Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 27 maggio 2016, n. 10990

Ove il diritto alla restituzione sia sorto solo in epoca successiva al pagamento, è applicabile l’art. 21 comma 2 d.lgs. n. 546 del 1992, secondo il quale l’istanza di rimborso può essere presentata entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 27 maggio 2016, n. 10990

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20795-2011 proposto da:
(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 632/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 17/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/02/2016 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;
udito per il ricorrente l’Avvocato RISI che si riporta al ricorso e chiede l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

(OMISSIS) s.p.a. ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) per la cassazione della sentenza n. 632/39/10 con la quale, in controversia concernente impugnazione del silenzio rifiuto su istanza di rimborso dell’Irpef relativa all’anno di imposta 1987, la CTR del Lazio ha rigettato l’appello della societa’ rilevando che l’istanza di rimborso in questione era stata proposta tardivamente, oltre il termine previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Devono innanzitutto essere disattese le deduzioni della Agenzia controricorrente in ordine all’ammissibilita’ del ricorso. In particolare, la controricorrente deduce: a) inammissibilita’ per novita’, evidenziando che la contribuente ha dedotto per la prima volta in cassazione l’applicabilita’ della decadenza biennale ed ha prospettato solo in appello la valutabilita’ della richiesta di esonero quale tempestiva richiesta di rimborso del tributo gia’ versato, tuttavia in proposito e’ appena il caso di notare che le deduzioni suddette sono da ritenersi eccezioni in senso lato, riguardando l’applicabilita’ o meno nella specie della disciplina invocata dall’Amministrazione a sostegno del proprio diniego di rimborso, e peraltro, come risulta dalla sentenza impugnata (non censurata sul punto neanche in via incidentale da alcuno), la contribuente gia’ (almeno) nell’atto d’appello aveva sostenuto l’inapplicabilita’ nella specie del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38 e la valenza dell’istanza di esenzione ai fini del rimborso e l’Agenzia aveva contestato la fondatezza delle deduzioni ma non la tardivita’ delle stesse o le circostanze di fatto poste a sostegno delle medesime; b) inammissibilita’ per difetto di autosufficienza del ricorso, tuttavia quest’ultimo contiene gli elementi necessari per valutare la portata delle censure proposte senza l’ausilio di atti esterni; c) inammissibilita’ per vizio di prospettazione, avendo la ricorrente prospettato l’applicabilita’ del termine decadenziale di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21, comma 2 e poi, contraddittoriamente, la non applicabilita’ di alcun termine nell’eventualita’ in cui il contribuente, come nella specie, abbia gia’ pagato, tuttavia le prospettazioni difensive risultano assolutamente coerenti con l’assunto della contribuente di non essere incorsa in alcuna decadenza (o perche’, avendo pagato l’imposta, l’istanza di esenzione deve ritenersi equivalente a rimborso, o in ogni caso perche’ non sarebbe comunque applicabile il termine decadenziale invocato dall’Ufficio ma un termine diverso e piu’ ampio); d) inammissibilita’ per non congruita’ della normativa richiamata nella seconda parte del ricorso, tuttavia, prescindendo da altri possibili rilievi, e’ sufficiente evidenziare che con riguardo all’articolo 366 c.p.c., n. 4 – richiedente l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza e delle norme di diritto su cui si fondano – la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ ha attribuito massima rilevanza non tanto all’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate quanto alla specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpteta7ione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, pertanto la censura deve ritenersi in ogni caso ammissibile qualora prospetti chiaramente in maniera critica una valutazione comparativa fra opposte soluzioni giuridiche, cosi’ da consentire alla Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (v. tra numerose altre cass. n. 16038 del 2013), e che in ogni caso la norma in esame non puo’ che richiedere l’indicazione delle norme “asseritamente” violate, laddove la valutazione della congruita’ delle medesime attiene non al giudizio di ammissibilita’ ma, eventualmente, al giudizio di fondatezza della censura.
Con un unico motivo, deducendo violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38 e Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21, comma 2, la ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello, erroneamente applicando nella specie l’articolo 38 d.p.r. citato in luogo dell’articolo 21 d.lgs. citato, abbiano ritenuto che la contribuente fosse decaduta dal diritto al rimborso senza considerare che, ai fini del rimborso dei versamenti per imposte non dovute, la norma citata si applica solo se essi non sono dovuti fin dall’origine mentre, ove il diritto alla restituzione sia sorto solo in epoca successiva al pagamento, e’ applicabile il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21, comma 2, secondo il quale l’istanza di rimborso puo’ essere presentata entro due anni, e senza considerare altresi’ che la domanda di esenzione ritualmente e tempestivamente presentata vale anche come istanza di rimborso del tributo gia’ versato.
La censura e’ fondata. Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ (alla quale il collegio intende dare continuita’ in assenza di valide ragioni per discostarsene) la disciplina del rimborso d’imposta di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38 riguarda l’ipotesi in cui il relativo versamento non sia dovuto ab origine, mentre quando il diritto alla restituzione sia sorto solo in data posteriore a quella del pagamento della stessa trova applicazione il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21, comma 2, avente carattere residuale e di chiusura del sistema, secondo il quale l’istanza di rimborso puo’ essere presentata entro due anni dal giorno in cui si e’ verificato il presupposto per la restituzione (v. tra le altre cass. n. 82 del 2014 e n. 16328 del 2013).
E’ inoltre da aggiungere che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’, ove dalla legge sia prevista una agevolazione per la cui fruizione e’ richiesta non solo la domanda del contribuente, ma anche, esplicitamente od implicitamente, un termine di presentazione, a pena di decadenza dal relativo diritto, ove la domanda stessa sia stata ritualmente e tempestivamente presentata, essa vale anche, comunque, come tempestiva istanza di rimborso, ancorche’ formulata oltre lo specifico termine di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38, comma 1, (v. cass. n. 1004 del 2001).
E’ infine appena il caso di sottolineare che l’Agenzia controricorrente in questa sede deduce l’infondatezza nel merito esclusivamente in relazione alla seconda parte dell’unico motivo di ricorso (ma nulla deduce sulla fondatezza o meno nel merito della censura relativa all’applicabilita’ del termine di decadenza previsto dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21).
Il ricorso deve essere pertanto accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito dichiarando dovuto il rimborso richiesto.
Considerato che la giurisprudenza in ordine all’applicabilita’ dell’articolo 21, comma 2 d.p.r. citato si e’ consolidata successivamente alla proposizione di ricorso e controricorso in questa sede, si ritiene di compensare tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito dichiara dovuto il rimborso richiesto. Compensa le spese dell’intero processo.

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