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Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

ordinanza 29 luglio 2014, n. 17250

In fatto e in diritto

La R. spa ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Lazio n.229/6/12, depositata il 12.12.2012, che aveva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza resa dalla CTP di Roma con la quale era stato annullato l’atto di contestazione relativo all’applicazione di sanzioni a carico della società contribuente per il mancato versamento di IVA relativa all’anno 2004 in relazione ad un’operazione conclusa con una concessionaria della società.
Il giudice di appello, dato atto della rituale produzione in appello del p.v.c., nel merito riteneva che i bonus erogati dalla casa madre alla concessionaria andavano inquadrati fra i corrispettivi in denaro per specifiche obbligazioni di fare, soggette ad IVA in forza dell’art.3 comma 1 dPR n.633/72.
Assume carattere assorbente rispetto a tutte le censure proposte l’esame del terzo motivo, con il quale la società contribuente ha dedotto l’omessa pronunzia da parte della CTR sulla questione relativa alla situazione di incertezza in ordine all’assoggettabilità ad IVA dei bonus riconosciuti dalle case automobilistiche ai propri concessionari.
L’Agenzia delle entrate, benché costituita, non ha depositato difese, riservandosi di partecipare alla discussione orale.
Orbene la doglianza esposta nel terzo motivo è fondata.
Nessuna statuizione ha adottato il giudice di appello in ordine all’eccezione puntualmente esposta in primo grado e riprodotta in appello dalla società contribuente, essendosi la CTR limitata a riconoscere l’assoggettabilità ad IVA dell’operazione conclusa dalla contribuente.
E’ poi parimenti corretta la prospettazione della ricorrente in ordine alla ricorrenza della situazione di incertezza in parte qua, potendo la Corte decidere nel merito la controversia anche in caso di riscontrato vizio di ordine processuale quando non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto-cfr.Cass. n. 2977 del 15/02/2005;Cass. n. 7073 del 28/03/2006;Cass. n. 7144 del 29/03/2006;Cass. n. 7826 del 03/04/2014.
Giova sul punto ricordare che questa Corte, nel solco di Cass. 28.11.2007 n. 24670,Cass.21 marzo 2008, n. 7765 e Cass. 11.9.2009 n. 19638, ha affermato che per “incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, Ira cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sé ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie. Si è pure aggiunto che l’essenza del fenomeno “incertezza normativa oggettiva” si può rilevare attraverso una serie di “fatti indice” che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati esemplificati: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecita-zione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente. Tali fatti devono essere accertati ed esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risortati tra loro contrastanti ed incompatibili”- cfr.Cass.n.4685/2012-.
Proprio richiamando tali principi, ai quali è stata data continuità da Cass.n. 14080/2013,Cass.n.5210/2013,Cass.n.5207/2013, appare evidente e conclamata la presenza di una situazione di incertezza nel caso di specie.
In questa direzione milita, per un verso, l’esistenza- per quanto è noto-, rispetto alla questione dei bonus qualitativi riconosciuti ai concessionari di autovetture dalle case automobilistiche, di un unico precedente di legittimità, peraltro favorevole al contribuente- Cass.n. 12751/2011-, avendo in quell’occasione questa Corte disatteso il motivo di ricorso proposto dall’Agenzia- a cui tenore si era formulato il seguente quesito:”se siano soggetti ad I.V.A., in quanto espressione di sconti su operazioni di acquisto o di compensi su specifiche prestazioni di servizio eventuali ed accessorie, i bonus conferiti da una società distributrice di autoveicoli ad una società concessionaria sulla base di specifiche clausole contrattuali che prevedano speciali compensi al raggiungimento di determinati volumi di vendita o di determinati standard qualitativi, e se sia pertanto errata la sentenza resa sul punto dai giudici di merito, secondo cui nella fattispecie sarebbe ravvisabile una semplice dazione di denaro esente da imposta”.
Orbene, nel precedente appena evocato si è ritenuto, sulla base di uno specifico richiamo alla giurisprudenza della Corte di Giustizia-sentenze 11 giugno 2009 n. 572, in causa C-572/07; 21 febbraio 2008 n. 425, in causa C-425/06; 11 gennaio 2001 n. 76, in causa C-76/99; 25 febbraio 1999 n. 349, in causa C- 349/96 che “…La complessiva attività considerata dalle parti come produttiva di “bonus”,…, diversamente da quanto sostenuto dall’Agenzia, non è riconducibile alla nozione di “cessione di beni” e/o di “prestazione di servizi” costituenti (D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1, 2 e 3) “operazioni imponibili” ai fini dell’lVA.”
D’altra parte, assume non minore rilievo ai fini della sussistenza di un’obiettiva incertezza, sul versante della prassi amministrativa, la nota dell’Agenzia delle Entrate n. 2009/74786 – richiamata dalla ricorrente nel ricorso-pag.21-relativa al “Trattamento ai fini IVA dei bonus qualitativi erogati ai concessionari di autoveicoli”.
In tale ultima occasione l’Ufficio, pur rammentando la precedente Risoluzione 120/E del 204 e la successiva risoluzione n. 36/E del 7 febbraio 2008, entrambe fondate sulla distinzione, ai fini dell’assoggettabilità a IVA, tra bonus quantitativi e bonus qualitativi, ha dato atto che “…la questione ha dato origine, in particolare a partire dal 2007, ad un diffuso contenzioso con esiti presso le Commissioni tributarie provinciali e regionali in netta prevalenza sfavorevoli all’Agenzia delle entrate”.
Proprio in ragione delle difficoltà connesse, per un verso, alla netta differenziazione, all’intermo dei singoli contratti conclusi fra concessionari e casa madre, fra bonus c.d. quantitativi- considerati esenti da IVA in quanto soggetti alla disciplina di abbuoni e sconti- e bonus qualitativi- invece qualificati come relativi a prestazioni di servizio aggiuntive da parte dei concessionari, come tali soggetti ad IVA alla stregua dell’art.3 comma i DPR n.633/72- e, per altro verso, alla diversità di indirizzi adottati dalle Direzioni regionali, l’Agenzia chiedeva “.. alle strutture territoriali, in tutti i casi in cui ricorrono le circostanze fattuali sopra descritte, di non proseguire nelle attività di controllo (astensione dalia formulazione di rilievi, archiviazione dei processi verbali di constatazione e delle segnalazioni, annullamento in autotutela, anche d’ufficio, degli avvisi di accertamento già emessi, limitatamente ai rilievi in questione)” parimenti chiedendo “…di riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e di abbandonare – con le modalità di rito, tenendo conto dello stato e del grado di giudizio – la pretesa tributaria relativamente alle fattispecie sopra evidenziate, sempre che non siano sostenibili altre questioni.”
Sulla base di tali considerazioni, non pare potersi disconoscere, nel caso di specie, una condizione di obiettiva incertezza in ordine sulla portata e sull’ambito di applicazione della normativa tributaria.
Tanto giustifica l’esonero dal pagamento delle sanzioni irrogate alla società contribuente e, dunque, l’illegittimità dell’atto di constatazione.
Il Collegio ha condiviso la relazione proposta dal consigliere relatore e pertanto, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo della parte contribuente.
Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo della parte contribuente.

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