L’ordinanza che dispone la misura cautelare richiede, ai sensi di legge, soltanto la descrizione sommaria del fatto, cioè una sintetica e sommaria precisazione delle linee esterne della contestazione

Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 27 marzo 2018, n. 14058.

L’ordinanza che dispone la misura cautelare richiede, ai sensi di legge, soltanto la descrizione sommaria del fatto, cioè una sintetica e sommaria precisazione delle linee esterne della contestazione, atta a consentire all’indagato di conoscere il fatto nelle sue linee generali e di esercitare il diritto di difesa, a differenza del capo di imputazione che presuppone, venendo con esso esercitata l’azione penale, la puntuale indicazione dei termini dell’accusa che viene in tal modo cristallizzata.

Sentenza 27 marzo 2018, n. 14058
Data udienza 20 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato in (OMISSIS);

avverso la ordinanza in data 17.11.2017 del Tribunale di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa GALTERIO Donatella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 17.11.2017 il Tribunale di Brescia, adito in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza con la quale il GIP presso il Tribunale di Bergamo aveva disposto la misura cautelare della detenzione in carcere nei confronti di (OMISSIS), indagato per una pluralita’ di cessioni di eroina e cocaina riconducibili all’ipotesi delittuosa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1.

Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi.

2. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 292 c.p.p., comma 2 e al vizio motivazionale, l’indeterminatezza dei due capi di incolpazione in considerazione dell’arco temporale ivi indicato nell’uno “dal 2015 fino ad aprile 2016” e nell’altro “da gennaio 2015 fino a maggio 2016”, in termini cosi’ generici da precludergli il pieno esercizio del diritto di difesa.

3. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 273 c.p.p., comma 1 e al vizio motivazionale, la sussistenza della gravita’ indiziaria per non essere le condotte contestategli, ricavate dalle dichiarazioni rese a sommarie informazioni dai pretesi acquirenti, assistite da alcun riscontro in difetto di attivita’ di controllo delle forze dell’ordine, di intercettazioni telefoniche o quant’altro: condotte queste che egli nega fermamente non essendosi piu’, a seguito del suo arresto avvenuto nel febbraio 2016, recato nei luoghi indicati nei capi di imputazione, ovverosia nelle campagne del bergamasco dove si concentra una pluralita’ di spacciatori di origine nord africana, con i quali avrebbe potuto essere stato confuso.

4. Con il terzo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 274 c.p.p., lettera C) e al vizio motivazionale, l’attualita’ e la concretezza del pericolo di reiterazione dei reati atteso che, non vivendo piu’ nella zona del bergamasco, come comprovato dal verbale di vane ricerche antecedente al suo arresto e dalla mancata contestazione di illeciti in data successiva, bensi’ risiedendo stabilmente nell’hinterland milanese dove lavora insieme al fratello nei mercati locali, non puo’ essere ravvisata nei suoi confronti alcuna probabilita’ di nuove occasioni per compiere nuovi delitti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’ordinanza che dispone la misura cautelare richiede, ai sensi di legge, soltanto la descrizione sommaria del fatto, cioe’ una sintetica e sommaria precisazione delle linee esterne della contestazione, atta a consentire all’indagato di conoscere il fatto nelle sue linee generali e di esercitare il diritto di difesa, a differenza del capo di imputazione che presuppone, venendo con esso esercitata l’azione penale, la puntuale indicazione dei termini dell’accusa che viene in tal modo cristallizzata. Esso puo’, pertanto,ritenersi soddisfatto con una enunciazione anche riassuntiva delle accuse, senza la necessita’ di specificare eventuali elementi di dettaglio, purche’ vengano precisati tutti gli elementi necessari per permettere all’indagato di difendersi adeguatamente in ordine agli addebiti contestati (Sez. 6, n. 50953 del 19/09/2014 – dep. 04/12/2014, Patera, Rv. 261372; Sez. 3, n. 15671 del 05/03/2014 – dep. 08/04/2014, PM in proc. Diassaouruba, Rv. 259432).

Pertanto nella fattispecie in esame, in cui vengono cumulativamente indicate nel capo di incolpazione una pluralita’ di episodi di spaccio di stupefacenti, evidenziando la qualita’ delle sostanze oggetto di singole cessioni unitamente ai nomi degli acquirenti, e’ sufficiente ai fini del diritto di difesa l’enunciazione dell’arco temporale in cui si collocano le condotte, non risultando la data specifica delle medesime un requisito indispensabile alla descrizione del fatto atteso che la sua individuazione ben puo’ essere desunta dall’indicazione degli altri elementi strutturali della fattispecie, sia pur schematicamente enunciati.

La doglianza deve ritenersi percio’ manifestamente infondata.

2) Ad analoghe conclusioni deve giungersi anche per il secondo motivo di ricorso. Le dichiarazioni rese dagli acquirenti delle sostanze stupefacenti, rintracciati dall’utenza telefonica in uso allo stesso indagato al momento del suo precedente arresto, avvenuto nell’ambito di un diverso procedimento gia’ definito con sentenza diventata irrevocabile, non soltanto non abbisognano ai fini della loro consistenza indiziaria di riscontri esterni non risultando provenire da soggetti imputati nel presente procedimento o in altro ad esso connesso, ma in ogni caso, secondo quanto puntualizzato dall’ordinanza impugnata, risultano avvalorate, in relazione alla loro riferibilita’ al prevenuto, non soltanto dalla registrazione delle corrispondenti utenze sul cellulare di quest’ultimo, ma altresi’ dal riconoscimento da parte della quasi totalita’ dei cessionari delle fotografie loro mostrate dagli inquirenti, raffiguranti il (OMISSIS), da costoro conosciuto come “(OMISSIS)”.

3) Per quanto attiene alle esigenze cautelari, oggetto del terzo motivo di ricorso, le censure svolte non scalfiscono il provvedimento impugnato che risulta supportato da congrua e coerente motivazione in relazione ad entrambi i profili dell’attualita’ e della concretezza, specificamente contestati dal ricorrente, del pericolo di reiterazione di nuovi reati. La modifica normativa apportata dalla L. 16 aprile 2015, n. 47 all’articolo 274 c.p.p., lettera c), costituita dall’espressa previsione del requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, in aggiunta a quello della concretezza, normativizza il principio giurisprudenziale, peraltro preesistente alla novella, della necessita’ che l’attualita’ del pericolo sia specificamente valutata dal giudice, avendo riguardo alla sopravvivenza del pericolo di recidiva al momento della adozione della misura, in relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarita’ della vicenda cautelare. (Sez. 3, n. 12477 del 18/12/2015 – dep. 24/03/2016, Mondello, Rv. 266485). Dal momento che, come gia’ affermato da questa Corte, l’attualita’ deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissioni di delitti analoghi, fondata su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuita’ ed effettivita’ del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, n. 9894 del 16/02/2016 – dep. 09/03/2016, C., Rv. 266421), l’elemento dirimente ai fini dell’attualita’ e’ costituito dalle stesse dichiarazioni degli acquirenti ed in particolare di quelle rese da (OMISSIS) che ha affermato di aver acquistato dosi di eroina dal prevenuto il 1 maggio 2016, ovverosia successivamente al suo arresto in flagranza risalente al febbraio 2016: evidenza questa rivelatrice di una permanente attivita’ di spaccio, sia pure svolta con l’accortezza del cambio dell’utenza telefonica, tale da comprovare l’attualita’ del pericolo di reiterazione nei termini sopra indicati.

Quanto alla concretezza, le circostanze valorizzate dai giudici del riesame, costituite dalla gravita’ delle condotte, dalle rilevanti dimensioni del traffico di droga gestito dall’indagato, dalla scaltrezza e dalla professionalita’ mostrate nell’attivita’ di spaccio e dalla recente condanna per analogo reato, rendono l’ordinanza impugnata immune da censure.

Il ricorso deve essere dichiarato, in conclusione, inammissibile. Segue a tale esito la condanna, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende. Dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

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