Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza  19 gennaio 2017, n. 2542

La disposizione dell’art. 570 c.p.p., secondo la quale il Procuratore della Repubblica ed il Procuratore generale presso la Corte d’appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero, si applica al Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’appello anche rispetto ai provvedimenti pronunziati da giudici compresi nella competenza della Sezione distaccata della Corte stessa

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza  19 gennaio 2017, n. 2542

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 2/7/2015 la Corte di appello di Cagliari Sezione distaccata di Sassari, in riforma della sentenza del 29/10/2009 del Tribunale di Sassari, ha assolto U.P. dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.

U.P. , brigadiere della Stazione Carabinieri di Sassari, era imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv, 110 e 479 c.p. per avere, in concorso con S.F. , appuntato della stessa Stazione, nella sua qualità, falsamente affermato nell’annotazione su ordine di servizio del 17/1/2008 di aver effettuato un servizio di appostamento presso l’abitazione di tal P.M. tra le ore 19.30 e le 21.00, nonché di aver falsamente affermato nella relazione di servizio del 9/3/2008 di aver partecipato a detto servizio di appostamento, vedendo uscire dalla casa del P. prima il pregiudicato V.G.A. e poi il pregiudicato Pi.Mi. .

2. Propone ricorso il Procuratore Generale della Repubblica di Cagliari, premesso un cenno sulla sussistenza della propria legittimazione ad impugnare, sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo il ricorrente denuncia la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata con atti probatori acquisiti e in primo luogo con le risultanze dei tabulati telefonici nella disponibilità dell’Appuntato S. , che, secondo gli atti ritenuti falsificati, avrebbe partecipato insieme al brigadiere U. al servizio di appostamento in località (omissis) (utenza (omissis) e utenza (omissis)).

La prima utenza (relativa al cellulare che il S. sostiene di aver lasciato in caserma e di non aver portato con sé a (…)) registra la cella di (omissis) fino alle 20.27 e poi altre celle di (…) e soprattutto due chiamate in entrata, con attivazione di conversazioni di 51 e 18 secondi, in orari in cui il S. avrebbe dovuto ancora essere impegnato nel servizio di appostamento alle ore 19.54 e alle ore 20.26.

La seconda utenza (relativa al cellulare che invece il S. sostiene di aver portato con sé a (…)) evidenzia un traffico incompatibile con il servizio di appostamento, ossia una telefonata di 79 secondi alle ore 20.12, in contrasto con tutte le regole di comportamento.

Inoltre, secondo il ricorrente, l’ordine di servizio del 17/1/2008 si riferiva ad una pattuglia composta anche dall’Appuntato Pa.Pi. , che invece aveva escluso di aver partecipato al servizio di appostamento a (…) e che aveva maturato lui pure un’ora di straordinario sino alle 21; il che neutralizzava l’efficacia probatoria di tale documento in quanto correlato alla registrazione elettronica degli straordinari, effettuabile solo nell’ambito dei cinque giorni dal servizio, invece valorizzata dal Giudice di appello: o si trattava di elemento neutro oppure provava troppo perché pacificamente il Pa. era rimasto sempre a (…).

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ravvisa illogicità manifesta della motivazione laddove la Corte interpreta a favore dell’imputato il fatto che questi il 17/1/2008 non poteva già aver concordato la redazione di una relazione di servizio falsa, in vista dell’arresto del P. , eseguito il successivo 23/1/2008, tanto più che lo straordinario del 17/1/2008 era stato trascritto immediatamente nel memoriale elettronico. Secondo il ricorrente si trattava di un ragionamento circolare in forza del quale la ritenuta genuinità dell’ordine di servizio veniva comunicata alla relazione di servizio del 9/3/2008, mentre, al contrario, era questa che necessitava di un riscontro certo negli atti interni redatti in epoca non sospetta.

Inoltre i tempi calcolati dai Giudici di appello non quadravano, se si considerava (come era stato fatto per il viaggio opposto di andata) un tempo di spostamento da (…) a (…) di 20 minuti; se l’appostamento si era protratto dalle 19.50 alle 20.30, i due graduati non potevano essere tornati in caserma alle stesse ore 20.30, per poi dedicarsi alle formalità amministrative consequenziali sino alle 21.00, con la completa neutralizzazione del tempo occorrente al viaggio di ritorno.

3. Il difensore di fiducia dell’imputato U.P. , avv. Maurizio Serra, ha depositato il 28/11/2016 memoria difensiva, chiedendo dichiararsi inammissibile o in subordine rigettarsi il ricorso, producendo documenti.

3.1. La difesa dell’imputato eccepisce in via preliminare carenza di interesse all’impugnazione (presentata per vizio di motivazione) in capo al Pubblico Ministero perché il reato si è comunque prescritto in data 9/9/2015.

3.2. In secondo luogo e sempre in via preliminare la difesa dell’imputato eccepisce difetto di legittimazione all’impugnazione in capo al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Cagliari delle decisioni emesse dalla Sezione distaccata di Corte di appello di Sassari.

3.3. In terzo luogo la difesa dell’imputato rileva che l’Appuntato S. era stato assolto da tutte le imputazioni con sentenza del 21/1/2016 della Sezione distaccata di Corte di appello di Sassari (le cui motivazioni non erano ancora state depositate) e contesta nel merito le pretese illogicità della motivazione (con riferimento sia alle risultanze dei tabulati telefonici, sia all’inclusione nell’ordine dei servizio dell’appuntato Pa. , sia ai tempi di spostamento).

Considerato in diritto

1. L’eccezione preliminare di carenza di interesse all’impugnazione in capo al Pubblico Ministero proposta dalla difesa dell’imputato U. e fondata sul fatto che il reato si sarebbe comunque prescritto in data 9/9/2015 non può essere accolta.

La difesa dell’imputato esclude che l’interesse all’impugnazione possa appuntarsi in capo al Procuratore generale in forza del perseguito obiettivo dell’esatta applicazione della legge, poiché il ricorso è stato proposto per vizio di motivazione e non già per violazioni normative.

Anche a prescindere dal fatto che potrebbe sussistere un interesse concreto del Pubblico ministero alla dichiarazione della causa di estinzione del reato rispondente a una ragione esterna al processo obiettivamente riconoscibile, in presenza di fatti disciplinarmente rilevanti (Sez. 5, n. 30939 del 24/06/2010, P.G. in proc. Mangiafico, Rv. 24797101), l’obiezione della difesa dell’imputato sta e cade con l’assunto della maturata prescrizione.

Tale assunto presuppone la configurazione giuridica di entrambi i fatti contestati in rubrica come falsità ideologiche commesse da pubblico ufficiale in atti pubblici ex art. 479 c.p.; occorre tuttavia considerare che tale norma incriminatrice rinvia quoad poenam all’articolata disciplina del reato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici di cui all’art. 476 c.p., che per l’ipotesi aggravata (Sez. 3, n. 7783 del 30/01/1985 Accomazzo, Rv. 17026901; Sez. 3, n. 8116 del 25/06/1984 Mortarini, Rv. 16596001) della falsità concernente un atto o parte di esso facente fede sino a querela di falso commina la pena della reclusione da tre a dieci anni.

In particolare giurisprudenza di questa Corte non ha dubbi sul fatto che le relazioni di servizio sottoscritte dagli ufficiali e dagli agenti di P.S. sono atti pubblici fidefacenti poiché con esse il pubblico ufficiale attesta, nell’esercizio delle sue funzioni, una certa attività da lui espletata, ovverosia che determinate circostanze sono cadute sotto la sua diretta percezione e vengono così rievocate (Sez. 5, n. 38085 del 05/07/2012, Luperi e altri, Rv. 25354301; Sez. 5, n. 8252 del 15/01/2010, Bassi e altro, Rv. 24615701; Sez. 5, n. 3557 del 31/10/2007 – dep. 2008, D’Alba e altro, Rv. 23890801).

Pertanto, almeno per la contestata falsificazione della relazione di servizio 9/3/2008 il termine prescrizionale ex art. 161 c.p. è di dodici anni e mezzo, sicché viene a spirare solo il 9/9/2020.

2. In secondo luogo e sempre in via preliminare la difesa dell’imputato eccepisce il difetto di legittimazione all’impugnazione in capo al Procuratore Generale presso la Corte di appello di Cagliari delle decisioni emesse dalla Sezione distaccata di Corte di appello di Sassari.

L’eccezione non è fondata, alla stregua dell’orientamento già espresso da questa Corte circa l’unitarietà dell’ufficio di Procura generale e la conseguente legittimazione del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello a proporre impugnazioni contro le sentenze emesse da giudici compresi nella competenza territoriale di una Sezione distaccata della Corte d’appello e a proporre ricorso per cassazione contro una sentenza della Sezione distaccata di tale Corte (in termini e proprio con riferimento alla Sezione distaccata di Corte di appello di Sassari: Sez. 2, n. 25786 del 13/06/2012, P.G., Atzas in proc. Barranca, Rv. 25324801; Sez. 6, n. 15806 del 09/01/2014, P.G. in proc. Cubeddu, Rv. 25944401).

Secondo le Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n.8 sentenza 31/5/1991, Faraco, rv. 187860) un principio basilare del nostro sistema processuale, che trova espressione negli artt. 51 c.p.p. e 2 e 70 dell’ordinamento giudiziario, collega strettamente la competenza del pubblico ministero a quella del giudice presso il quale è costituito. Tuttavia l’art. 59 R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, come modificato dal D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, art. 20, stabilisce al comma 2 che alle Sezioni distaccate di Corte d’appello sono preposti Presidenti di sezione alle dipendenze del Presidente e che “alle rispettive Procure generali sono preposti Avvocati generali alla dipendenza del Procuratore generale della Repubblica”.

Il R.D. n. 12 del 1941, art. 70, comma 2 afferma che presso le sezioni distaccate di corte di appello le funzioni del Procuratore generale “sono esercitate dall’Avvocato generale a norma dell’art. 59”. Tale richiamo non può avere altro significato che quello di ribadire la unitarietà dell’ufficio di Procura generale della Repubblica sotto la direzione del Procuratore generale; infatti, tale inciso non avrebbe avuto motivo di essere se l’intenzione del legislatore fosse stata quella di limitare le funzioni del Procuratore generale della Repubblica alla vigilanza ed agli altri compiti ordinamentali, lasciando completa autonomia giurisdizionale alle Procure generali presso le Sezioni distaccate.

La legge 30/07/1990, n.219 recante l’istituzione in Sassari di una Sezione distaccata della Corte d’appello di Cagliari, con giurisdizione sui circondari dei Tribunali di Sassari, Nuoro e Tempio Pausania, non contiene disposizioni idonee a derogare alle regole generali sopra richiamate, dettate dalla disciplina generale dell’Ordinamento giudiziario, sicché in particolare, non appare condivisibile l’assunto della difesa dell’imputato U. secondo la quale la dipendenza declinata dall’art.59 dell’Ordinamento giudiziario atterrebbe solo ai rapporti di carattere amministrativo.

L’argomento dell’assegnazione dei Magistrati alla Sezione distaccata e alla Procura generale presso di essa, per concorso nazionale e non già per mere procedure tabellari interne non appare concludente, trattandosi di discipline dettate per altri fini; anche in altri casi, ad esempio presso le Sezioni Lavoro, costituite presso i Tribunali metropolitani, che certamente non costituiscono uffici autonomi, il tramutamento dei magistrati avviene in base a procedure concorsuali nazionali.

L’assunto infine dell’esclusione della legittimazione ad impugnare in capo all’Avvocato generale presso la Sezione Distaccata di Sassari della Corte di appello di Cagliari non è affatto una implicazione necessaria, come parrebbe ritenere la difesa U. , del riconoscimento della legittimazione attiva in capo al Procuratore generale presso la Corte di appello di Cagliari.

Si deve ritenere pertanto che la disposizione dell’art. 570 c.p.p., secondo la quale il Procuratore della Repubblica ed il Procuratore generale presso la Corte d’appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero, si applichi al Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello anche rispetto ai provvedimenti pronunziati da giudici compresi nella competenza della Sezione distaccata della Corte stessa.

Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Cagliari appare perciò legittimato a proporre ricorso avverso la sentenza della Sezione distaccata di Sassari della Corte d’appello di Cagliari.

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata con atti probatori acquisiti.

3.1. In primo luogo sussisterebbe contraddittorietà con le risultanze dei tabulati telefonici nella disponibilità dell’Appuntato S. , che secondo gli atti ritenuti falsificati, avrebbe partecipato insieme al brigadiere U. al servizio di appostamento in località (omissis) (utenza (omissis) e utenza (omissis) ).

3.1.1. La prima utenza (relativa al cellulare Vodafone che il S. sostiene di aver lasciato in caserma e di non aver portato con sé a (…)) registra la cella di (omissis) fino alle 20.27 e poi altre celle di (…) e soprattutto due chiamate in entrata, con attivazione di conversazioni di 51 e 18 secondi, in orari in cui il S. avrebbe dovuto ancora essere impegnato nel servizio di appostamento alle ore 19.54 e alle ore 20.26.

La relazione di contraddittorietà considerata dall’art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p. non sussiste affatto, anche a partire dal presupposto, accolto dalla Corte territoriale della verità di quanto affermato dal S. circa la dislocazione in caserma del suo cellulare Vodafone durante l’operazione; quel telefono potrebbe esser stato utilizzato, in risposta, da altre persone, con o senza il consenso del S. .

Inoltre, come ipotizza la difesa U. , ben potrebbe trattarsi, se non di traffico dati generato in modo automatico (visto che corrispondono a telefonate in entrata provenienti dall’utenza (omissis) , intestata a tal p.s. , interlocutrice abituale del S. , alla stregua degli stessi documenti valorizzati dal ricorrente), di messaggi in entrata registrati in segreteria telefonica, dopo la mancata risposta dell’utente chiamato.

3.1.2. La seconda utenza (relativa al cellulare TIM che invece il S. sostiene di aver portato con sé a (…)) evidenzierebbe secondo il Procuratore generale un traffico incompatibile con il servizio di appostamento, ossia una telefonata di 79 secondi alle ore 20.12, in contrasto con tutte le regole di comportamento.

L’assenza di contraddittorietà è ancor più evidente, specie se si considera che, almeno implicitamente, il Procuratore generale ricorrente non contesta la compatibilità con le risultanze degli acquisiti tabulati telefonici della presenza del cellulare TIM del S. nella zona di Sorso interessata all’operazione di appostamento.

Comunque la pretesa regola di condotta investigativa non è stata dimostrata e neppur par logica visto che appare del tutto ragionevole che l’investigatore appostato possa avvertire esigenze di comunicazione immediata con colleghi e superiori, tenendo di conseguenza il cellulare acceso, seppur opportunamente in modalità silenziosa.

In ogni caso, è evidente che la pretesa irregolarità del comportamento operativo, quand’anche sussistente, non dimostrerebbe l’inveridicità dell’appostamento, tanto più che al S. sono state ascritte in primo grado (e a quanto risulta escluse in appello) ben più gravi e pesanti responsabilità e violazioni.

3.2. Inoltre, secondo il Procuratore generale ricorrente, l’ordine di servizio del 17/1/2008 si riferiva ad una pattuglia composta anche dall’Appuntato Pa.Pi. , che invece aveva escluso di aver partecipato al servizio di appostamento a (…) e che aveva maturato lui pure un’ora di straordinario sino alle 21; ciò peraltro è fatto semplicemente pacifico perché nessuno, compreso l’U. , ha mai coinvolto il Pa. nella missione investigativa di Sorso, come del resto risulta dalla relazione di servizio 9/3/2008, ipoteticamente falsificata.

Aggiunge il Procuratore ricorrente che questo elemento neutralizzava l’efficacia probatoria dell’ordine di servizio in quanto correlato alla registrazione elettronica degli straordinari, effettuabile solo nell’ambito dei cinque giorni dal servizio, invece valorizzata dal Giudice di appello: o si trattava di elemento neutro oppure provava troppo perché pacificamente il Pa. era rimasto sempre a (…).

Come annota correttamente la difesa del Brig. U. , la neutralità del fatto de quo rispetto alle due tesi alternative non evidenzierebbe alcuna contraddizione, come sarebbe necessario per la deduzione di un vizio di contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex art.606, comma 1, lett. e), c.p.p.; a tutto concedere, il fatto neutro non potrebbe giocare neppure a favore dell’U. . Tuttavia così non è perché, come evidenziato nella sentenza impugnata, l’effettiva collocazione storica dell’annotazione sull’ordine di servizio nella data del 17/1/2008 svolge un ruolo significativo a sostegno della tesi dell’innocenza dell’imputato (vedi infra).

4. Con il secondo motivo il Procuratore generale ricorrente ravvisa una manifesta illogicità della motivazione laddove la Corte interpreta a favore dell’imputato il fatto che questi il 17/1/2008 non poteva già aver concordato la redazione di una relazione di servizio falsa, in vista dell’arresto del P. , eseguito il successivo 23/1/2008, tanto più che lo straordinario del 17/1/2008 era stato trascritto immediatamente nel memoriale elettronico.

Si tratterebbe di un ragionamento circolare in forza del quale la ritenuta genuinità dell’ordine di servizio veniva comunicata alla relazione di servizio del 9/3/2008, mentre, al contrario, era questa che necessitava di un riscontro certo negli atti interni redatti in epoca non sospetta.

La censura tende ad ottenere un inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal Giudice di merito che ha espresso le ragioni del suo convincimento: “L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali”. (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 20794401 e da ultimo Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 26548201).

Per giunta è la tesi del Procuratore ricorrente a presentare evidenti vizi di tenuta logica: l’ordine di servizio del 17/1/2008, se è stato falsificato introducendovi annotazioni ideologicamente false, lo è stato proprio in quella data, perché esse sono state riportate subito dopo nel memoriale elettronico della Stazione ai fini del calcolo degli straordinari (cosa peraltro non possibile dopo il decorso di cinque giorni), cosa del resto confermata dal M.llo O. con nota del 26/3/2009 e in sede testimoniale (come indicato nella sentenza impugnata).

E quindi la falsificazione sarebbe avvenuta prima dell’arresto del P. , avvenuto il 23/1/2008 e della richiesta della relazione di servizio del 9/3/2008 con cui la falsificazione dell’ordine di servizio avrebbe dovuto “quadrare”.

Il tutto in un contesto in cui neppure viene ipotizzato il movente del Brig.U. , rimasto estraneo alla contestazione dei gravissimi reati di cui è stato accusato l’App.S. e dai quali, dopo la severa condanna in primo grado, risulta essere stato scagionato in appello.

4.2. Infine il Procuratore ricorrente sostiene che i tempi calcolati dai Giudici di appello non quadravano, se si considerava (come era stato fatto per il viaggio opposto di andata) un tempo di spostamento da (…) a (…) di 20 minuti; se l’appostamento si era protratto dalle 19.50 alle 20.30, i due graduati non potevano essere tornati in caserma alle stesse ore 20.30, per poi dedicarsi alle formalità amministrative consequenziali sino alle 21.00, con la completa neutralizzazione del tempo occorrente al viaggio di ritorno.

Nella sentenza impugnata si accredita, secondo la relazione di servizio, lo svolgimento dell’appostamento fra le ore 19.50 e le 20.30 per circa 40 minuti, considerando un rientro in caserma verso le 20.30 e il disbrigo di ulteriori formalità burocratiche consequenziali sino alle 21; effettivamente i Giudici di secondo grado non tengono conto del tempo del viaggio di ritorno, che tuttavia, come osservato in sentenza può essere stato piuttosto rapido tenuto conto del traffico (limitato) del periodo invernale e magari anche più rapido del viaggio di andata. L’incongruenza però gioca sul filo di una decina di minuti; è sufficiente un modesto scostamento nell’orario iniziale o finale delle attività o nella stima della durata dell’appostamento (entrambi indicati come approssimativi nella relazione di servizio 9/3/2008 con l’uso dell’avverbio “circa”) o ancora nella fissazione del momento di rientro in caserma perché la lieve discrasia risulti appianata. In definitiva non è certamente sufficiente un modesto errore negli orari, comunque indicati come approssimativi, per incrinare la ricostruzione del fatto plausibilmente effettuata dai Giudici di merito.

Non sussiste quindi la denunciata contraddittorietà e illogicità manifesta.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Procuratore generale

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *