Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 17 aprile 2018, n. 17142.

In tema di delitto associativo Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, non puo’ partecipare al giudizio nei confronti di un imputato, il giudice, che, in un precedente giudizio, abbia ravvisato l’aggravante del numero degli associati, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 2, nei confronti di un coimputato del medesimo reato.

Sentenza 17 aprile 2018, n. 17142
Data udienza 28 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Mar – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 03/11/2017 della Corte d’appello di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;

letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale, Massimo Galli, depositata il 6 febbraio 2018, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’impugnata ordinanza, la Corte d’appello di Messina rigettava l’istanza di ricusazione proposta da (OMISSIS) nei confronti del consigliere dott. (OMISSIS), componente del collegio avanti al quale e’ chiamato il procedimento n. 616/2017 r.g. App. a carico di (OMISSIS) e altri, tra cui l’odierno ricorrente, per aver giudicato i computati del medesimo reato associativo in altro giudizio d’appello, definito con sentenza n. 1045/2016 del 20 aprile 2016, in cui era imputato il solo (OMISSIS). Osservava la Corte territoriale che, nel caso di delitto associativo, la dedotta incompatibilita’ puo’ prefigurarsi solo allorquando il giudice abbia gia’ compiuto una valutazione, anche solo sommaria, della posizione del coimputato giudicato separatamente, cio’ che, nella specie, non era ravvisabile, in quanto nella sentenza resa a carico del (OMISSIS) e’ stata unicamente valutata la posizione del coimputato (OMISSIS), e non gia’ anche quella di (OMISSIS).

2. Avverso l’indicata ordinanza, l’imputato, mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, con cui si deduce violazione degli articoli 41 e 127 c.p.p., e dell’articolo 37 c.p.pc..

Il ricorrente, in primo luogo, sotto il profilo formale deduce la nullita’ del provvedimento impugnato per essere stato assunto inaudita altera parte, in violazione del disposto dell’articolo 127 c.p.p..

In secondo luogo, nel merito, il difensore contesta la motivazione dell’ordinanza in esame, in quanto il dott. (OMISSIS), nell’ambito del processo di appello a carico del (OMISSIS), avrebbe gia’ espresso un giudizio in ordine alla rilevanza penale del fatto e alla sua qualificazione giuridica, ivi compresa la contestata aggravante del numero degli associati, superiore a dieci, in cui e’ computato anche l’odierno ricorrente; in ogni caso, oggetto del giudizio di appello era la sentenza n. 167/2015 resa dal g.i.p. del tribunale di Messina, in cui vi sono riportate intere conversazioni tra (OMISSIS) e (OMISSIS), il che dimostrerebbe come la posizione dell’odierno ricorrente sia stata oggetto di precedente valutazione. In altri termini, nel caso in cui il giudice abbia esaminato la posizione di un concorrente nel medesimo reato a concorso necessario, la forza pregiudicante di quella sentenza rispetto a un giudizio successivo, relativo ad altri coimputati, non dipende dall’ambito dell’accertamento – pieno o limitato alla verifica dei presupposti di cui all’articolo 129 c.p.p. – che il primo giudizio esprime, perche’ esso inevitabilmente tocca un fondamentale aspetto del successivo giudizio, quello della responsabilita’ penale, che, per la parte in tal modo “anticipata”, ne risulta correlativamente pregiudicato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato e merita, percio’, accoglimento.

2. Va premesso che, inizialmente, l’azione penale in ordine, tra l’altro, al delitto associativo Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, era stata esercitata nei confronti di una pluralita’ di soggetti, tra cui (OMISSIS) e (OMISSIS); nel corso dell’udienza preliminare, alcuni imputati, tra cui il (OMISSIS), avevano optato per la definizione del processo con rito abbreviato. Con sentenza resa dal g.u.p. del tribunale di Messina, il (OMISSIS) veniva dichiarato colpevole del delitto in esame; con sentenza resa in data 20 aprile 2016, la Corte d’appello di Messina, in cui uno dei componenti del collegio era il dott. (OMISSIS), ha confermato la sentenza di primo grado. Con sentenza resa dal tribunale di Patti in data 25 luglio 2016, il (OMISSIS) veniva assolto dal delitto associativo per non aver commesso il fatto; la sentenza veniva appellata dal pubblico ministero e il processo e’ pendente davanti alla Corte d’appello di Messina, che vede, tra i componenti del collegio, anche il dott. (OMISSIS).

Come si e’ anticipato, con il provvedimento impugnato la Corte d’appello di Messina ha rigettato l’istanza di ricusazione presentata dal (OMISSIS) nei confronti del dott. (OMISSIS), il quale, peraltro, come emerge dagli atti di causa, in data 2 luglio 2017 aveva correttamente presentato istanza di astensione, per aver giudicato i coimputati del reato associativo in precedente giudizio, istanza rigettata dal presidente della Corte d’appello di Messina con provvedimento del 21 luglio 2017.

3. Cio’ premesso, si osserva che, avendo carattere assorbente, nel merito il ricorso e’ fondato.

4. Invero, la Corte costituzionale, con sentenza n. 371 del 1996, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 34 c.p.p., comma 2, “nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilita’ penale sia gia’ stata comunque valutata”.

In quella decisione, che affronto’ la questione proprio in relazione alla peculiare ipotesi dei reati a concorso necessario, la Corte costituzionale chiari’, tra l’altro, che l’incompatibilita’ del giudice “sussiste non solo quando nel primo giudizio la posizione del terzo sia stata valutata a seguito di un puntuale ed esauriente esame delle prove raccolte a suo carico, ma anche quando abbia formato oggetto di una delibazione di merito superficiale e sommaria, apparendo anzi, in questa seconda ipotesi, ancor piu’ evidente e grave la situazione di pregiudizio nella quale il giudice verrebbe a trovarsi”.

Orbene, nel caso di specie risulta come la posizione del (OMISSIS) sia stata gia’ valutata nel merito, nella precedente sentenza resa a carico del (OMISSIS), laddove la Corte territoriale, nel rigettare un motivo di appello, ha ritenuto sussistente l’aggravante del numero delle persone superiore a dieci, essendo l’associazione criminale composta, oltre che dai quattro imputati giudicati con rito abbreviato, anche da altri soggetti, espressamente e nominativamente menzionati, tra cui viene indicato (p. 9 della sentenza) proprio l’ (OMISSIS).

E’ percio’ evidente come la posizione del (OMISSIS) stata oggetto di una valutazione, sia pure superficiale e sommaria, ma, nondimeno, di merito, in quanto egli e’ stato computato nel novero degli associati, ai fini della ritenuta aggravante prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 2.

5. Deve percio’ affermarsi il seguente principio di diritto: in tema di delitto associativo Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 74, non puo’ partecipare al giudizio nei confronti di un imputato, il giudice, che, in un precedente giudizio, abbia ravvisato l’aggravante del numero degli associati, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 2, nei confronti di un coimputato del medesimo reato.

Essendo percio’ fondata l’istanza di ricusazione, il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio, con trasmissione alla Corte d’appello di Messina, che, nella formazione del Collegio giudicante, si atterra’ al principio sopra enunciato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed accoglie l’istanza di ricusazione, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Messina.

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