da ritenere assorbente rispetto alle ulteriori censure).

2. Dall’esame degli atti, che appare consentito a questa Corte in ragione del vizio formale dedotto, non si rinviene in effetti la memoria che il difensore del (OMISSIS) intese depositare dinanzi al Tribunale di Venezia (oggi allegata al ricorso, ed intestata “enunciazione dei motivi di riesame ex articolo 309 c.p.p.”); deve pertanto ritenersi che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova, nel trasmettere al correlato ufficio del P.M. di Vicenza le “copie integrali atti” (v. la nota del 09/07/2014, menzionata anche dal ricorrente), intese riferirsi agli atti di indagine preliminare, cui avevano fatto seguito l’informativa finale della Squadra Mobile, la richiesta per l’applicazione di misure cautelari e l’ordinanza de libertate nei cui riguardi era stato proposto l’anzidetto riesame, ma non anche gli atti acquisiti dal Tribunale in occasione dell’udienza di cinque giorni prima.

Del resto, nel richiamare gli atti esaminati in via preliminare alla emissione della “ordinanza di conferma di misura cautelare” del 22/07/2014, il Gip vicentino menziona soltanto l’originario provvedimento restrittivo (precisando di richiamarne e farne proprie le argomentazioni) e quello adottato dal Tribunale di Venezia.

Va ricordato, in proposito, che secondo la giurisprudenza di questa Corte “la mancata trasmissione al giudice, unitamente agli elementi su cui il pubblico ministero fonda la richiesta di misura cautelare, delle eventuali memorie difensive gia’ depositate determina la nullita’ dell’ordinanza applicativa della misura, per violazione dell’articolo 292 c.p.p., comma 2, lettera c)” (Cass., Sez. 1, n. 36246 del 29/05/2012, Ferrara, Rv 253715; v. anche Cass., Sez. 1, n. 11524 del 03/02/2005, Abbruzzese). Nella motivazione della pronuncia appena richiamata, viene chiarito che tale ipotesi di nullita’ – da qualificare come “intermedia e quindi destinata ad essere sanata se non rilevata o dedotta, nel caso in cui venga proposta richiesta di riesame, prima che su tale richiesta intervenga il provvedimento del Tribunale” – trova causa nella mancata osservanza dell’obbligo del giudicante di esporre i motivi per i quali debbano intendersi non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa.

Sul piano formale, e’ evidente la tempestivita’ dell’eccezione difensiva, atteso che nel caso di specie ci si trova al cospetto di un ricorso presentato per saltum al giudice di legittimita’, volto a far valere pertanto un vizio di quella che deve considerarsi l’ordinanza restrittiva genetica; ne’, analizzando la motivazione adottata dal Gip del Tribunale di Vicenza e sottoponendone il contenuto a “prova di resistenza”, puo’ ritenersi che il provvedimento de quo – pur senza, in ipotesi, essersi direttamente confrontato con le deduzioni formulate dalla difesa per atto scritto dinanzi ai giudici del riesame – abbia comunque dedicato spazio a tutte le censure ivi rappresentate. Nella suddetta memoria, infatti, il difensore del (OMISSIS) si era soffermato sulla contestata sussistenza della gravita’ indiziaria a carico del proprio assistito in relazione a tutti gli addebiti di cui alla rubrica, osservando in sintesi:

quanto al reato sub 7), poi divenuto capo 2) (furto ai danni di tale (OMISSIS), titolare di una ditta orafa), che uno degli interlocutori della telefonata n. 853 del 14/01/2011, indicato dagli operanti come ” (OMISSIS)” perche’ cosi’ si era presentato nell’occasione, non aveva in realta’ utilizzato quel nomignolo; ulteriori conversazioni intercettate si prestavano poi ad interpretazioni alternative rispetto a quelle offerte dagli inquirenti, ovvero risultavano intervenute tra soggetti diversi dal (OMISSIS), talora senza neppure nominarlo, mentre le residue attivita’ di indagine non avevano portato ad acquisire alcun elemento a carico dell’odierno ricorrente;

– in ordine al reato sub 3, gia’ 12a) (ricettazione di una banconota di provenienza illecita), che l’impronta papillare del (OMISSIS) riscontrata sul biglietto di banca non poteva assurgere a dato dimostrativo che egli ne avesse avuto un effettivo possesso, essendo ragionevole ipotizzare che l’indagato si fosse limitato a toccarla per poi riporta dove si trovava;

– a proposito della contestata associazione per delinquere (capo 1), che ………avrebbe dovuto al piu’ ravvisarsi un concorso di persone in una pluralita’ di reati, in difetto di una distinzione di ruoli fra i presunti compartecipi, della prova di un preventivo accordo volto alla commissione di attivita’ criminose e della stessa stabilita’ del presunto vincolo associativo: ne’ sarebbe stato possibile invocare a tali fini il solo legame di parentela tra gli ipotizzati soggetti attivi, tanto piu’ che il capo d’imputazione faceva financo riferimento a condotte partecipative senza carattere di continuita’. In ogni caso, pure ammettendo l’esistenza di un sodalizio criminale, gli elementi raccolti a carico del (OMISSIS) quanto ai soli reati ricordati ai punti precedenti non avrebbero dovuto intendersi indicativi di una sua appartenenza alla consorteria, anche perche’ si trattava di episodi molto ravvicinati nel tempo.

Tali doglianze non risultano analizzate nel provvedimento impugnato, neppure nella parte in cui opera il suddetto richiamo agli argomenti utilizzati dal Gip del Tribunale di Padova: sulla conversazione n. 853, viene segnalato che il (OMISSIS) sarebbe stato identificato come utilizzatore di uno dei telefoni impegnati (ma non si chiarisce se cio’ avvenga per effetto della presunta presentazione del soggetto come ” (OMISSIS)”, ovvero altrimenti); l’ipotesi di spiegazioni alternative alla presenza dell’impronta del (OMISSIS) sulla banconota non viene mai presa in considerazione, neppure al fine di escluderne la possibile rilevanza; circa l’associazione per delinquere, ne’ il Gip padovano ne’ – in via autonoma ed ulteriore rispetto al pur legittimo rinvio per relationem – quello vicentino si soffermano sul problema sollevato dalla difesa relativamente alla insufficienza di un vincolo familiare quale substrato di un sodalizio criminale (a riguardo, la memoria difensiva anzidetta conteneva anche richiami alla giurisprudenza di legittimita’).

3. Si impongono pertanto le determinazioni di cui al dispositivo, investendo la descritta nullita’ l’originaria ordinanza custodiale e dunque il titolo stesso della attuale restrizione del (OMISSIS).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata, ordina l’immediata liberazione del ricorrente e manda alla Cancelleria per gli adempimenti conseguenti.

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