Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 12 giugno 2015, n. 12287

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere

Dott. GRECO Antonio – Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 24/15/2009 della Commissione Tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, depositata il 14/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2015 dal Consigliere Dott. Giulia Iofrida;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. DEL CORE Sergio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di (OMISSIS) (che non resiste), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna n. 24/15/2009, depositata in data 14/04/2009, con la quale, in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanze del contribuente, esercente l’attivita’ di perito edile, di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2001 al 2004, e’ stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente, stante la ritenuta mancanza del presupposto impositivo, rappresentato dall’autonoma organizzazione dell’attivita’ professionale.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, in adesione all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non e’ assoggettabile ad IRAP l’attivita’ di lavoro autonomo svolta in assenza di autonoma organizzazione, senza personale dipendente e con modesti beni strumentali, che, nella fattispecie, il contribuente ha documentato, “attraverso la dichiarazione dei redditi ed il registro dei beni ammortizzabili, l’assenza di dipendenti o collaboratori con vincolo di rapporto di lavoro continuativo e la presenza di beni di non rilevante entita’, indispensabili per l’esercizio della propria attivita’”, con conseguente inesistenza di un’organizzazione “autonoma e diversa dalla propria prestazione professionale”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con unico motivo, l’insufficiente motivazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, su fatto decisivo e controverso, costituto dall’assenza nella specie di elementi utili da giustificare l’applicazione dell’IRAP, non avendo i giudici d’appello valutato gli elevati compensi a terzi per prestazioni direttamente afferenti l’attivita’ professionale, risultanti dal quadro RE della dichiarazione dei redditi (lire 83.700.000, nel 2000; lire 111.671.000, nel 2001; lire 64.477.000, nel 2002; lire 59.594.000 nel 2003).

La censura e’ fondata.

Deve qui ribadirsi che, a norma del combinato disposto del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 2, comma 1, primo periodo, e articolo 3, comma 1, lettera c), l’esercizio delle attivita’ di lavoro autonomo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 49, comma 1, e’ escluso dall’applicazione dell’IRAP solo qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma organizzazione – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ solo se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr., sull’ausilio di una segretaria a part-time, Cass. n. 8265 del 2009; v. anche Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007; v. S. U. n. 12109 del 2009, in generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull’ausilio di un dipendente part-time all’attivita’ d’avvocato; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011).

Con riguardo specifico all’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che configurano l’esistenza di un’autonoma organizzazione, questa Corte (Cass. 23761/2010) ha gia’ affermato che e’ soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attivita’, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente.

Da ultimo (Cass.22674/2014), e’ stato affermato che “in tema di IRAP, l’impiego non occasionale di lavoro altrui … sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attivita’, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioe’, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una societa’ di servizi o un’associazione professionale” (in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito e ritenuto legittimo l’assoggettamento al tributo del commercialista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attivita’ – in particolare per la tenuta della contabilita’ dei propri clienti, funzionale all’attivita’ di consulenza fiscale e societaria -, aveva impiegato in modo non occasionale una societa’ di servizi retribuita a percentuale, erogandole significativi compensi per le sue prestazioni).

La decisione impugnata non appare in linea con i principi affermati dalle ricordate pronunce, non avendo esaminato esaustivamente la realta’ fattuale, valutando anche la significativa entita’ dei compensi erogati a terzi dal professionista, negli anni d’imposta in contestazione.

Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna. Il giudice del rinvio provvedera’ alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’, ad altra Sezione della commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna.

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