Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 18 dicembre 2017, n. 56277. E’ integrata la contravvenzione di gestione non autorizzata di rifiuti (art. 256, d. lgs. n. 152/2006) nel caos in cui il materiale vegetale bruciato non sia prodotto sul terreno ove avviene la combustione

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La polizia giudiziaria collocava pertanto nei pressi dell’ingresso del fondo una “foto-trappola”, costituita da un apparecchio fotografico attivato da un sensore di movimento, che consentiva di accertare, attraverso le fotografie scattate, nel periodo febbraio – marzo 2014, circa venti movimenti da parte dello stesso autocarro che trasportava materiale vegetale di risulta, frutto di potature effettuate su fondi diversi da quello al quale il mezzo accedeva e che veniva scaricato in quantita’ di circa 3 metri cubi alla volta e dato alle fiamme.
Cio’ posto, ritiene il Collegio che il Tribunale abbia correttamente qualificato i fatti non riconoscendo l’applicabilita’, nella fattispecie, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 182, comma 6-bis, il quale esclude che rientrino nell’attivita’ di smaltimento, fase residuale della gestione di rifiuti, “le attivita’ di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantita’ giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione” in quanto costituenti “normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attivita’ di gestione dei rifiuti”.
Invero, come accertato in fatto dal giudice del merito, il materiale vegetale bruciato non era prodotto sul terreno ove avveniva la combustione ed, inoltre, questa non era evidentemente finalizzata al reimpiego come concime o ammendante dei residui, bensi’ alla mera eliminazione del rifiuto.
Parimenti risulta correttamente esclusa l’operativita’ del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256-bis, originariamente contestato, tenuto conto che l’ultimo comma di tale disposizione prevede l’applicabilita’ delle sanzioni di cui all’articolo 255 se la condotta di illecita combustione riguarda rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata di cui all’articolo 184, comma 2, lettera e) (rifiuti urbani costituiti da rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali) ed esclude che le disposizioni dell’articolo si applichino ai casi di “abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato”, rispetto ai quali restano ovviamente applicabili le sanzioni previste dall’articolo 256, comma 1 per l’illecita gestione.
Va peraltro osservato che la giurisprudenza richiamata in ricorso aveva ad oggetto casi in cui la combustione del materiale vegetale veniva effettuata sul luogo di produzione, circostanza fattuale, questa, esclusa dal giudice del merito sulla base della documentazione fotografica.
2. Quanto alla disposta confisca, di cui tratta il terzo motivo di ricorso, la stessa, come e’ noto, va obbligatoriamente disposta in caso di condanna o di applicazione pena ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. per trasporto illecito di rifiuti, come stabilito dal Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 259, comma 2.
Di tale obbligatorieta’ ha compiutamente dato conto il giudice del merito.
3. Infondato risulta, infine, anche il quarto motivo di ricorso.
Il ricorrente, infatti, non deduce di aver eccepito immediatamente l’eventuale nullita’ dell’ordinanza di revoca delle testimonianze gia’ ammesse, essendosi limitato a precisare di aver “insistito” per l’assunzione delle stesse, con la conseguenza che eventuali vizi sarebbero in ogni caso sanati ai sensi dell’articolo 182 c.p.p., comma 2 (cfr. Sez. 2, n. 9761 del 10/2/2015, Rizzello, Rv. 263210; Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, Abatelli e altro, Rv. 257891; Sez. 5, n. 18351 del 17/2/2012, Biagini, Rv. 252680; Sez. 3, n. 816 del 06/12/2005 (dep. 2006), Guatta, Rv. 233256).
E’ inoltre il caso di osservare che manca, comunque, la doverosa dimostrazione della decisivita’ della prova non ammessa, dovendosi intendere come tale quella che, Ove esperita, avrebbe determinato una diversa decisione (Sez. 4, n. 6783 del 23/1/2014, Di Meglio, Rv. 25932301; Sez. 3, n. 27581 del 15/6/2010, M., Rv. 24810501; Sez. 6, n. 14916 del 25/3/2010, Brustenghi e altro, Rv. 24666701 ed altre prec. conf.).
Tale onere, infatti, incombe sulla parte che intende censurare l’ordinanza con la quale viene esclusa la prova gia’ ammessa in forza del principio di specificita’ di all’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) (Sez. 6, n. 15673 del 19/12/2011 (dep. 2012), Ceresoli, Rv. 25258101) e, nella fattispecie, non risulta dimostrato, dal tenore del ricorso, che l’esito della deposizione negata sarebbe stato sufficiente a scardinare l’impianto argomentativo posto a sostegno della decisione impugnata, in quanto il ricorrente si limita ad affermare che uno dei testi avrebbe potuto riferire riguardo ai rapporti intercorrenti con il proprietario del fondo, mentre dell’altro indica solo il nome, indicandolo, genericamente, come “teste a discarico”.
4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

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