In materia tributaria, non è configurabile una violazione del principio del ne bis in idem in caso di contemporaneità del procedimento amministrativo e di quello penale. La connessione temporale, infatti, unita alla diversità di fini perseguiti, esclude la violazione.
Sentenza 14 febbraio 2018, n. 6993
Data udienza 22 settembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – rel. Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/05/2015 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Mazzotta Gabriele, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26 maggio 2015, la Corte d’appello di Brescia ha confermato la sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Bergamo con la quale (OMISSIS) era stato condannato, alla pena, applicata la diminuente per il rito e unificati i reati dal vincolo della continuazione, di anni due e mesi otto di reclusione per i reati di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 2 (capo 1) e Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 8 (capo 2), quale titolare della ditta individuale ” (OMISSIS)”.
Fatti commessi (OMISSIS) (capo 1) e dal (OMISSIS) (capo 2).
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso (OMISSIS), a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:
2.1. Con il primo motiva denuncia la violazione di legge penale in relazione al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 2 e 8 e violazione del ne bis in idem di cui all’articolo 4 protocollo 7 Cedu.
In sintesi, premette il ricorrente che a seguito della comunicazione della notizia di reato, l’Agenzia delle entrate aveva inviato al ricorrente l’avviso di accertamento per l’anno 2010, nonche’ l’atto di contestazione con il quale veniva applicata una sanzione amministrativa unica di Euro 529.876,80 e Euro 3.859.444,75 ai fini Iva, atti non oggetto di contestazione e pertanto definitivi. In tale contesto, il ricorrente, dopo ampi richiami alla giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte Edu che, all’indomani della pronuncia della Grande Camera nel causa Grande Stevens c/Italia e Nykanen c/Finlandia, aveva stabilito la violazione del principio del ne bis in idem nel caso di condanna penale per il medesimo fatto per il quale era stata irrogata una sanzione amministrativa ritenuta di natura penale secondo i criteri di Engel. Tenuto conto dei principi affermati dalla Corte Edu, non vi sarebbero dubbi per ritenere la natura penale delle sanzioni amministrative irrogate soprattutto allorche’ viene prevista una sovrattassa sull’importo non versato, sicche’ in presenza dello stesso fatto illecito, secondo i criteri indicati nella sentenza Nykanen c/Finlandia, il ricorrente non poteva essere sottoposto al processo penale.
Sotto altro profilo argomenta, il ricorrente, che la natura penale della sanzione amministrativa irrogata, qualora definitiva, violerebbe altresi’ l’articolo 50 del CDFUE, e cio’ perche’ tale disposizione osta a che procedimenti penali per gli stessi fatti possano essere avviati nei confronti della stessa persona come affermato dalla Corte di Giustizia nella causa Franssonn (§ 34).
Per tutte queste ragioni, il ricorrente conclude chiedendo l’annullamento della sentenza senza rinvio per violazione del principio del ne bis in idem di cui all’articolo 4 prot. 7 della CEDU.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) in relazione alla mancanza della prova in relazione alla dimostrazione dell’inesistenza oggettiva delle operazioni anche sotto il profilo del travisamento della prova.
Argomenta il ricorrente che nell’atto di appello aveva offerto una versione alternativa delle prove che avrebbe dovuto condurre il giudice dell’impugnazione ad assolvere, in presenza di un ragionevole dubbio, il ricorrente e cio’ in ragione del fatto che le operazioni commerciali di compravendita di materiale ferroso dalla ditta individuale (OMISSIS) e successiva vendita a (OMISSIS) srl erano avvenute con fatturazione e pagamenti effettuati tramite bonifici bancari sui conti correnti intestati alle rispettive societa’, sicche’ la sentenza non avrebbe superato il ragionevole dubbio sulla inesistenza oggettiva delle fatture.
3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso non e’ fondato per le ragioni di seguito esposte.
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