Ai fini di una dichiarazione fraudolenta la falsità può essere riferita anche ai soggetti con cui è intercorsa l’operazione. L’articolo 2 dlgs 74/2000 è riferibile sia al falso materiale che ideologico.

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CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili, essendo i motivi manifestamente infondati, in quanto meramente riproduttivi delle medesime doglianze avanzate nei giudizi di merito, alle quali il tribunale prima, la Corte d’appello poi, hanno fornito un’adeguata risposta, giuridicamente corretta e immune da vizi logici.

2. In premessa, vale osservare che si e’ in presenza di una “doppia conforme” statuizione (di responsabilita’), il che limita, all’evidenza, i poteri di rinnovata valutazione della Corte di legittimita’, nel senso che, ai limiti conseguenti all’impossibilita’ per la Cassazione di procedere ad una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perche’ e’ estraneo al giudizio di cassazione il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati probatori, si aggiunge l’ulteriore limite in forza del quale neppure potrebbe evocarsi il tema del “travisamento della prova”, a meno che (ma non e’ questo il caso, alla luce dei motivi di ricorso) il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano.

Invero, ai fini del controllo di legittimita’ sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 – dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615), cio’ che e’ ravvisabile nel caso di specie.

3. Quanto al motivo, comune a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e a (OMISSIS), (OMISSIS), incentrato sulla mancata riqualificazione del reato associativo nell’ipotesi di mero concorso di persone nel reato continuato, ai sensi dell’articolo 110 c.p. e articolo 81 c.p., comma 2, si osserva quanto segue.

4. Secondo il constante orientamento della giurisprudenza di legittimita’, ai fini della configurabilita’ del delitto di associazione per delinquere, e’ necessaria la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso comune (Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013 – dep. 13/05/2013, Ciaramitaro e altri, Rv. 256054; Sez. 6, n. 3886 del 07/11/2011 – dep. 31/01/2012, Papa e altri, Rv. 251562).

In altri termini, l’associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti: a) da un vincolo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti concretamente programmati; b) dalla tendenziale indeterminatezza del programma criminoso; c) dall’esistenza di una struttura organizzativa, sia pur minima, ma idonea e soprattutto adeguata a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira (Sez. 1, n. 10107 del 14/07/1998 – dep. 25/09/1998, Rossi e altri, Rv. 211403). Va, altresi’, precisato che la realizzazione di una sola tipologia di delitti, quale scopo dell’associazione, non si pone in contrasto con il carattere indeterminato del programma criminoso, giacche’ esso attiene al numero, alle modalita’, ai tempi e agli obiettivi dei delitti progettati, che possono percio’ anche integrare violazioni di un’unica disposizione di legge, senza che cio’ incida sulla configurabilita’ del delitto associativo.

Quanto all’elemento soggettivo, il dolo richiesto dalla fattispecie in esame esige la consapevolezza, in capo all’agente, di far parte del sodalizio criminoso e la volonta’ di rendersi disponibile a cooperare per l’attuazione del comune programma delinquenziale.

Con riferimento ai profili probatori, si e’ esattamente affermato che, ai fini della configurabilita’ di un’associazione per delinquere, legittimamente il giudice puo’ dedurre i requisiti della stabilita’ del vincolo associativo, trascendente la commissione dei singoli reati-fine, e dell’indeterminatezza del programma criminoso, che, come si vedra’, segna la distinzione con il concorso di persone, dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti detti reati ad opera di soggetti stabilmente collegati (Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016 – dep. 14/12/2016, Basso e altri, Rv. 268540, fattispecie in cui la Corte ha confermato la sussistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi in assicurazione osservando che, a fronte della gestione di un numero cospicuo di sinistri simulati, i compartecipi non potevano non rappresentarsi che lo studio professionale di uno di loro fungesse da struttura organizzata per la commissione delle frodi).

5. Cio’ chiarito in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie prevista dall’articolo 416 c.p., la differenza tra il delitto il reato associativo e il concorso di persone nel reato continuato risiede nell’oggetto dell’accordo: nel primo caso e’ finalizzato all’attuazione di un piu’ vasto programma, volto alla perpetrazione di una serie indeterminata di delitti, con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, ciascuno dei quali ha la costante consapevolezza di essere un associato, anche indipendentemente dall’effettiva commissione dei singoli reati programmati; nel secondo, invece, viene stretto in via occasionale e limitata, essendo diretto soltanto alla commissione di piu’ reati determinati, ispirati da un unico disegno criminoso che li comprende tutti.

Deve percio’ darsi continuita’ all’indirizzo secondo cui il discrimen tra reato associativo e concorso di persone nel reato continuato risiede non nel profilo organizzativo, che ben puo’ essere comune in entrambi i casi, ma nel fatto che, con riguardo all’ipotesi di cui all’articolo 110 c.p. e articolo 81 c.p., comma 2, l’accordo criminoso e’ occasionale e limitato, in quanto diretto soltanto alla commissione di piu’ reati determinati, ispirati da un unico disegno che li prevede tutti (Sez. 6, n. 36131 del 13/05/2014 – dep. 25/08/2014, Torchia, Rv. 260292).

Una differenza del genere si riverbera sull’elemento soggettivo. E difatti quando l’accordo, di carattere generale e continuativo, ha per oggetto l’attuazione di un programma criminoso – si’ che, da un lato, esso precede l’accordo particolare relativo ad ognuno dei delitti genericamente compresi nel programma ed ai mezzi ed alle modalita’ della loro esecuzione e, dall’altro, esso permane anche e indipendentemente dai delitti predetti per l’ulteriore attuazione del programma di delinquenza prestabilito – esso integra uno degli elementi costitutivi del delitto di associazione per delinquere, il quale, quindi, puo’ sussistere sia se i singoli delitti genericamente programmati non siano stati commessi, sia se gli stessi siano stati commessi in tutto o in parte, sia, infine, se i delitti commessi siano stati, in tutto o in parte, per tutti o anche per uno solo degli associati, ritenuti unificati dal vincolo della continuazione.

6. Venendo al caso in esame, quanto al delitto contestato a capo A), sulla base dell’attivita’ captazione, dei sequestri e delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese da alcuni degli originari coindagati (come (OMISSIS) e (OMISSIS)) e della stessa (OMISSIS), la Corte territoriale, con accertamento in fatto (p. 31-33) non sindacabile in questa sede, ha ravvisato la sussistenza di uno stabile vincolo associativo, tra diversi soggetti, tra cui (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di reati di evasione fiscale, come attestato dalla notevole quantita’ di episodi contestati, nell’ordine delle centinaia, per il tramite di una struttura organizzativa, non particolarmente sofisticata, ma adeguata al raggiungimento dello scopo, che si occupava di predisporre i mezzi occorrenti per la sua realizzazione – mediante i contatti con i centri di raccolta delle dichiarazioni e i loro responsabili, l’individuazione dei clienti compiacenti, la formazione della falsa documentazione – e di eseguirlo, attraverso la presentazione delle dichiarazioni dei redditi e della documentazione allegata. Il modus operandi era ampiamente collaudato: venivano contattati i contribuenti disposti a presentare dichiarazioni dei redditi infedeli, quindi venivano formate le fatture false, da allegare alle dichiarazioni dei redditi 730, che, una volta predisposte materialmente, per il tramite del centro di raccolta gestito da (OMISSIS), venivano trasmesse al CAF “Acai dipendenti e pensionati”, ove poi il responsabile dell’assistenza fiscale, (OMISSIS), le inviava telematicamente all’Agenzia delle Entrate. A seguito dell’analisi della documentazione sequestrata presso la sede CAF del (OMISSIS), e’ emerso che 587 contribuenti, gestiti dal sodalizio criminoso, avevano indicato nelle dichiarazioni dei redditi modello 730/2009 circa 14 milioni di spese mediche giustificate da false fatture, cio’ che ha determinato un credito IRPEF per oltre 2,6 milioni di Euro gia’ rimborsato dall’Erario.

A ulteriore riprova dell’esistenza di un vincolo stabile e permanente tra gli associati, la Corte ha valorizzato il fatto che quando il (OMISSIS), responsabile del CAF, insospettito dall’enorme numero di richieste di rimborso ricevute, chiese la produzione di documentazione integrativa a sostegno delle pratiche, (OMISSIS) e (OMISSIS) iniziarono a discutere dei provvedimenti da adottare, decidendo di preparare, nel fine settimana, la documentazione falsa, da depositare il lunedi’ successivo al CAF, scegliendo a campione tra i loro clienti abituali di antica data (“che lo fanno con noi da sette, otto anni, non fare i nuovi arrivati, capito”), a dimostrazione della durata, nell’ordine, appunto, di sette-otto anni, del pactum sceleris.

7. Quanto al ruolo di capo, ascritto, al capo A), a (OMISSIS) e a (OMISSIS), e da costoro contestato, va ribadito il principio secondo cui, nel reato di associazione per delinquere, “capo” e’ non solo il vertice dell’organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 4, n. 29628 del 21/06/2016 – dep. 13/07/2016, Pugliese e altri, Rv. 267464; Sez. 2, n. 19917 del 15/01/2013 – dep. 09/05/2013, Bevilacqua e altri, Rv. 255915).

Nel caso in esame, la Corte territoriale ha adeguatamente motivato sul punto, desumendo il ruolo di vertice dei due imputati dalle funzioni di coordinamento dell’attivita’ degli associati e della funzionalita’ delle strutture, come emerso dal contenuto delle telefonate intercettate, in cui (OMISSIS) e (OMISSIS) discutono in merito all’organizzazione dell’attivita’, alle direttive da impartire agli associati, alla documentazione necessaria per la consumazione delle frodi, alla necessita’ di formare elenchi dei contribuenti e di individuare il loro riferente a cui rivolgersi nel caso di eventuali problematiche (come la carenza di documentazione), nonche’ per la riscossione delle somme dovute all’organizzazione a seguito dell’erogazione dei rimborsi. In secondo luogo, la Corte territoriale ha valorizzato i colloqui tra (OMISSIS) e (OMISSIS), a seguito della richiesta del (OMISSIS) di integrazione della documentazione, cio’ che ha rappresentato un momento di “crisi” dell’associazione, a cui i due, proprio nella veste di “capi”, cercarono di trovare una soluzione.

Si tratta di una motivazione non manifestamente illogica, ancorata a elementi di fatto puntualmente indicati, che, quindi, supera il vaglio di legittimita’.

8. La sentenza non merita censure nemmeno in relazione alla posizione di (OMISSIS) e di (OMISSIS), nei cui confronti la Corte territoriale ha ravvisato la partecipazione al sodalizio di cui al capo A).

8.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, elaborata soprattutto in relazione all’associazione di cui all’articolo 416 bis c.p. ma che e’ perfettamente applicabile alla “generale” figura associativa di cui all’articolo 416 c.p., la nozione di “partecipazione” ha una valenza dinamico-funzionalistica, che non solo implica un organico e stabile inserimento nella struttura organizzativa dell’associazione, ma comporta anche, all’interno di essa, l’assunzione di un ruolo effettivo e, in attuazione dei vincoli assunti, l’adempimento dei compiti funzionali al raggiungimento dei scopi perseguiti dal sodalizio e la disponibilita’ per le attivita’ organizzate dal medesimo. Ne consegue che, sul piano della dimensione probatoria della partecipazione, rilevano tutti gli indicatori fattuali dai quali possa logicamente inferirsi il nucleo essenziale della condotta partecipativa, e cioe’ la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio (Sez. U., n. 33748 del 12 luglio 2005; Sez. U., n. 22327 del 30 ottobre 2002; Sez. U., n. 30 del 27 settembre 1995; Sez. U., n. 16 del 5 ottobre 1994).

8.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi ora indicati, affermando che i due imputati erano stabilmente inseriti nel sodalizio criminoso con il compito di procacciare i clienti, procurando un numero consistente di modelli 730 e mantenendo i contatti con gli intestatari delle dichiarazioni dei redditi; costoro erano anche i responsabili della gestione delle liste dei contribuenti, che assolvevano a una duplice, fondamentale, funzione: sia per acquisire ulteriore documentazione, laddove fosse stata carente, sia – e soprattutto – per riscuotere i soldi per conto dell’organizzazione a seguito dell’effettiva erogazione dei rimborsi.

Si tratta di una motivazione non manifestamente illogica e giuridicamente corretta, che, pertanto, va confermata.

9. Le medesime considerazioni sopra espresse a proposito del delitto associativo di cui al capo A) valgono anche in relazione all’omologa fattispecie di cui al capo HH), contestata a (OMISSIS).

Anche in tal caso, sulla base delle conversazioni intercettate, analiticamente riportate nella sentenza di primo grado, e delle dichiarazioni etero accusatorie rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), ossia coloro che procacciavano i clienti, la Corte territoriale ha ritenuto provata l’esistenza di un sodalizio, pure dedito alla realizzazione di un’ingente mole di frodi fiscali, con un modus operandi del tutto identico a quello dell’associazione di cui al capo A), alla cui trattazione si rinvia.

Quanto al ruolo svolto dalla (OMISSIS) in seno all’associazione in esame, va premesso che promotore e’ colui che, da solo o con altri, si faccia iniziatore della societas sceleris (Sez. 6, n. 403 del 16/01/1991 – dep. 16/01/1991, Ric. Marin ed altri, Rv. 186226). Nel caso in esame la Corte territoriale, ha accertato che la (OMISSIS) ha svolto il ruolo sia di promotore, sia di organizzatore; sulla base delle prove acquisite (le dichiarazioni rese da (OMISSIS), da (OMISSIS) e da alcuni contribuenti) e’, infatti, emerso che fu proprio la (OMISSIS), nel 2008, a proporre a (OMISSIS) di procurare dichiarazioni dei redditi su cui effettuare le frodi e di avere accettato, insieme al genitore, (OMISSIS), concordando una quota pari al 10% dell’incasso, e di avere, poi, personalmente consegnato i documenti alla (OMISSIS), che, a sua volta, li portava presso un centro di assistenza fiscale.

Si tratta, anche in tal caso, di una motivazione immune da vizi logici, che, quindi, non e’ censurabile.

10. In relazione al motivo, comune a (OMISSIS) e a (OMISSIS), diretto a contestare la sussistenza del “concorso esterno”, si osserva che e’ ormai incontroversa in giurisprudenza (le citate Sez. U., n. 33748 del 12 luglio 2005; Sez. U., n. 22327 del 30 ottobre 2002; Sez. U., n. 30 del 27 settembre 1995; Sez. U., n. 16 del 5 ottobre 1994) – e nemmeno oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti – l’astratta configurabilita’ della fattispecie di concorso “eventuale” di persone, rispetto a soggetti diversi dai concorrenti necessari in senso stretto, in un reato necessariamente plurisoggettivo proprio, quale e’ quello di natura associativa.

10.1. Assume, percio’, la veste di concorrente esterno il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione e privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, che esplichi un’effettiva rilevanza causale e, quindi, si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacita’ operative dell’associazione, e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminosa della medesima.

La rilevanza e la tipicita’ della condotte del soggetto “esterno”, dotate delle caratteristiche ora indicate, e’ delimitata dalla funzione incriminatrice dell’articolo 110 c.p. che combina la clausola generale in essa contenuta con le disposizioni di parte speciale che prevedono le ipotesi-base di reato.

Cio’ postula che sussistano tutti i requisiti strutturali che caratterizzano il nucleo centrale significativo del concorso di persone nel reato. E’ necessario, quindi, per un verso, che siano realizzati, nella forma consumata o tentata, tutti gli elementi del fatto tipico di reato descritto dalla norma incriminatrice di parte speciale e che la condotta di concorso sia oggettivamente e soggettivamente collegata con quegli elementi. Per altro verso, occorre che il contributo atipico del concorrente esterno (sia esso di natura materiale o “morale”), diverso ma operante in sinergia con quello dei partecipi interni, abbia avuto una reale efficienza causale per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico protetto, costituito, nella specie, dall’integrita’ dell’ordine pubblico, violata dall’esistenza e dall’operativita’ del sodalizio e dal diffuso pericolo di attuazione dei delitti-scopo del programma criminoso.

Peraltro, mutuando un orientamento espresso in relazione al delitto di cui all’articolo 416 bis c.p., ma pienamente adattabile anche alla fattispecie di associazione per delinquere, il delitto di concorso esterno nel delitto associativo e’ integrato pur quando il soggetto abbia posto in essere un unico intervento, a carattere occasionale, che pero’ abbia una rilevanza causale ai fini della conservazione e del rafforzamento dell’associazione (Sez. 2, n. 35051 del 11/06/2008 – dep. 10/09/2008, Lo Sicco, Rv. 241813).

La particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta, infine, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica, sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volonta’ di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del “medesimo reato”. Pertanto il concorrente esterno, pur sprovvisto dell’affectio societatis – e, cioe’, della volonta’ di far parte dell’associazione – deve essere consapevole dei fini dell’associazione e si renda compiutamente conto dell’efficacia causale della sua attivita’ di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento dell’associazione.

10.2. La Corte d’appello di Napoli ha correttamente applicato i principi sinora illustrati, evidenziando come (OMISSIS) e (OMISSIS) (p. 37-38) abbiano fornito un concreto, consapevole e volontario contributo, che ha esplicato un’effettiva rilevanza causale per la stessa conservazione dell’associazione, in un momento delicatissimo e di crisi del sodalizio, ossia quando, come si e’ detto, il (OMISSIS), responsabile del CAF, insospettitosi per l’elevato numero di richieste di rimborso, chiese la produzione di documentazione integrativa a sostegno delle pratiche, e (OMISSIS) e (OMISSIS) decisero di preparare, nel fine settimana, le false fatture, rivolgendosi proprio a (OMISSIS) e (OMISSIS), che, infatti, si misero al servizio dell’associazione, preoccupandosi, la prima della disponibilita’ dei computer per organizzare il lavoro, il secondo dei falsi documenti da formare. Grazie al loro intervento, quindi, l’associazione riusci’ ad affrontare una situazione di emergenza, realizzando la falsa documentazione da consegnare al (OMISSIS), cio’ che, peraltro, i due imputati avevano gia’ fatto in precedenti occasioni.

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