Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 29 dicembre 2017, n. 57960. Non rientra nei poteri del giudice di esecuzione la dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato oggetto della sentenza definitiva di condanna

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Si e’, quindi, rimarcato come possa apprezzarsi “una duplice dimensione del giudicato penale: la prima relativa all’accertamento del fatto, realmente intangibile, non essendo consentita, al di fuori delle speciali ipotesi rescissorie, una rivalutazione del fatto oggetto del giudizio, e tendenzialmente posta a garanzia del reo (presunzione di innocenza e divieto di bis in idem); la seconda relativa alla determinazione della pena, che, sprovvista di reale copertura costituzionale (o convenzionale), appare maggiormente permeabile alle sollecitazioni provenienti ab extra rispetto alla res iudicata. In altri termini, se il giudicato sull’accertamento e’, e resta, intangibile, non consentendo rivalutazioni del fatto, il giudicato sulla pena e’ permeabile ad eventuali modifiche del trattamento sanzionatorio, purche’ in bonam partem, essendo espressione di un interesse collettivo, quello della certezza dei rapporti giuridici esauriti, suscettibile di bilanciamento con altri principi costituzionali e convenzionali, quali la liberta’ personale, la legalita’ della pena, la finalita’ rieducativa, il principio di uguaglianza, che, nella loro dimensione individuale, sono prevalenti rispetto alla dimensione collettiva sottesa all’esigenza di certezza dei rapporti giuridici”. Nell’ambito di questo giudicato sulla pena, e della sua permeabilita’, puo’ dunque coerentemente inserirsi la declaratoria di prescrizione di cui trattasi, suscettibile di affermazione anche da parte del giudice dell’esecuzione, ora per allora; e senza che venga scalfito il giudicato sull’accertamento, risultando per contro non intaccato – in alcun modo l’accertamento del fatto, nei suoi elementi costitutivi, e la sua riferibilita’ all’imputato”.
E si e’ evidenziato che “l’incidenza retroattiva della declaratoria di incostituzionalita’ conosce un limite, non valicabile e non derogabile, costituito dai cosiddetti rapporti esauriti; per tali, dovendosi intendere quelli che hanno trovato la loro definitiva ed irretrattabile conclusione mediante sentenza passata in giudicato, ed i cui effetti non vengono intaccati dalla successiva pronuncia di incostituzionalita’ (in tal senso, tra le altre, Corte cost. n. 139 del 7 maggio 1984). In sintesi, quegli effetti pregiudizievoli del giudicato divenuti nel frattempo irreversibili, ossia quelli che non possono essere rimossi, perche’ gia’ “consumati”, come nel caso di condannato che abbia gia’ scontato la pena; quel che segna il “limite non discutibile di permeabilita’ e insensibilita’ del giudicato anche alla situazione di sopravvenuta declaratoria di illegittimita’ costituzionale” (Sez. U. Gatto; in termini, tra le ultime, Sez. 5, n. 15362 del 12/1/2016, Gaccione, Rv. 266564; Sez. 1, n. 32193 del 28/5/2015, Quaresima, Rv. 264257); ed ancora che “l’esecuzione della pena implica l’esistenza di un rapporto esecutivo, che nasce dal giudicato e si esaurisce soltanto con la consumazione o l’estinzione della pena; dunque, solo sino a quando l’esecuzione della pena e’ in atto, per definizione il rapporto esecutivo non puo’ ritenersi esaurito e gli effetti della norma dichiarata costituzionalmente illegittima sono ancora perduranti e, dunque, possono e devono essere rimossi”.
Si e’, infine, sottolineato che il principio in questione non si pone in contrasto con “la pacifica giurisprudenza di questa Corte a mente della quale non rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato oggetto della sentenza definitiva di condanna, maturata nella pendenza del procedimento di cognizione, in quanto le cause di estinzione della fattispecie che possono essere dichiarate in sede esecutiva, ai sensi dell’articolo 676 cod. proc. pen., sono esclusivamente quelle che operano dopo il passaggio in giudicato della condanna (per tutte, Sez. 1, n. 7164 del 21/12/2015, Fioravanti, Rv. 266612); osserva la Corte, infatti, che questo indirizzo si riferisce, per l’appunto, alle cause estintive maturate successivamente all’irrevocabilita’ della pronuncia (ad esempio, amnistia, morte del reo), non concernendo, dunque, il diverso caso della declaratoria di incostituzionalita’ della norma, qui in esame”.
Va, quindi, ribadito anche nel caso in esame il condivisibile principio di diritto suesposto e l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio, affinche’ la Corte di appello di Messina, in applicazione di tale principio di diritto, compia l’accertamento ad esso relativo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Messina, per nuovo esame.

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