Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 1 aprile 2016, n. 6334
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente
Dott. GRECO Antonio – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16437/2009 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 315/36/2007, depositata il 12/05/2008;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18 dicembre 2015 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;
udito l’Avvocato dello Stato (OMISSIS) per la ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza depositata il 12/5/2008 la C.T.R. del Lazio confermava la sentenza di primo grado che aveva annullato la cartella di pagamento emessa nei confronti della (OMISSIS) S.r.l. con la quale, all’esito di controllo automatizzato Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ex articolo 36-bis, veniva richiesto il pagamento di Irpeg, Irap, Iva e ritenute alla fonte esposte in dichiarazione per l’anno 1999 e non versate, oltre sanzioni e interessi per un importo complessivo di circa Euro 70.000,00.
Confermando le valutazioni dei primi giudici, rilevava la C.T.R. che: la motivazione della cartella di pagamento era effettivamente criptica; l’eccezione di decadenza Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ex articolo 25, non era stata idoneamente contrastata dalla Amministrazione che aveva prodotto solo dei “tabulati informativi che sono atti interni”. Soggiungeva che, peraltro, l’Ufficio, ancora prima di presentare appello, aveva effettuato lo sgravio cosi’ dimostrando di non avere piu’ alcun interesse alla prosecuzione del giudizio.
2. Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, tutti seguiti dalla formulazione di quesiti ex articolo 366-bis cod. proc. civ..
L’intimata non ha svolto difese.
All’esito dell’udienza camerale ex articolo 380-bis cod. proc. civ., del 22/6/2011, prima della quale la ricorrente ha depositato memoria, il procedimento e’ stato rinviato a nuovo ruolo.
Lo stesso e’ stato quindi fissato ex articolo 377 cod. proc. civ. per l’odierna udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere ritenuto la C.T.R. fondata l’eccezione di tardivita’ della notifica della cartella di pagamento.
Deduce che, pacifico essendo, in quanto affermato dalla stessa contribuente sin dal ricorso introduttivo, che la cartella e’ stata notificata il 18/11/2003 per il pagamento di imposte dovute per l’anno 1999, l’affermazione contenuta in sentenza, secondo cui sarebbe rimasto non provato il rispetto del termine decadenziale, si pone in contrasto con la norma di cui al Decreto Legge 17 giugno 2005, n. 106, articolo 1, comma 5-ter, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 156, che, sostituendo il Decreto Legislativo 29 febbraio 1999, n. 46, articolo 36, comma 2, ha stabilito che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attivita’ di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate – come nel caso di specie – entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 36-bis, e L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 6, comma 5, in relazione al confermato accoglimento della doglianza della contribuente relativa al mancato previo invio del c.d. avviso bonario.
Rileva che, trattandosi di cartella inviata per il pagamento di imposte dichiarate e non versate, il cui importo non viene modificato, una corretta interpretazione delle norme citate avrebbe dovuto condurre a ritenere non necessario detto adempimento.
5. Con il terzo motivo l’Agenzia deduce omessa motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. ritenuto fondata anche la doglianza di difetto di motivazione della cartella, respingendo l’appello sul punto proposto dall’ufficio, sulla base del solo rilievo della asserita “cripticita’” dell’atto e senza dunque precisare il percorso logico seguito per pervenire a detto convincimento.
6. Con il quarto motivo la ricorrente deduce infine “violazione e falsa applicazione degli articoli 101 e 329 cod. proc. civ. in relazione ali articolo 360 c.p.c., n. 4”, per avere la C.T.R. ritenuto che, con lo sgravio effettuato ancor prima di presentare appello, essa amministrazione ha dimostrato di non avere piu’ alcun interesse alla prosecuzione del giudizio.
Sostiene che detto provvedimento, lungi dall’esprimere acquiescenza, non e’ altro che la doverosa conseguenza dell’esito sfavorevole all’ufficio del giudizio di primo grado, in relazione ad un carico iscritto a ruolo a titolo definitivo il quale, pero’, a causa dell’esito sfavorevole della lite in primo grado, non poteva piu’ essere riscosso e che, dunque, solo in senso atecnico e’ stato oggetto di sgravio, quella disposta essendo piu’ precisamente una sospensione dell’esecuzione che non incide sul permanente interesse a proporre appello.
7. Occorre muovere, nell’esame del ricorso, da quest’ultimo motivo, di rilievo logico preliminare e potenzialmente assorbente.
Lo stesso e’ fondato.
Come precisato da questa Corte, con giurisprudenza costante, l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’articolo 329 cod. proc. civ. (e configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame, giacche’ successivamente allo stesso e’ possibile solo una rinunzia espressa all’impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla legge), consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volonta’ di non impugnare, la quale puo’ avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza puo’ ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti da quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, quando cioe’ gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volonta’ di avvalersi dell’impugnazione. Ne consegue che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole al contribuente da parte della P.A., anche quando la riserva d’impugnazione non venga dalla medesima a quest’ultimo resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui all’articolo 329 cod. proc. civ. e Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 49, trattandosi di un comportamento che puo’ risultare fondato anche sulla mera volonta’ di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (v. ex pluribus Cass., Sez. 1, n. 21491 del 10/10/2014, Rv. 632894; Sez. 6 – 5, n. 11769 del 11/07/2012, Rv. 623346; Sez. 5, n. 21385 del 30/11/2012, Rv. 624486; Sez. 5, n. 27082 del 18/12/2006, Rv. 595889).
Non v’e’ ragione di ritenere che a detto principio debba derogarsi nella specie per il solo fatto che il provvedimento c.d. di sgravio abbia riguardato somme direttamente iscritte a ruolo dall’ufficio all’esito di controllo automatizzato Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ex articolo 36-bis.
E’ ben vero, infatti, che, in tal caso, la cartella non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale e’ stata esercitata nei confronti del dichiarante, con conseguente sua impugnabilita’, Decreto del Presidente della Repubblica n. 546 del 1992, ex articolo 19, anche per contestare il merito della pretesa impositiva (v. ex aliis Cass., Sez. 5, n. 12288 del 12/06/2015, non mass.; Sez. 5, n. 1263 del 22/01/2014, Rv. 629155).
Cio’, pero’, non impedisce di adottare nei confronti di tale provvedimento i medesimi criteri interpretativi sopra indicati al fini di discernere se lo stesso discenda da una volonta’ di acquiescenza ovvero di mera provvisoria soggezione al dictum della sentenza provvisoriamente esecutiva, dettata dalla sola necessita’ di prevenire eventuali atti di esecuzione. La lettura dello sgravio alla stregua di tali criteri, invero, prescinde dall’esistenza o meno di atti prodromici idonei ad attribuire persistente fondamento alla stessa nei successivi gradi del giudizio di impugnazione dell’atto dipendente, ma afferisce piuttosto esclusivamente alle ragioni che lo hanno determinato (dipendente o meno che sia, l’atto impugnato e oggetto di sgravio, da altro prodromico); cio’ sulla premessa logica – predicabile anche in ipotesi di cartella di pagamento emessa ai sensi dell’articolo 36-bis Decreto del Presidente della Repubblica cit. – che, ove lo sgravio sia ascrivibile esclusivamente alla volonta’ di dare attuazione alla sentenza di primo grado ma non anche a quella di non impugnare la pronuncia, gli effetti dello stesso possono essere posti nel nulla in caso di accoglimento dell’impugnazione medesima.
Varra’ al riguardo rammentare che, a norma del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 68, comma 2, nei casi in cui e’ prevista la riscossione frazionata del tributo in pendenza di processo, “se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza. In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente puo’ richiedere l’ottemperanza a norma dell’articolo 70 alla commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio e’ pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale”.
La norma e’ ovviamente applicabile anche alle ipotesi di iscrizioni a ruolo operate sulla base della stessa dichiarazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articoli 36-bis e 36-ter, e implica necessariamente per l’amministrazione un obbligo di astenersi dal procedere oltre nella riscossione.
Ipotizzare che, nell’ipotesi considerata, cio’ determini necessariamente acquiescenza (per il venir meno dell’atto impugnato) comporta un’evidente e insuperabile aporia nella ricostruzione del sistema. A seguire tale tesi, infatti, l’amministrazione sarebbe posta avanti all’alternativa: a) o di violare detto precetto, portando avanti la riscossione ed esponendosi alle iniziative esecutive di recupero, lite pendente, previste dal secondo periodo della succitata norma (senza dire della mortificazione degli interessi del contribuente vittorioso in primo grado, costretto a subire una esecuzione che, per legge, non dovrebbe poter proseguire in pendenza di giudizio); b) oppure di darvi attuazione: cosi’, pero’, secondo la qui respinta ricostruzione, esponendosi ad una non voluta interpretazione del proprio atto in termini di acquiescenza e rinuncia all’impugnazione.
Alla luce delle considerazioni che precedono deve pertanto ritenersi che, giusta quanto dedotto dalla ricorrente con il quarto motivo, la C.T.R. sia incorsa in falsa applicazione dell’articolo 329 cod. proc. civ. per avere ritenuto desumibile acquiescenza alla sentenza di primo grado dal mero sgravio dell’importo iscritto a ruolo effettuato prima di presentare appello.
8. E’ fondato anche il primo motivo di ricorso.
Il Decreto Legge 17 giugno 2005, n. 106 – come noto emesso a seguito della sentenza della Corte costituzionale 7 – 15 luglio 2005, n. 280 che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 25, come modificato dal Decreto Legislativo 27 aprile 2001, n. 193, nella parte in cui non prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario dovesse notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 36-bis – ha fissato al comma 5-bis dell’articolo 1 (introdotto dalla L. di conversione 31 luglio 2005, n. 156) i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, ed ha stabilito all’articolo 5-ter, sostituendo il Decreto Legislativo 29 febbraio 1999, n. 46, articolo 36, comma 2, che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attivita’ di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate (come nel caso di specie) entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Ebbene, come questa Corte ha avuto modo di chiarire, con ferma giurisprudenza, tale norma, di chiaro ed inequivoco valore transitorio, trova applicazione, come tale, non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’ente impositore, ma anche a quelle che (come nel caso di specie) siano ancora sub iudice (v. ex aliis Cass., Sez. 5, n. 15329 del 04/07/2014, Rv. 631562; Sez. 5, n. 8406 del 05/04/2013, Rv. 626329; Sez. 5, n. 2212 del 31/01/2011, Rv. 616529; Sez. 5, n. 1435 del 25/01/2006, Rv. 586930).
Ne discende, nel caso in esame, la piena tempestivita’ della cartella di che trattasi, in quanto notificata il 18/11/2003 (come esplicitamente ammesso dalla stessa ricorrente) con riferimento a redditi relativi al 1999, nel pieno rispetto, dunque, dei termini stabiliti dalla citata disposizione.
La contraria affermazione contenuta in sentenza integra pertanto il denunciato vizio.
9. E’ altresi’ fondato il secondo motivo di ricorso.
La C.T.R. ha rigettato il motivo di gravame con il quale l’Agenzia aveva dedotto l’insussistenza del vizio di nullita’ della cartella denunciato dalla contribuente per il mancato invio della comunicazione preventiva (c.d. avviso bonario) prevista dal predetto Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-bis e dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54-bis.
Anche per tale parte la sentenza impugnata incorre nel denunciato vizio di violazione di legge per avere (implicitamente) ritenuto necessario, nel caso de quo, tale adempimento.
Costituisce invero jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatico e’ legittima anche se non e’ statck preventivamente emessa la comunicazione preventiva (c.d. avviso bonario), ogni qual volta la pretesa derivi – come accade nel caso di specie – dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo e’ necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarita’ dichiarativa non vi e’ alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati (v. da ultimo Cass., Sez. 6 – 5, Ord. n. 3154 del 17/02/2015, Rv. 634631; Sez. 6 – 5, Ord. n. 42 del 03/01/2014, Rv. 629010; Sez. 5, n. 17396 del 23/07/2010, Rv. 615009).
10. E’ infine fondato anche il terzo motivo di ricorso.
L’affermazione contenuta in sentenza, a conferma del gia’ ritenuto (in primo grado) difetto di motivazione della cartella impugnata, secondo cui “la cripticita’ della cartella effettivamente sussiste”, si appalesa in effetti tautologica, non indicando gli elementi posti a fondamento di detta laconica valutazione e, soprattutto, non illustrando i motivi per i quali la C.T.R. ha ritenuto la cartella inidonea a soddisfare i minimi requisiti di motivazione richiesti in caso, quale quello di specie, di cartella di pagamento emessa a seguito di liquidazione automatica Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ex articolo 36-bis.
Varra’ al riguardo rammentare che, secondo pacifico indirizzo, in tema di motivazione della cartella di pagamento, solo l’atto con cui siano rettificati i risultati della dichiarazione e, quindi, sia esercitata una vera e propria potesta’ impositiva, va motivato debitamente, dovendosi rendere edotto il contribuente dei fatti su cui si fonda la pretesa, mentre quello con cui si proceda, in sede di controllo cartolare Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36-bis e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54-bis, alla liquidazione dell’imposta in base ai dati contenuti nella dichiarazione o rinvenibili negli archivi dell’anagrafe tributaria, puo’ essere motivato con il mero richiamo alla dichiarazione, poiche’ il contribuente e’ gia’ in grado di conoscere i presupposti della pretesa (cosi’, da ultimo, Cass., Sez. 5, n. 25329 del 28/11/2014, Rv. 633304).
11. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame dei motivi di gravame alla luce dei principi sopra enunciati.
Al giudice del rinvio va demandato anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimita’.
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