Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 13 dicembre 2017, n. 55482. L’assunzione della carica di amministratore comporta sempre una minima verifica della contabilità, dei bilanci, delle ultime dichiarazioni dei rediti

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3.4. – Il quarto motivo di doglianza – concernente l’errata applicazione della legge penale, data la mancanza della precedente emissione del sequestro preventivo e dell’individuazione dei beni interessati e la connessa violazione del diritto di difesa – e’ manifestamente infondato. In virtu’ della stessa natura della confisca per equivalente, non sussiste alcun obbligo di individuare nel decreto di sequestro preventivo o nella confisca i beni su cui porre il vincolo. Una simile indicazione troverebbe la sua giustificazione nell’esistenza di un rapporto strumentale fra il bene da sequestrare, come profitto o prezzo dell’attivita’ criminosa, e il reato; mentre, ai fini della confisca per equivalente, non e’ necessaria la sussistenza di un rapporto di pertinenzialita’ fra la res e il reato; dal momento che la misura non ricade direttamente sui beni costituenti il profitto del reato, ma ha per oggetto il controvalore di essi. Il giudice che dispone il sequestro o la confisca e’ solo tenuto, dunque, ad indicare l’importo complessivo da sequestrare e l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore con il quantum indicato nel sequestro, e’ riservata, infatti, alla fase esecutiva demandata al Pubblico Ministero (Sez. 3, 7 maggio 2014, n. 37848; Sez. 2, 21 luglio 2015, n. 36464). E la confisca per equivalente deve essere obbligatoriamente disposta con la sentenza di condanna anche in mancanza di sequestro, senza che cio’ comporti alcuna violazione del diritto di difesa potendo il destinatario ricorrere al giudice dell’esecuzione qualora si ritenga pregiudicato dai criteri adottati dal P.M. nella selezione dei cespiti da confiscare (ex plurimis, Sez. 2, n. 24785 del 12/05/2015, Rv. 264282; Sez. 5, n. 9738 del 02/12/2014, dep. 05/03/2015, Rv. 262893).
3.5. – Il quinto motivo di doglianza, con cui si lamenta che la sentenza impugnata non esporrebbe le ragioni per cui non era stata disposta la confisca diretta nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.r.l. e’ inammissibile per genericita’. Il ricorrente, non solo non indica i beni nella disponibilita’ della persona giuridica su cui la confisca diretta avrebbe potuto essere disposta, ma addirittura impronta la sua linea difensiva (v., in particolare il motivo sub 2.2.) sulla pacifica incapienza della societa’ e sulla sua mancata conoscenza della stessa.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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