Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 15 gennaio 2016, n. 557
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6409-2014 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega a margine;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1447/2013 e n. 1446/2013 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 22/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/10/2015 dal Consigliere Dott. AURELIO CAPPABIANCA;
si astiene per incompatibilita’ la Dr.ssa GIULIA IOFRIDA, integra il Collegio il Dr. EMILIO IANNELLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto la revocazione o il rigetto;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata che ha concluso per l’accoglimento del 1 motivo del ricorso, nel merito rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) e (OMISSIS) nonche’ la coniuge del primo, (OMISSIS), propongono ricorso per revocazione, ai sensi dell’articolo 391 bis c.p.c. e articolo 395 c.p.c., n. 4, in relazione alle sentenze 1.446/13 e 1.447/13, con le quali questa Corte – cassando altrettante sentenze della Commissione tributaria del Lazio (a loro volta confermative delle decisioni dei giudici di primo grado) e con decisione estesa al merito ex articolo 384 c.p.c., comma 2, u.p., – ha riaffermato la legittimita’ di avvisi di accertamento irpef ed ilor per gli anni 1986 – 1989 emessi a carico dei contribuenti (OMISSIS), in rapporto proporzionale alle rispettive partecipazioni sociali, quali soci della societa’ di capitali a ristretta base, (OMISSIS) s.r.l.. Cio’, in conseguenza dell’accertamento a carico di quest’ultima di ricavi non contabilizzati ne’ dichiarati e costi simulati.
Il ricorso dei contribuenti e’ affidato a due motivi.
L’Agenzia resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso per revocazione i contribuenti rilevano che gli avvisi di fissazione dell’udienza di discussione in esito alla quale sono state adottate le decisioni qui impugnate – non potuti notificare al domicilio del procuratore costituito indicato nel ricorso in “(OMISSIS)”, essendo lo studio stato trasferito – furono notificati alla parte presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, ancorche’ dalla relazione di notifica negativa risultasse il nuovo indirizzo del procuratore costituito (“via (OMISSIS)”) e benche’ nel controricorso risultasse il numero di fax dello studio (rimasto invariato) al quale sarebbe stato possibile inviare l’avviso di udienza, e ancorche’ fosse “agevolmente conoscibile attraverso l’ordine professionale” l’indirizzo p.e.c..
Lamentavano, quindi, la violazione del diritto di difesa, in quanto l’udienza si sarebbe svolta nella loro incolpevole assenza.
Con il secondo motivo di revocazione, i ricorrenti rilevano – con riferimento al capo delle decisioni impugnate che ha accolto il terzo motivo di ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia (extrapetizione della sentenza di secondo grado in quanto i dati della struttura societaria e il legame di parentela non erano stati mai contestati dai contribuenti nei precedenti gradi di giudizio) – l’errore revocatorio, consistente nel fatto che “i dati di struttura societaria e parentela … non erano stati oggetto di contestazione … per la semplice ragione che il cuore dei ricorsi era proprio la … non percezione (di utili)”.
In proposito, chiedono pertanto, sul piano rescissorio, il riesame dell'”intera vicenda”.
Le proposte censure non presentano i caratteri propri dello statuto revocatorio.
Invero, anche con riguardo alla revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, revocatorio non puo’ considerarsi ne’ l’errore di diritto ne’ qualsiasi errore di fatto, ma soltanto l’errore di fatto (riguardante gli atti interni al giudizio di legittimita’) che si risolva in un’alterata percezione dei fatti di causa. Non si verte, dunque, in tema di vizio revocatorio, quando si prospetti che la decisione sia conseguenza di una scorretta valutazione giuridica ovvero di errata valutazione o interpretazione di fatti, documenti e risultanze processuali e non della relativa inesatta percezione. L’indicato errore percettivo deve, inoltre, presentare (oltre che i caratteri dell’essenzialita’ e della decisivita’ ai fini della pronunzia) quelli dell’estraneita’ a punti controversi su cui il giudice si sia pronunciato nonche’ dell’assoluta evidenza e della semplice ed incontrovertibile rilevabilita’ sulla base del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa (Cass. 22171/10, 16447/09, 26022/08, 17443/08, 5075/08, 14608/07, 24856/06 8295/05).
Nessuna delle prospettate doglianze risponde ai caratteri sopra evidenziati.
Nell’esposizione del primo motivo non e’ dato, infatti, in alcun modo cogliere la denuncia di un errore di percezione nei sensi sopra precisati e, tanto meno, con il richiesto carattere di assoluta evidenza. La doglianza appare, infatti, censurare la scelta del collegio (peraltro conforme a costante prassi e rispondente a reiterato e mai contraddetto orientamento di questa Corte, basato sul combinato disposto dall’articolo 366 c.p.c., comma 2 e articolo 377 c.p.c., comma 2: cfr Cass. 15418/08, 269/1982, 6401/1980) di ritenere valida la rinnovazione in Cancelleria della notificazione dell’avviso di fissazione di udienza al difensore-domiciliatario, che, nelle more del giudizio di Cassazione, si sia trasferito in altra sede senza previa comunicazione all’Ufficio del nuovo indirizzo.
Non diversamente, il secondo motivo prospetta, non un errore di percezione nel senso indicato, ma una errata valutazione delle complessive risultanze processuali e, dunque, un errato giudizio in fatto in merito alle caratteristiche della struttura societaria ed ai rapporti tra i soci.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impone il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in complessive euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.
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