Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 19 gennaio 2017, n. 2550

Confermata la responsabilità per la dipendente dell’Agenzia delle entrate che guarda per “curiosità” i redditi dei conoscenti

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 19 gennaio 2017, n. 2550

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. SCOTTI Umberto Lui – rel. Consigliere

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 22/09/2015 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/12/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI SCOTTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DI NARDO Marilia, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione;

udito il difensore, avv. (OMISSIS) del Foro di Ferrara, per (OMISSIS), che si associa alle conclusioni del P.G..

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22/9/2015 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del 17/6/2010 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ferrara, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di entrambi gli imputati, (OMISSIS) e (OMISSIS), per i fatti commessi in data (OMISSIS), rispettivamente ascritti, per intervenuta prescrizione e ha confermato invece la penale responsabilita’ della (OMISSIS) per l’episodio del (OMISSIS), rideterminando la pena in mesi 8 di reclusione e revocando le statuizioni civili contenute nell’impugnata sentenza, in seguito alla rinuncia delle parti civili.

(OMISSIS), dipendente della Agenzia delle Entrate di Cento, per quanto ancora rilevante, era accusata del reato di cui all’articolo 15 ter c.p. per essersi introdotta, tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), nel sistema informatico dell’anagrafe tributaria, acquisendo dati relativi a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), con l’aggravante di aver agito in violazione dei propri doveri di impiegata dell’Agenzia delle Entrate.

2. Propone ricorso il difensore di fiducia avv. (OMISSIS), con la proposizione di quattro motivi.

2.1. Con i primi due, il ricorrente denuncia erroneita’ o illogicita’ della motivazione in punto elemento soggettivo e violazione degli articoli 615 ter, 47 e 51 c.p..

In primo luogo il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata aveva riconosciuto l’erroneita’ della risposta contenuta nel questionario sottoposto dall’Amministrazione Tributaria alla (OMISSIS) nell’ambito del corso telematico di aggiornamento da essa seguito; non comprende quindi il ricorrente come non siano state tratte le debite conseguenze da questo accertamento in punto carenza di elemento soggettivo, quantomeno per ravvisare l’errore dell’imputata sulla sussistenza della scriminante per aver adottato comportamento corrispondente alle istruzioni ricevute dal proprio Ente.

2.2. In alternativa e con riferimento agli stessi presupposti, il ricorrente prospetta errore incolpevole sul fatto costituente reato, ingenerato dalle istruzioni dell’Amministrazione di appartenenza.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia travisamento della prova perche’ non era vero che la (OMISSIS) avesse menzionato la frequentazione del corso telematico solo nell’ambito del giudizio di appello, avendo ricordato la circostanza gia’ nel corso dell’interrogatorio reso in primo grado e avendo gia’ in quella sede prodotto il documento 6, poi allegato all’atto di appello solo per comodita’ di consultazione.

Inoltre era erronea l’affermazione secondo la quale sussisteva una sorta di incompetenza territoriale dell’imputata, quale dipendente dell’Agenzia di Cento, a consultare posizioni di soggetti non residenti nel proprio ambito territoriale, potendo invece procedervi per ogni persona che avesse compiuto atti riconducibili alla competenza della sua Agenzia, come chiarito in interrogatorio e documentato nel documento allegato 7.

2.4. Infine con il quarto motivo il ricorrente censura come illogica l’affermata consapevolezza dell’imputata di non essere legittimata all’accesso, perche’ una cosa e’ sapere che un accesso e’ indebito o inopportuno, altra e’ saperlo penalmente vietato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’articolo 129 c.p.p., comma 1, impone al giudice, in ogni stato e grado del procedimento di dichiarare l’estinzione del reato, d’ufficio e quindi anche in mancanza di specifico motivo di impugnazione.

2. Il reato di cui all’articolo 615-ter c.p. commesso il (OMISSIS) veniva a prescriversi ex articolo 161 c.p. il 7/10/2015; inoltre bisogna aggiungere 102 giorni per i due periodi di sospensione maturati rispettivamente dal 1/10/2009 al 12/11/2009 per impedimento dell’imputato (giorni 42) e dal 11/3/2010 al 17/6/2010 per impedimento del difensore (giorni 60), il che conduce allo spirare della prescrizione al 17/1/2016 mentre la sentenza di appello e’ stata pronunciata il 22/9/2015.

La prescrizione e’ quindi maturata dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado.

3. L’articolo 129, comma 2, pur in presenza di una causa di estinzione del reato, prevede la pronuncia di sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere, quando dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non e’ previsto dalla legge come reato.

La prescrizione dei reati maturata nel corso del giudizio di legittimita’ e’ rilevabile a condizione che il ricorso, almeno in parte, sia ammissibile e sempre che non risulti dagli atti la prova evidente prevista dal citato comma 2 dell’articolo 129; tale prova deve emergere in modo assolutamente non contestabile, cosi’ richiedendo solo una mera constatazione e non gia’ un apprezzamento (Sez. 6, n. 32872 del 04/07/2011, Agulli e altri, Rv. 25090701; Sez. 6, n. 48524 del 03/11/2003, Gencarelli, Rv. 22850301; Sez. 6, n. 48527 del 18/11/2003, Tesserin e altro, Rv. 22850501; Sez. 6, Sentenza n. 12320 del 09/07/1998, P.g. in proc. Maccan U e altro, Rv. 212320); quindi la formula di proscioglimento nel merito puo’ essere adottata solo quando dagli atti risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato e non nel caso di insufficienza o contraddittorieta’ della prova di responsabilita’ (Sez. 5, n. 39220 del 16/07/2008, Pasculli e altri, Rv. 24219101). Di conseguenza, qualora la motivazione del giudizio di merito dia contezza delle ragioni poste a fondamento dell’effettuato giudizio di responsabilita’ dell’imputato, non puo’ nel contempo emergere dagli atti, con la necessaria evidenza, una causa assolutoria nel merito (Sez. 6, n. 48524 del 03/11/2003, Gencarelli, citata).

4. Nella fattispecie i motivi di ricorso non appaiono manifestamente infondati; e in particolare non lo pare quello che si basa sulla convinzione dell’imputata di agire, se non in modo corretto, quantomeno in modo non contrario alla legge penale sulla base delle istruzioni ricevute dalla propria Amministrazione di appartenenza in sede di correzione dell’elaborato telematico prodotto come doc. 6 in primo grado e richiamato nei motivi di appello.

Nella specie era stato sottoposta all’imputata la domanda se costituisca reato il comportamento di un dipendente dell’Amministrazione tributaria che accede per curiosita’ nell’anagrafe tributaria per apprendere informazioni sui redditi dei conoscenti, nel caso in cui successivamente tali notizie circolino tra amici e conoscenti; la (OMISSIS) nel suo elaborato aveva risposto di no, a patto che il dipendente fosse autorizzato ad accedere ai dati personali; l’Amministrazione ha corretto il questionario indicando come risposta corretta che il fatto non costituiva reato perche’ l’azione del dipendente non era stata compiuta con l’intento di cagionare un danno.

I motivi richiamati, in tema di insussistenza del dolo,ovvero di errore sulla sussistenza di una scriminante, seppur non inammissibili, comunque non dimostrano in modo evidente l’erroneita’ dell’accertamento della commissione del reato e della colpevolezza dell’imputata, giacche’ introducono il tema della rilevanza delle istruzioni erronee nell’orientare le condotte della (OMISSIS), comunque affrontato dalla Corte territoriale.

Non emerge quindi con evidenza una ragione di assoluzione nel merito tale da precludere la dichiarazione di estinzione del reato per la sopravvenuta prescrizione dopo la sentenza di appello.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione

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